In questi mesi di estenuante calura estiva, il personaggio chiave della politica nazionale continua ad essere Matteo Renzi. Nonostante tutto. E per forza di cose.
Renzi resta centrale nel panorama politico italiano nonostante non sia più il capo del governo e nonostante le batoste elettorali, l’ultima rimediata ai ballottaggi per le comunali quindici giorni fa.
Lo è, ovviamente, anche per forza di cose. E’ comunque il leader del partito che guida il governo, che ha più voti o comunque è secondo nella raccolta dei consensi, e che, sia pure tra tanti limiti e contraddizioni, rappresenta l’unica struttura politica veramente diffusa, radicata e organizzata sul territorio. Giocoforza Renzi non può che essere il principale punto di riferimento politico italiano.
D’altro canto, com’è già avvenuto in modo eclatante in occasione della consultazione referendaria dello scorso dicembre, la corsa tutti gli altri la fanno su di lui. E’ l’uomo da battere e quindi ci si allea di fatto contro Renzi senza che ci sia bisogno di stipulare patti più o meno ufficiali. Il problema vero, però, è un altro, ovvero non solo battere Renzi, ma per i suoi avversari c’è anche il compito se non il dovere di proporre una proposta alternativa di governo… ma questo è un discorso che oggi lascia il tempo che trova.
Uno dei crucci maggiori di Renzi, tuttavia, è quello delle alleanze in vista delle prossime elezioni politiche.
Con chi allearsi? E per fare cosa, anche in ragione del fatto che la legge elettorale è ancora una partita aperta?
Appare scontato, e per questo Renzi viene messo in croce, che gli alleati non possono che essere, innanzi tutto se non esclusivamente, quelli a sinistra del Pd. Ma questo è davvero così scontato? Il Pd dovrebbe allearsi con chi ha lasciato il partito sbattendo la porta o con quanti, in pratica tutti, vedono il segretario del partito, Renzi, come il fumo negli occhi?
A sinistra del Pd, contrariamente a quanto si pensa, la strada è impraticabile, forse del tutto o in larga misura. Renzi, in questo, ha l’onestà oltre che la necessità di dirlo, qualche suo compagno di partito, invece, ritiene di no e sostiene una specie di riedizione ulivista un po’ per dire qualcosa di diverso dal segretario del proprio partito, un po’ per un atavico richiamo della foresta.
La verità è che il Pd è nato per essere qualcosa di diverso da un passato anche recente di quella che fu la sinistra post comunista, che disperatamente qualcuno vuol risuscitare e rimpolpare non fosse altro in funzione anti Renzi. E che è soltanto cattiveria spicciola parlare di Pdr, ovvero di partito personale di Renzi, come se il Pd fosse composto solo da truppe cammellate. Allo stesso modo, chiedersi retoricamente se il Pd di Renzi sia di sinistra o meno, è un discorso che nasconde ragionamenti che puzzano di stantio, ma che risultano anche oziosi, molto oziosi, come se il mondo si fosse formato e il passato continuasse a vivere come una pianta sempreverde. Così non è.
Insomma, sa di vecchio e di nostalgico, l’affannarsi a dare o togliere la patente di sinistra a questo o a quello, e in particolare a Renzi e ai suoi. E’ un po’ come l’onestà di cui parlava Nenni, e cioè che «un puro trova sempre uno più puro che lo epura», così a sinistra c’è sempre qualcuno che è più a sinistra, tant’è che le divisioni, le scissioni, le mille sigle, sono la vera storia della sinistra, non solo italiana.
Detto ciò, per Renzi e il Pd resta il problema delle alleanze in tutta la sua drammatica complessità. Se da sinistra non escono alleati, allora bisognerà, forse, rivolgersi altrove. Alfano, se ancora ci sarà. Berlusconi, che è sempre più un’araba fenice. Questo per dire che non sarà anche in questo caso non meno problematico che allearsi con la sinistra.
Insomma, a prescindere dai difetti, dai limiti e dalle manchevolezze soprattutto caratteriali prima che politici di Renzi, per il Pd il futuro appare abbastanza nebuloso e non sarà facile, suo malgrado, venir fuori da questa palude che, sia chiaro, imballa l’intera politica italiana e i suoi protagonisti.
E allora? Che Dio ce la mandi buona, perché se il nostro Paese, o meglio la politica italiana, non riuscirà a trovare la quadra di un assetto istituzionale di governo sufficientemente all’altezza dei tempi, a farsi male non sarà solo Matteo Renzi, il quale rischia sempre più di diventare un perdente di successo, ma tutti noi, nessuno escluso.