Quirinale, il capolavoro di Salvini
Quirinale, il capolavoro di Salvini
Mandare allo sbaraglio la seconda carica dello Stato è di sicuro un capolavoro, ma di insipienza politica.
E’ quello che ha compiuto il centrodestra, in particolare Matteo Salvini, lanciando il nome del presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati nella quinta votazione di stamani per l’elezione del Capo dello Stato. Il risultato è stato disastroso: la Casellati ha preso meno di 400 voti, più di settanta in meno di quelli a disposizione del centrodestra.
C’è di più. Salvini con la scelta di imporre la Casellati ha rotto la maggioranza che sostiene il governo Draghi. Ora per davvero si naviga a vista e non sarà facile ricomporre i cocci.
La verità è che Salvini si agita da tempo ma ha dimostrato di non essere assolutamente all’altezza del ruolo che si è dato da solo, quello di principale kingmaker dell’elezione del successore di Mattarella.
Salvini, infatti, ha inanellato una serie di gravissimi errori di strategia politica, ben prima di quest’ultimo in cui nella giornata di oggi ha fatto strame della Casellati e del buon senso.
Si è innanzi tutto intestardito, e con lui il centrodestra, nel voler dare lui le carte, e quindi proporre nomi nella convinzione, sbagliata, che ora toccasse ad un candidato della propria area politica salire al Quirinale. Il problema, quando si vogliono dare le carte, è di avere l’accortezza di possederne nel mazzo un numero sufficiente. La verità è che il centrodestra può contare, sulla carta, di poco più di 450 voti sui 505 necessari per eleggere il presidente della Repubblica dal quarto scrutinio in poi. E’, quindi, una forza non autosufficiente, costretta ad aggregare e non certo a forzare la mano.
Il risultato per Salvini è stato quello di girare a vuoto, fare solo confusione senza quagliare nulla, facendosi portare a spasso dal centrosinistra, che si è limitato a impallinare i candidati proposti dal centrodestra senza finora mai proporre un proprio nome di un possibile papabile.
A questo punto che succederà? Difficile a dirsi. Sembra crescere la candidatura di Casini, un vecchio democristiano, che non può che essere gradito a chi scrive. L’eventuale convergenza su Casini, però, rappresenterebbe per il centrodestra una sconfitta. Questo nome andava fatto da Salvini sin dalle prime battute, costringendo così il Pd ma più ancora l’intero centrosinistra, in particolare i grillini, a pronunciarsi. Insomma, a votarlo o a bocciarlo. Ora, per il centrodestra sembra troppo tardi per puntare su Casini.
A Salvini, molto probabilmente, non resta altro che proporre una scelta condivisa sul nome di Draghi. In questo caso il Pd, ma anche Renzi, potrebbe dire no all’attuale premier?
Non resta adesso che aspettare le prossime mosse di Salvini. Nell’auspicio che non collezioni altri fallimenti. E non è da escludere che riesca persino a tirar fuori il classico coniglio dal cilindro. Ci crediamo poco ma tutto è possibile. D’altra parte, come si dice? Anche un orologio fermo segna due volte al giorno l’ora esatta…