La guerra “civile” nel M5S e il destino del Governo Draghi
La guerra "civile" nel M5S e il destino del Governo Draghi
Siamo ai titoli di coda dello scontro aperto e senza quartiere in casa pentastellata tra l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio?
Molto probabilmente sì. E’ guerra ormai dichiarata tra i due leader dei Cinque Stelle ed i loro rispettivi sostenitori. C’è chi parla addirittura di una sorta di guerra civile.
Sia chiaro, non tutto il male viene per nuocere. In fondo, è auspicabile che si arrivi ad una resa dei conti se ciò porterà ad un chiarimento politico nel M5S. In altre parole, una volta per tutte si dovrà finalmente capire chi per davvero comanda nel Movimento e, di conseguenza, quale sia la linea politica. Almeno si spera.
Oggi, questo è un dato certo, il M5S ha due linee politiche del tutto divergenti e in evidente contrasto. Da una parte, la linea diciamo così pacifista portata avanti da Conte, dall’altra, quella atlantista al mille per mille di Di Maio.
Inutile, a questo punto, evidenziare le contraddizioni di entrambi, in particolare di Conte che, come ricordano autorevoli commentatori, è passato alla storia come il premier che più di chiunque altro ha aumentato le nostre spese per la Difesa in occasione della Finanziaria del 2021.
In politica, però, ogni posizione è legittima, soprattutto quando, in un Paese democratico come il nostro, il giudizio spetta agli elettori con l’esercizio del voto.
Sta di fatto che oggi questa lotta, all’interno del movimento politico fondato da Grillo, si riverbera negativamente sull’attuale governo. Questo è il vero problema.
Sullo sfondo, infatti, vi è il prossimo passaggio parlamentare voluto da Conte per bloccare l’invio di armi all’Ucraina. In pratica, se questa svolta, diciamo così “pacifista”, passasse in Parlamento, di fatto verrebbe sconfessato il premier Draghi. La sua linea politica di sostegno militare pieno all’Ucraina è stata portata avanti a livello internazionale sin dal primo giorno. E ha avuto finora proprio nel ministro Di Maio il più autorevole interprete.
In altre parole, la partita in casa pentastellata va ben oltre lo scontro fra i due leader e i loro raggruppamenti “l’un contro l’altro armati”, coinvolgendo direttamente la posizione del Governo in Europa e nel mondo.
Da qui, l (si apre in una nuova sa preoccupazione che all’orizzonte sia possibile anche il profilarsi delle dimissioni di Draghi, se questi si riterrà sconfessato da un voto parlamentare dichiaratamente contrario all’invio di aiuti militari all’Ucraina.
Una malaugurata ipotesi, quest’ultima, che metterebbe seriamente a rischio la stabilità politica del nostro Paese. Mai come adesso in un momento tanto delicato, per i riflessi negativi sulla nostra economica per la guerra in Ucraina e per gli impegni legati ai fondi del PNRR.
Due fattori, però, a questo punto sembrano giocare un ruolo fondamentale sull’esito dell’eventuale crisi di governo.
Il primo, se cade il governo Draghi quasi di sicuro si andrà a votare a settembre con lo scioglimento anticipato delle camere.
Il secondo, quasi tutti i partiti attualmente al governo vedono le elezioni anticipate come il fumo negli occhi.
In conclusione, fermo restando il regolamento dei conti in casa pentastellata, il governo Draghi dovrebbe comunque andare avanti fino al prossimo anno. Almeno si spera. Nonostante tutto.