Con le dimissioni dell’assessore comunale Paola Moschillo si è aperta la prima, vera crisi politica nella maggioranza che da quasi tre anni regge le sorti della città e che sostiene l’esecutivo municipale di Cava de’ Tirreni guidato dal sindaco Vincenzo Servalli.
Se poi questa che si è appena aperta, sia una crisi più o meno grave, sarà il tempo a dirlo. L’impressione, però, è che non sia complicato più di tanto risolverla, così come è certo che nessuno sarà così temerario quanto esacerbato da voler neanche minimamente rischiare di far saltare il banco. In altre parole, si tirerà la corda quel tanto che basta per avere i maggiori vantaggi possibili nella trattativa politica che si intavolerà a tempo debito, badando bene però a non spezzarla. In fondo, a nessuno dei protagonisti di questa vicenda conviene -soprattutto in questo momento che per il centrosinistra non tira un’aria favorevole a livello nazionale- andare anticipatamente a casa per sottoporsi poi in tempi brevi al giudizio delle urne.
Certo è che per Servalli e soci niente sarà più come prima. L’incantesimo del “volemose bene” si è sostanzialmente rotto. Questo vuol dire che se il sindaco Servalli non saprà gestire al meglio la vicenda, è assai probabile che il clima e i rapporti nella maggioranza potrebbero ancor più deteriorarsi con eventuali esiti, quindi, sempre più negativi in prospettiva. Per farla breve, per l’attuale maggioranza è iniziata una nuova storia, è stata aperta una pagina del tutto nuovo.
C’era da aspettarselo, però. E il primo a saperlo era il sindaco Servalli, il quale, in più di un’occasione, parlava che la sua consiliatura si sarebbe chiusa con una giunta più politica. Ora sappiamo a cosa si riferisse. Vale a dire che Servalli ha sempre saputo che a un certo punto, finita una luna di miele che è durata la bellezza di quasi tre anni (un record!), doveva fare i conti con le alchimie, gli equilibri, i condizionamenti, le pressioni della politica. Una volta tutto ciò veniva espresso e nobilitato (in una certa misura) dai partiti, ora invece a farlo sono gruppi quasi sempre politicamente eterogenei, la cui genesi aggregativa segue spesso percorsi il più delle volte per nulla di tipo politico. A volte, sono ragioni amicali, in altri casi, anzi, quasi sempre, sono dovuti a coincidenza o convergenza di interessi. A volte, hanno un certo fondamento anche in ragioni di tipo programmatico o di natura amministrativa. Insomma, da che mondo è mondo, si tratta di banali lotte di potere.
C’è da scandalizzarsi per tutto ciò? O proporre al pubblico ludibrio questo o quel gruppo di consiglieri comunali con il mal di pancia? Sciocchezze, niente di tutto ciò. Sono normali dinamiche della politica, da sempre.
E’ stato sempre così. Nella nostra città, negli ultimi decenni del secolo scorso, quando ancora la Prima Repubblica era viva e vegeta, erano memorabili gli scontri programmatici tra la DC, che praticamente governava sempre, e gli altri partiti, alcuni a volte suoi alleati, come il PSI, altri sempre all’opposizione, come era il caso del PCI. Programmi che si contrapponevano nei comizi e nei discorsi pronunziati solennemente in aula consiliare. Poi, immancabilmente, come evidenziava con un realismo imbevuto di cinismo e disincanto uno dei grandi protagonisti di quella stagione politica cavese, il vegliardo avvocato Gaetano Panza, alla fine si andava alle cose disadorne. Vale a dire, ci si accapigliava per le poltrone del potere e le poltroncine del sottopotere. E i programmi? Nel cestino.
In breve, niente di nuovo sotto il cielo della valle metelliana. Oddio, vero è che il livello dei protagonisti è totalmente diverso. Statura e spessore e qualità nel frattempo sono diventate di ben altra consistenza. Al ribasso, ovviamente. Nel frattempo, tuttavia, sono cambiati gli uomini, ma anche la città e la sua società, le istituzioni, la politica. Insomma, le dinamiche sono le stesse, ma il contesto è un altro. Più scadente, è vero, ma non solo quello politico beninteso.
In conclusione, questa crisi porterà a dei cambiamenti di sicuro e a nuovi equilibri, o almeno a degli assestamenti. Oltre non crediamo: chi pensa che per Servalli sia l’inizio della fine, farà meglio a pazientare ancora, per evitare di restare poi delusi.
Certo è che, a parte le cose disadorne, Servalli dovrà compiere delle scelte politiche, dalle quali dipenderanno la tenuta in termini qualitativi della maggioranza che lo sostiene e del complessivo prosieguo del suo mandato sindacale.
Quali siano le migliori scelte da fare a Servalli non glielo può dire nessuno perché nessuno come lui ha la responsabilità di assumerle e la completezza degli elementi di giudizio. A cominciare dal fatto che nessuno meglio di lui conosce i suoi polli. Al più possiamo permetterci di dare un modesto suggerimento, una sorta di istruzione per l’uso.
E’ evidente, infatti, che è nelle sue corde la capacità di ascoltare tutti e cercare di trovare un punto di incontro tra le varie forze in campo. Tuttavia, mai come in un simile frangente, al primo cittadino raccomandiamo di non cedere ad eventuali ricatti politici di qualsiasi natura ed entità. Peggio ancora quando a farli eventualmente siano presunti amici o alleati. Cedere una volta, infatti, vuol dire essere destinati a cedere ancora e a capitolare inevitabilmente.
Per il resto, in politica tutto si può discutere e su tutto può essere trovato un compromesso. Soprattutto, e questo sembra sia il caso, quando si tratta delle cose disadorne.