scritto da Redazione Ulisseonline - 15 Settembre 2018 11:55

INTERVISTA SULLA CITTA’ Luigi Gravagnuolo: “Cava penalizzata da un’inerzia intellettuale collettiva”

foto Gabriele Durante

Luigi Gravagnuolo è stato Sindaco di Cava de’ Tirreni dal 2006 al gennaio del 2010, quando si dimise per andare al voto con un anno di anticipo rispetto alla scadenza naturale del mandato. Alle successive elezioni comunali fu sconfitto da Marco Galdi. Luigi Gravagnuolo, per scelta non più nella trincea della battaglia politica, resta comunque un attento ma soprattutto accorto e qualificato  osservatore della vita politica cittadina. Insomma, una voce da ascoltare in questo viaggio di Ulisse per capire quali potranno essere i futuri approdi, speriamo fortunati, della città metelliana.

Quali sono a suo avviso i punti di forza della città?

Il suo patrimonio storico-monumentale, il paesaggio e la laboriosità del persone. Vi aggiungerei, come punto di forza in prospettiva, quello che oggi appare come un punto di debolezza: la marginalità rispetto alle grandi infrastrutture della comunicazione e della mobilità.

E i punti deboli?

Come detto sopra, la marginalità logistica e la mancanza di spazi adeguati per poter pensare ad uno sviluppo fondato sull’industria. Infine lo smarrimento del proprio proverbiale senso civico.

In prospettiva cosa serve alla città per crescere? 

Una “visione”, cui facciano seguito politiche amministrative consequenziali.

Una cosa che su tutto lei ritiene sia per la città una piaga da curare, un male da debellare? 

Il pessimismo, derivante dalla mancata individuazione di una meta realistica alla quale tendere di qui a trent’anni.  Meta realistica e nel contempo ambiziosa. Quindi del percorso per arrivarci.

Guardando oggi la città, cosa vorrebbe che tornasse dal passato? 

L’amor proprio.

E del presente cosa salverebbe? .

La generosità delle tante associazioni attive in città, nel sociale, nel campo civico ed in quello religioso.

Cosa invece butterebbe del passato e anche del presente? 

Del passato butterei via la chiusura campanilistica; del presente l’inerzia intellettuale collettiva, che, di fronte all’inderogabile urgenza di trovare strade nuove per il profilo futuro, rinunciando alla fatica della ricerca, si fa mugugno sotto i portici e continuo mormorio, ora contro questo, ora contro quest’altro.

Ad un politico che si accingesse a governare Cava lei quale consiglio, suggerimento, indicazione darebbe?

Di non accingervisi, se non si hanno chiari in mente la visione del futuro ed il progetto. Se li si ha, di perseguire con ostinata tenacia la meta, mettendo nel conto gli inevitabili scontri, tuttavia evitando strappi e lacerazioni eccessivi. Della serie: adelante Pedro, pero con juicio.

E agli attuali amministratori comunali quale consiglio, suggerimento, indicazione si sentirebbe di dare? 

La pubblica amministrazione è un bus che porta i cittadini alla destinazione desiderata, nei limiti del mezzo e delle risorse. Chi decide dove andare sono i cittadini, che delegano a ciò la parte politica; chi guida il bus e lo mantiene in efficienza è invece la parte gestionale dell’Ente. L’impressione che ne ho dall’esterno è che a Cava gli autisti decidano anche la meta. Il mio sommesso suggerimento ai nostri amministratori è di riappropriarsi del proprio ruolo e di esercitarlo con autorevolezza e coraggio.

In una stagione politica senza partiti ideologici, ha ancora senso dirsi di destra, di centro o di sinistra? Se sì, cosa significa per lei essere di sinistra, di centro e di destra? 

Se per destra, centro e sinistra si intendono le culture del Novecento, è cosa insensata restarne prigionieri. Oggi la dialettica è tra fautori di una società aperta e chiusure nazionaliste, tra élite e periferie sociali – con l’avvertenza che le periferie sociali interne all’Occidente sono a loro volta “centro” rispetto alle periferie globali – tra accoglienza e respingimenti, tra moderazione razionale e supremazia delle emozioni viscerali. Se si vuole chiamare “di sinistra” chi è per la società aperta, per governi moderati garantiti da élite adeguatamente formate e selezionate per lo scopo, si faccia pure. A me riesce difficile. Più facile magari definire “di destra” i neo-nazionalismi populisti. Ma sono narrazioni altre rispetto al Novecento.

In un’epoca come questa in politica contano più gli uomini o i programmi e le idee?

Agli occhi degli elettori, e della gente in genere, oggi contano solo gli uomini; quelli che riescono a vedere, in quanto cercano ed ottengono visibilità sui media. Il fatto è che i veri poteri globali sono “invisibili”. Questi non si presentano alle elezioni.

Un’ultima domanda. Per definire Cava quali sono l’aggettivo qualificativo e/o il sostantivo che utilizzerebbe? E perché? 

Una nobildonna decaduta. Se invece  mi concedi una metafora argomentata, ti risponderei così: una gran bella donna, con i primi segni dell’età. codesta ha una figlia in grembo, che quando nascerà sarà stupenda, più bella della madre. Tuttavia, il parto è complicato e la bimba stenta a venire alla luce. “Mamma Cava” comincia a rassegnarsi. ci sarebbe bisogno di chi sappia usare il forcipe. Prima o poi ci sarà. Coraggio Cava, non mollare, metticela tutta e fai presto a regalarci questa meravigliosa creatura.

Rivista on line di politica, lavoro, impresa e società fondata e diretta da Pasquale Petrillo - Proprietà editoriale: Comunicazione & Territorio di Cava de' Tirreni, presieduta da Silvia Lamberti.

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