E’ in larga misura condivisibile l’interessante e ricca di spunti l’intervista all’ex sindaco Marco Galdi, con la quale apriamo una serie di riflessioni sullo stato dell’arte e sulle prospettive della città metelliana, che il nostro giornale solleciterà ad alcuni personaggi pubblici, non solo della politica, professionisti, giornalisti, imprenditori, cavesi di nascita o di adozione.
Le considerazioni di Galdi hanno il pregio di essere non solo molto puntuali, ma soprattutto di largo respiro. Una connotazione, quest’ultima, che in parte venne meno nei suoi anni di governo e di certo non solo per demerito suo. E di questo ne è più che consapevole. Alla domanda, infatti, sul consiglio che si sentirebbe di dare ad un politico che si accingesse a governare Cava, Marco Galdi è lapidario: “Provare a vincere con a fianco un gruppo coeso, non improvvisato e animato solo da senso civico”. E ancora: “Le grandi coalizioni, che mettono insieme partiti e gruppi disomogenei, facilmente consentono di raccogliere il consenso … ma poi costituiscono quel peccato originale che ineluttabilmente si sconta quando si va al governo”. E’ quello che è capitato a lui da Sindaco. E non solo a lui, ma a quasi tutti i sindaci cavesi degli ultimi venti anni, in particolare alle coalizioni di centrodestra. Al sindaco Messina andò peggio e fu mandato a casa con un anno di anticipo con una congiura orchestrata da dentro e fuori il palazzo e con una sciagurata firma da un notaio. Forse, questo, fu il momento più infimo e finanche sordido della politica cittadina.
Ma torniamo a Galdi. Tra i tanti spunti di riflessione meritevoli di essere adeguatamente evidenziato, vi è il passaggio in cui lamenta che il governo cittadino non vede più protagonista “quella parte della società cavese più attiva, illuminata e culturalmente attrezzata, che ha contribuito in modo determinante alla crescita almeno fino alla seconda guerra mondiale”. E’ una verità sacrosanta che fotografa la pochezza della vita politico-amministrativa cittadina di questi ultimi anni, caratterizzata da una povertà culturale e di idee, con conseguente carenza o assenza totale di progettualità, di strategie di sviluppo, di direttrici di marcia da seguire e di obiettivi ambiziosi da perseguire.
E’ questo, in effetti, uno degli aspetti più preoccupanti, tant’è che al grigiore politico di oggi non solo non si contrappone niente o quasi, ma vi è il timore abbastanza fondato che il peggio sia ancora da venire.
Concludiamo, però, questo nostro commento con le parole di speranza espresse da Marco Galdi, rispondendo all’ultima delle nostre domande, quando afferma che Cava si caratterizza per essere “civile” per antica tradizione, ma che “deve esserlo anche per vocazione, perché la sua civiltà, se riscoperta e coltivata, ne può ancora oggi definire l’identità, renderla attrattiva e quindi ambita, fiorente, viva”.
Un auspicio quello di Galdi, ma anche e soprattutto un’esortazione per fare della nostra una città anche in futuro appetibile, ricercata, apprezzata. Insomma, spetta ai cavesi coltivare, rafforzare e qualificare quell’identità, quella diversità, quella ricchezza di cultura e civiltà che ci hanno lasciato in eredità i nostri avi.
Tocca ai cavesi -sembra questo essere l’invito, ma anche il monito garbato e la preziosa lezione impartita dall’ex sindaco Marco Galdi- non disperdere il considerevole patrimonio avuto in eredità e che ora stiamo seriamente rischiando di dilapidare.