Lello De Prisco, un sindaco giovane che vive il presente nella speranza di costruire il futuro
Ho conosciuto il sindaco di Pagani dai social, in questi ultimi mesi del secondo lockdown, in piena campagna vaccinale. Mi aveva favorevolmente impressionato la qualità della sua comunicazione istituzionale. Puntuale, chiara, precisa, incisiva, ma anche accattivante, fresca, immediata. In breve, genuina, sincera, giovanile, moderna. Niente di paludato, lezioso, posticcio e stantio.
Così, quando un comune amico, cavese, mi ha proposto di incontrarlo e magari approfittare per intervistarlo, ho accettato senza pensarci due volte, tant’è che oggi il nostro giornale ha pubblicato proprio l’intervista al primo cittadino di Pagani.
La conoscenza personale del sindaco Lello De Prisco mi ha, almeno in parte, confermato l’idea che mi ero fatto di lui leggendo i suoi post sui social.
Un primo cittadino giovane, ma soprattutto con una invidiabile carica di entusiasmo, di voglia di fare, ma anche di consapevolezza delle difficoltà per le carenze strutturali dell’ente comunale di cui è alla guida e per il momento delicato e complicato che vive l’intero Paese. Questo, a quanto pare, non gli impedisce di guardare oltre il quotidiano, cercando così di immaginare oltre l’orizzonte, ma tenendo i piedi ben piantati per terra.
Quello che colpisce è la sua determinazione, il coraggio di mettersi in gioco in prima persona, la volontà di perseguire un progetto di città mostrando, in proposito, di avere le idee molto chiare.
Ascoltandolo, però, vengono fuori i suoi punti di forza più significativi: il senso della squadra, l’esperienza intensa vissuta nel mondo del volontariato e dell’associazionismo, e forse in modo sorprendente, rispetto ai tempi in cui viviamo, la passione civile coniugata ad una fede profonda, tanto da credere fermamente nei disegni e nell’intervento della Provvidenza.
Per un laico, per un sindaco, scusate se è poco, soprattutto in quest’epoca di diffuso relativismo e di sfrenato edonismo consumistico. Fatte le dovute proporzioni, il sindaco De Prisco per certi versi sembra quasi seguire le orme di uno dei grandi della storia repubblicana, Giorgio La Pira, il cosiddetto sindaco “santo” di Firenze tra gli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso.
L’intervista offre numerosi spunti di riflessione. Ne isoliamo tre, per non tediare oltremisura i nostri lettori.
Prima riflessione. Il sindaco De Prisco ha ereditato un comune in dissesto, tanto che, fra le varie ristrettezze, non può permettersi neanche un ufficio di staff. E’ singolare, in questo, che deve provvedere di tasca propria per avvalersi di una collaboratrice per la comunicazione. “I soldi meglio spesi”, ci ha tenuto a chiarire.
Non se ne abbia a male il nostro sindaco Servalli, dotato di un ufficio staff e di comunicazione, il quale dovrebbe prendere ad esempio il suo collega di Pagani, quantomeno per una comunicazione più incisiva e uno staff più reattivo. E non diciamo altro.
Seconda riflessione. La vittoria di De Prisco alle comunali con una aggregazione rigorosamente civica indica una strada da percorrere anche nella nostra città. Per superare l’attuale palude in cui si trova la politica metelliana, il civismo appare una scelta obbligata per costruire un post Servalli diverso e di qualità. Non resta che andare oltre i partiti e gli schieramenti per cercare di ovviare all’attuale cattiva politica fatta di clientelismo, di pessima gestione della cosa pubblica e di una selezione del personale politico troppo spesso di scarsa qualità e valore.
Terza riflessione. De Prisco in più di un passaggio ha tenuto a precisare che prima di essere sindaco è stato ed è un pellegrino.
Questa sua vocazione mi riporta alla mente una illuminante pubblicazione di qualche anno fa di un maestro di filosofia e sociologia qual è stato Zygmunt Bauman: “La società dell’incertezza”. In questo saggio Bauman si sofferma a delineare la figura del pellegrino, distinguendola da altre, come quella del vagabondo e del turista.
“Per i pellegrini nel tempo, la verità è altrove -scrive Bauman- il vero luogo è sempre a una certa distanza, lontano nel tempo. Dovunque il pellegrino sia ora, non è il luogo dove dovrebbe essere o dove sogna di essere”.
In questa definizione forse si ritrova a suo agio il sindaco De Prisco: proiettato nel futuro nella speranza di costruirlo lavorando intensamente nel presente.