Inutile girarci attorno: la chiusura della rianimazione nel nostro ospedale è una pessima notizia. C’era da aspettarselo, è vero. Ciò non toglie che De Luca e compagnia hanno preso in giro la città e i cavesi.
Sì, è vero che la situazione a causa del Covid richiede misure estreme ed emergenziali. E’ vero anche, però, che la città metelliana conta politicamente quanto il due di briscola. E forse per De Luca la classe politica di centrosinistra che governa la città metelliana conta anche meno.
D’altra parte, fa male, tanto per fare un esempio, che ad Agropoli, giustamente, potenziano la struttura ospedaliera e attivano un reparto Covid, mentre nella nostra città l’ospedale viene ridotto ai minimi termini, né più né meno un poliambulatorio di montagna. In via temporanea, assicurano. Speriamo, ma con questi signori che ci governano, e per la considerazione che hanno della nostra città, viene spontaneo fidarsi poco o niente.
Insomma, come recita un nostro vecchio modo di dire, dopo aver mangiato e bevuto, alla salute vostra. Sì, perché De Luca e soci dopo aver fatto incetta di voti nella valle metelliana poco più di un mese fa, oggi prendono per i fondelli i cavesi, a cominciare da quanti, e sono in larghissima maggioranza, li hanno votati.
Ad ogni modo, inutile dare oggi la croce addosso al sindaco Servalli. Non solo perché il primo ad essere preso in giro e ad essere messo in difficoltà da De Luca è proprio lui, ma anche perché le attuali miserie del nostro ospedale vengono da lontano, molto lontano.
Affondano, in parte, le loro radici tra la fine degli anni settanta e gli anni ottanta del secolo scorso, quando Eugenio Abbro, che contava per davvero nello scacchiere politico regionale, insisteva per costruire un nuovo ospedale. Aveva anche scelto il sito, collocato nell’area che va tra le frazioni di Pregiato e S. Lucia. Non venne ascoltato. Anzi, in sede locale fu ostacolato, tant’è che si arrese, rammaricandosi per i quattrini che venivano spesi per sistemare alla meglio l’attuale nosocomio. E ricordo, come se fosse ieri, una sua espressione molto corrucciata: “State buttando i soldi pubblici nel vallone S. Francesco”.
Aveva ragione. Fu l’inizio della fine del nostro Ospedale. Verrebbe da dire, come chiosa, che un tempo c’era Abbro, mentre oggi abbiamo De Luca e Servalli. I tempi, comunque, erano diversi, molto diversi, non solo i protagonisti della politica.
Ora guardiamo al presente e cerchiamo per il futuro di salvare il salvabile.
Nella dichiarazione che il sindaco Servalli ha postato sui social, dopo che il nostro giornale aveva diffusa la notizia della chiusura del reparto di rianimazione, c’è un passaggio molto significativo, apprezzabile, veritiero e in quanto tale condivisibile.
“La scelta senza dubbio legata alla drammatica situazione che stiamo vivendo -scrive Servalli- è d’altra parte, la più semplice e immediata, ma anche quella che con grande chiarezza esprime lo stato a cui si è ridotta la sanità italiana e campana, con un’azienda che per affrontare un grave problema è costretta a divorare se stessa”.
Ebbene, il nostro primo cittadino, nel momento in cui denuncia lo stato della sanità campana prende in un certo qual modo le distanze dal governatore De Luca. Il quale, non solo è responsabile di questo stato per gli ultimi cinque anni, ma che soprattutto si è fatto trovare sostanzialmente impreparato in questa seconda ondata di pandemia. Forse, se il Supremo avesse fatto meno il protagonista con le sue uscite da guappo di avanspettacolo, e messo invece in campo più letti per la degenza Covid, più posti di terapia intensiva, più medici ed infermieri, di sicuro saremmo stati tutti più sollevati pur nel timore del contagio. E soprattutto non ci sarebbe stato bisogno di scippare personale a destra e a manca, a cominciare da quello del nostro ospedale.
Dicevamo del nostro sindaco Servalli. Bene, la sua presa di coscienza, questa sua confessione, merita attenzione da parte delle opposizioni che, legittimamente, anzi, vivaddio, si sono subito mobilitate per una pubblica manifestazione. Allo stesso modo, sarebbe auspicabile che Servalli cogliesse l’occasione di questa manifestazione pubblica di protesta per andare fino in fondo nella sua presa di coscienza distinguendo le sue responsabilità da quelle degli altri.
E’ tempo, infatti, che su questo tema, così delicato per la salute di noi tutti, e in particolare in questo frangente così drammatico per il nostro Paese, venisse ricercata l’unità politica. A De Luca dovrebbe essere data una risposta unitaria di tutta la città, dell’intera classe politica metelliana. E che proprio per questo in testa al corteo di protesta ci dovrebbe essere proprio il sindaco Servalli.
Ai vertici sanitari e a quelli politici, a cominciare da De Luca, va fatta sentire una sola voce, che è quella della città di Cava de’ Tirreni, senza distinzione, in questa triste contingenza, tra maggioranza e opposizione.
Non c’è altra strada e guai a mostrarsi divisi. Se non ci sarà una coesione vigorosa e senza precedenti, se prevarrà, al contrario, la miope cura del proprio orticello politico, come città daremo il via libera a nuove sottomissioni, peggiori aggressioni, inevitabili sconfitte e ulteriori rapine. Insomma, offriremo il destro per arrivare a decretare inesorabilmente non solo la fine del nostro ospedale, ma il nostro totale asservimento alle logiche e agli interessi del padrone politico salernitano, relegando così ad un ruolo di estrema marginalità la nostra città, seconda in provincia per abitanti ma non per peso specifico.
In fondo, l’emancipazione politica di una città non può che passare in primo luogo attraverso una dimostrazione di maturità della sua classe dirigente.
E speriamo che non sia proprio qui che casca l’asino.