scritto da Pasquale Petrillo - 02 Dicembre 2016 11:35

Un voto che spacca il Paese

Siamo, per fortuna, alle ultime battute di una campagna referendaria che si è rivelata noiosa, bislacca e snervante.

Noiosa, perché parlare per mesi di un referendum di cui in pochi, tranne gli addetti ai lavori (e neanche tutti), conoscevano appieno la questione, è stato davvero pesante. Più che altro si è parlato per slogan, per frasi fatte. In buona sostanza, del merito, ovvero della riforma costituzionale vera e propria si è parlato poco e spesso a sproposito.

Bislacca, perché da subito hanno fatto capire, sia da una parte che dall’altra, che la posta in gioco era il governo Renzi, anzi, lo stesso Renzi, sia come premier che come segretario del PD. Un modo, quindi, a dir poco stravagante per convincere delle proprie ragioni e portare la gente a votare. Alla fine, a decidere sarà la scelta secca pro o contro Renzi. Ed esprimere il voto legandolo al destino di un premier, politicamente caduco per antonomasia,  è il massimo della iattura per un referendum costituzionale, e per i cittadini il modo peggiore per accostarsi alla cabina elettorale. Questo, però, è quello che sta avvenendo.

Snervante, perché a un certo punto ci si è sentiti avviliti per davvero nell’ascoltare bugie, promesse, predizioni di catastrofi di ogni tipo, ma anche assistere all’improvvisa resurrezione di tante mummie  di un passato politico non troppo lontano, vere e proprie cariatidi per fortuna superate dal fluire della storia, per non parlare poi dei tanti parrucconi accademici e/o politici che hanno voluto farci sapere la loro.

Basta, per carità. Finalmente è finita.

Chi vincerà? Mah, difficile dirlo. Negli ultimi sondaggi, diffusi una quindicina di giorni fa, il NO era in vantaggio, ma è preferibile essere cauti e attendere lo scrutinio. Le ultime figuracce rimediate dai sondaggisti sia d’oltremanica, è il caso della Brexit, che d’oltreoceano, è il caso della vittoria di Trump, consigliano prudenza. Stiamo a vedere.

L’impressione, però, è che in ogni caso, che vinca il SI o il NO, a perdere sia il nostro Paese che, da questa consultazione, esce diviso, spaccato. A dimostrazione che le riforme costituzionali, al di là della loro bontà o meno, vanno condivise il più largamente possibile, perché la divisione non rappresenta mai un bene, figurarsi in un Paese complicato come il nostro. E questa campagna elettorale, dai toni così accesi, aspri, fuorvianti, lo dimostra appieno. Altro che confronto. In questi ultimi mesi è stato messo su uno scontro politico durissimo che non si vedeva da tempo.

A questo ragionamento si può, in modo più che plausibile, obiettare che voler ricercare un’ampia condivisione significa di fatto non voler per nulla riformare la Carta Costituzionale. Potrebbe essere davvero così, ciò non toglie che una riforma costituzionale a colpi di maggioranza governativa il Paese lo divide e non porta gli elettori a decidere in un clima di serenità e sgombro da eccessivi condizionamenti, com’è, invece, avvenuto adesso. E non va affatto sottaciuto il fatto che comunque, il giorno successivo al voto, questo Paese comunque bisognerà continuare a governarlo nel migliore dei modi possibili e in un contesto politico accettabile.

In conclusione, questa nostra Italia era ed è già abbastanza frammentata e scollata, ma da lunedì prossimo, in ogni caso, lo sarà ancora di più. Avremmo bisogno, soprattutto come classe politica, di una ricomposizione dei valori così come avvenne, grazia anche a grandi leader, prima fra tutti De Gasperi e Togliatti, nell’immediato secondo dopoguerra agli albori della Repubblica, quando il Paese stremato, distrutto, affamato, si ritrovò unito nella ricostruzione post-bellica.

Ora, la maggior parte dei nostri politici, ma non solo loro purtroppo, la guerra ce l’hanno in testa.

Giornalista, ha fondato e dirige dal 2014 il giornale Ulisse on line ed è l’ideatore e il curatore della Rassegna letteraria Premio Com&Te. Fondatore e direttore responsabile dal 1993 al 2000 del mensile cittadino di politica ed attualità Confronto e del mensile diocesano Fermento, è stato dal 1998 al 2000 addetto stampa e direttore dell’Ufficio Diocesano delle Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi Amalfi-Cava de’Tirreni, quindi fondatore e direttore responsabile dal 2007 al 2010 del mensile cittadino di approfondimento e riflessioni L’Opinione, mentre dal 2004 al 2010 è stato commentatore politico del quotidiano salernitano Cronache del Mezzogiorno. Dal 2001 al 2004 ha svolto la funzione di Capo del Servizio di Staff del Sindaco al Comune di Cava de’Tirreni, nel corso del 2003 è stato consigliere di amministrazione della Se.T.A. S.p.A. – Servizi Terrritoriali Ambientali, poi dall’ottobre 2003 al settembre 2006 presidente del Consiglio di Amministrazione del Conservatorio Statale di Musica Martucci di Salerno, dal 2004 al 2007 consigliere di amministrazione del CSTP - Azienda della Mobilità S.p.A., infine, dal 2010 al 2014 Capo Ufficio Stampa e Portavoce del Presidente della Provincia di Salerno. Ha fondato e presieduto dal 2006 al 2011 ed è attualmente membro del Direttivo dell’associazione indipendente di comunicazione, editoria e formazione Comunicazione & Territorio. E’ autore delle pubblicazioni Testimone di parte, edita nel 2006, Appunti sul Governo della Città, edita nel 2009, e insieme a Silvia Lamberti Maionese impazzita - Comunicazione pubblica ed istituzionale, istruzioni per l'uso, edita nel 2018, nonché curatore di Tornare Grandi (2011) e Salerno, la Provincia del buongoverno (2013), entrambe edite dall’Amministrazione Provinciale di Salerno.

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