Nei primi giorni della Fase 2 del lockdown, in pratica nella prima decade dello scorso maggio, si racconta di una signora che segnalò scandalizzata alla pubblica autorità una coppia di fidanzatini che, tolte le mascherine, si era baciata con slancio e passione giovanile. Immaginiamo che la preoccupazione della signora fosse che i due innamorati potessero contagiarsi. Qualche maligno, però, insinuò che la signora fosse animata solo dall’invidia: di non essere più giovane e più ancora di non provare più quel travolgente trasporto di sentimenti.
Mah, chissà. Ad ogni modo, quale che sia stata la ragione, a noi pare che, pur con tutte le dovute cautele e raccomandazioni, la vita deve trionfare sulla morte, i colori dell’arcobaleno sul grigiore dei sentimenti, l’amore e la voglia di vivere sulla paura e sulla solitudine. Insomma, passata la tempesta viene fuori il sole. E dopo la notte c’è la luce del giorno. Questo per dire che dopo l’incubo del coronavirus, del confinamento, del restare tappati in casa, dobbiamo ritornare alla vita, alle nostre abitudini, alle nostre attività. Certo, tenendo ancora alta la guardia perché la minaccia del contagio non è ancora venuta meno, ma dobbiamo imporci, anche se con diverse modalità, di fare le stesse cose che facevamo prima della pandemia.
Diciamo questo perché, in tutta onestà, non condividiamo la scelta del sindaco Servalli di non far tenere i fuochi a Monte Castello. Sia chiaro, non sparare i fuochi al Castello non è la fine del mondo. Ed il Sindaco fa bene a devolvere ulteriori risorse per i bisognosi piuttosto che per i fuochi d’artificio. Tuttavia, se il Comitato raccoglie le offerte dei cittadini, quindi dei privati, per festeggiare, come da secoli, la fine della peste del Seicento con dei fuochi dal Castello, non si vede dove stia il problema. Rischi di assembramento? No, almeno per i fuochi. Di sicurezza? Neanche, quantomeno non diversamente dagli altri anni.
Allora? Qual è la motivazione? Servalli in un post scrive che è una questione di opportunità: “quando sarà possibile, con lo stato d’animo adatto, spareremo anche i fuochi”. Il problema, quindi, è lo stato d’animo. Rispettiamo i sentimenti del sindaco Servalli, che è persona sinceramente sensibile, laicamente pio e misericordioso. E per questo accettiamo senza polemiche questa sua scelta. Tuttavia, dissentiamo. Mai come adesso, come abbiamo avuto già modo di scrivere alcuni giorni fa, la ripresa dopo il lockdown richiede uno spirito diverso, diremmo quasi aggressivo. Occorre ridare vita e speranza alla città. Serve un’Amministrazione comunale che dia una spinta alla vita economica, produttiva, sociale e culturale. Un’Amministrazione che assecondi e sostenga chi ha voglia di fare, di rilanciare la città e non di continuare a vivere nella paura e nell’angoscia. Insomma, serve brio e gioia di vivere. Bisogna dare speranza. Basta con il piangerci addosso. Diamoci da fare. Ripigliamo le iniziative. Insomma, caro Sindaco, diamoci una botta di vita.
I fuochi a Castello? E perché no!? Sono un momento comunitario per la città. E’ la continuità di una tradizione. Il segno, piccolissimo ma significativo, del ripristino di una vita normale. Forse che, chiediamo al Sindaco, non ci sarà lo stato d’animo per tante famiglie neanche di festeggiare preparando la milza all’aceto, la pastiera e gli altri piatti tipici della tradizione della festa di Monte Castello? Suvvia, se non ci uccide il coronavirus vogliamo morire di stati d’animo contriti, da rassegnati e sconfitti?
Nella vicina Vietri sul Mare hanno realizzato un bellissimo video che è un inno alla vita e alla ripresa socio-economica e civile della cittadina rivierasca.
Nella nostra città, caro Sindaco, quand’è che realizziamo qualcosa di simile? Per dare il segno che si è voltata pagina e che si guarda con speranzosa fiducia al futuro, festeggiando così il ritorno alla vita.
Nella consapevolezza, ovviamente, di dover comunque imparare a convivere (e non morire) con il coronavirus.