LA FINESTRA SUL CORTILE Migranti sì o no, ma Cava non è l’ombelico del mondo
Questa mattina il Consiglio comunale metelliano è chiamato a deliberare sulla proposta di adesione allo SPRAR, ovvero sull’accoglienza in città di circa 150 migranti richiedenti asilo politico e rifugiati.
Sgombriamo subito il campo da possibili equivoci. Questo giornale è per l’accoglienza senza se e senza ma. Una scelta, o meglio un dovere, o meglio ancora una spontanea adesione, per chi si rifà ai valori cristiani, alla dottrina della Chiesa cattolica, alla formazione culturale e civile fondata sui principi sanciti dalla Carta costituzionale.
Nello stesso tempo, però, teniamo in debito conto i timori, le preoccupazioni e l’avversione allo SPRAR, e quindi ad accogliere in modo strutturato i migranti nella valle metelliana, di una parte di cittadini cavesi. Forse il loro è un turbamento eccessivo e in larga misura infondato, tuttavia, questa è la loro percezione e va rispettata.
Allo stesso modo, sia pure siamo convintissimi che i delinquenti non si distinguono dal colore della loro pelle così come dalla fisiognomica lombrosiana, e che l’essere un criminale nulla ha a che vedere con la diversità etnica, religiosa e culturale, riteniamo che esprimere un bisogno di sicurezza, esigere legalità e chiedere il rispetto delle regole, non siano sinonimi di razzismo e xenofobia.
E siamo anche consapevoli che quello dell’accoglienza sia diventato per molti, sia per indiviudi senza scrupoli che addirittura per le organizzazioni malavitose, un affare molto redditizio. Ed è sotto gli occhi di tutti come l’Europa si giri dall’altra parte, lasciando al nostro Paese in modo quasi esclusivo il carico dell’accoglienza. Ciò però non toglie che l’accoglienza resti un dovere e costituisca, per chi ci crede nel profondo del cuore, un bisogno quello di soccorrere chi chiede aiuto.
D’altra parte, il drammatico problema di questa emergenza di un esodo dalle proporzioni bibliche, non siamo chiamati a risolverlo noi cavesi. A noi ci chiedono, con i quattrini che in larga misura ci vengono dall’Europa, di dare un piccolo, modesto, ma nello stesso tempo significativo e utile contributo. Insomma, anche in questo, ricordiamoci che Cava non è l’ombelico del mondo. E comportiamoci di conseguenza, abbassando i toni ma soprattutto tenendo presenti le proporzioni, quelle della nostra valle e quelle del fenomeno migratorio in atto.
Detto questo, l’auspicio è che quello dell’accoglienza non rappresenti per la nostra Amministrazione comunale solo il disbrigo di una noiosa, arida e inevitabile pratica burocratica, alla stregua cioè di una variante urbanistica o dell’approvazione di un programma di lavori pubblici per il rifacimento dei marciapiedi.
Ciò per evidenziare come l’accoglienza che ci apprestiamo a fare non può che essere responsabile e partecipata.
Responsabile, perché va organizzata in modo tale che siano garantiti non solo i diritti delle persone migranti con un’accoglienza adeguata ai bisogni essenziali e al rispetto della dignità umana, ma nello stesso tempo il puntuale rispetto delle regole, per garantire ai cavesi quella serenità e sicurezza che qualcuno paventa possa andare perduta.
Partecipata, perché la città, nelle sue varie espressioni e formazioni sociali, deve contribuire alle iniziative di inclusione per evitare che questa accoglienza strutturata alla fine si trasformi nella creazione di tanti piccoli, odiosi e socialmente pericolosi ghetti.
In conclusione, la nostra città ha una storia e una tradizione di civiltà e di accoglienza che non può in nessun modo sentirsi minacciata da un centinaio di migranti, al contrario, se l’Amministrazione comunale saprà con accortezza e lungimiranza realizzarla nel migliori dei modi, la società metelliana si arricchirà di un’esperienza umana e culturale che potrà risultare assai utile per il suo futuro. (foto Giovanni Armenante)