scritto da Luigi Gravagnuolo - 07 Dicembre 2018 12:01

Il crinale della comunicazione

Il crinale che segna il confine tra comunicazione politica e comunicazione pubblica è la verità, lo stesso che separa la politica dalle istituzioni.

Ne ragioneremo stasera, insieme a Francesco Nicodemo ed agli autori, presentando il bel volume di Silvia Lamberti e di Pasquale Petrillo dal suggestivo titolo “Maionese impazzita” (D’Amico Editore) nel salone di rappresentanza del Municipio di Cava de’ Tirreni.

La verità è il confine, ma è fragile, facilmente permeabile; anche perché non è la stessa per tutti. Eppure è fondamentale cercarla; ne sanno qualcosa i magistrati che ogni giorno la cercano con la responsabilità di chi sa che dalle proprie decisioni dipende la vita delle persone giudicate. Ma anche i giornalisti, quelli seri, che vivono di ricerca della verità. E gli scienziati, gli storici etc …

Se entriamo però nel territorio socio-politico, la verità, per lo meno quella che ciascuno di noi percepisce come tale nella sua coscienza, appartiene ai testimoni o, se si vuole ai profeti. Costoro sanno che il suo costo è il più delle volte l’isolamento. La verità, in politica, è ostica a chi la professa.

Il politico che si assoggettasse ad essa, declarandola senza cautele, finirebbe con l’essere spernacchiato in men che non si dica. Specie in democrazia, l’efficacia della comunicazione politica è data dalle mezze verità; o dalle mezze bugie, se preferite. Sono queste a fare la fortuna dei politici, quando sanno bene dosarle. È appena il caso di precisare che non sto qui ragionando in termini moralistici. Il fine della politica – mi riferisco qui a quella nobile – è il successo nel perseguimento degli obiettivi programmatici condivisi dai propri elettori e del bene comune di tutti.  Per raggiungere lo scopo, specie in democrazia, al politico serve il consenso degli elettori e, se una mezza verità o una mezza bugia sono utili all’uopo, che ben vengano.

Se dunque il fine della comunicazione politica è il perseguimento degli obiettivi di parte, ciò non vale per la comunicazione pubblica, che tende al benessere delle istituzioni committenti, rappresentandone i procedimenti, l’agenda setting ed i contenuti in modo quanto più possibile impersonale e trasparente.

Gli Enti, che siano locali, regionali o nazionali, dovrebbero disporre di uffici di comunicazione pubblica distinti da quelli della comunicazione politica. Il sindaco, chi governa, ma anche chi sta all’opposizione nelle istituzioni e nel Paese, insomma i politici, hanno il diritto e il bisogno di mettere in essere una propria comunicazione di parte. I cittadini fruitori della comunicazione, per parte loro, hanno altrettanti diritto e bisogno di ricevere informazioni puntuali, affidabili, oneste sui servizi offerti dalle istituzioni e sui contenuti delle deliberazioni regolamentari e normative; magari venendo aiutati dagli uffici della comunicazione pubblica per comprenderne i contenuti puntuali. Quest’ultimo è il dovere della comunicazione pubblica ed istituzionale.

Uffici della comunicazione politica distinti da quelli della comunicazione pubblica, dunque. Questo dovrebbe essere nella norma e questo è anche quanto si verifica solo di rado. La regola è il cannibalismo della comunicazione politica rispetto a quella pubblica, col risultato che il cittadino, ricevendo il più delle volte informazioni parziali, se non distorcenti della realtà, e non sapendo dove attingere la realtà dei fatti istituzionali, poco alla volta perde la fiducia insieme nella politica e nelle istituzioni. Se poi ci si aggiunge che la comunicazione tutta è oggi appannaggio di chiunque smanetti e navighi nei procellosi mari del villaggio globale, si può immaginare ancora meglio quanto sia grande la responsabilità dei comunicatori pubblici.

A stasera.

Luigi Gravagnuolo, giornalista, scrittore, docente ed esperto di comunicazione. E' stato Sindaco di Cava de’ Tirreni dal 2006 al gennaio del 2010, quando si dimise per andare al voto con un anno di anticipo rispetto alla scadenza naturale del mandato.

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