scritto da Giovanni Rotolo - 08 Novembre 2017 11:19

Giuseppe Gargani: “Con il Rosatellum svilita la volontà di partecipazione”

Giuseppe Gargani, avvocato ed ex parlamentare della Democrazia Cristiana e poi eurodeputato, durante uno degli incontri della nostra rassegna “Il viaggio delle idee” ha ripercorso alcune delle tappe più importanti del passaggio dalla prima alla seconda repubblica, mettendo in evidenza il grande contributo che il partito fondato da De Gasperi ha portato nella nostra storia repubblicana.

All’onorevole Gargani chiediamo, innanzi tutto, ad un giovane di oggi come racconterebbe in poche battute la Prima Repubblica?

“Beh, è importante fare una premessa storica. Studiando la storia di questo paese dal ’48, si deve mettere in evidenza che dopo la tragedia della seconda guerra mondiale, la ricostruzione avvenuta in Italia si è fondata sul piano morale, istituzionale, etico e sociale, perché fra gli  anni ’50 e ’60, la distinzione fra i giovani si faceva in base a chi fosse per la lotta di classe, e chi era per l’interclassimo. Alla fine, quest’ultimo ha prevalso, e dunque alla DC, semmai le verrà riconosciuto dai posteri, va sicuramente il merito di aver creato una solidarietà sociale, e quindi di aver abolito le classi in Italia, la distinzione fra operai e signori e così via. Tuttavia, ad oggi, la crisi della cultura (e di conseguenza della politica), ha portato all’esaltazione del personalismo, che è di per sé deleterio, ed avviene perché mancano i contenuti, infatti non si discute più proprio perché non si sa di che discutere, vengono a mancare i principi, e tutto ciò porta proprio a questa crisi culturale che incide molto, e lo fa anche perché la raccolta della classe dirigente, e del consenso, avvengono senza meritocrazia e senza partecipazione popolare, come questa legge elettorale approvata dal parlamento dimostra ancora una volta”.

C’è un partito che oggi potrebbe essere considerato l’edere della DC?

“Assolutamente no, anzi il  cruccio di noi democristiani è che nel ’92 abbiamo fallito come classe dirigente, perché ci siamo divisi, ed evidentemente non siamo stati in grado di mantenere questo vessillo in mano. Oscilliamo fra la nostalgia, e la volontà di stare insieme che però nei fatti non si concretizza, perché personalismo ed individualismo sono talmente entrati nella coscienza dei politici, tanto che ognuno vuole star solo, spesso andando addirittura contro i propri interessi. Quando in politica si inizia a pensare in questo modo è la fine. Spesso si dice che le democrazie finiscano o perché vi è una rivoluzione, o perché ci si stanca della democrazia, e noi in Italia ci siamo “stancati” dei metodi democratici, delle sue regole e delle fatiche che quest’ultima comporta nel prendere decisioni. Quando succede questo si offusca la democrazia e c’è il pericolo, non tanto del fascismo, che è oramai solo un fatto storico, ma di una sospensione dei termini di libertà che ci fa diventare indifferenti. Quando si fanno alcune leggi, come il Rosatellum, che è incostituzionale come ben si sa, noi scoraggiamo il cittadino ad andare a votare e sviliamo la sua volontà di partecipazione”.

Qual è una caratteristica della DC che manca ai partiti odierni?

“La classe dirigente, la collegialità. E manca la volontà di ispirarsi ad alcuni valori, di accettare la tradizione e di conoscere la storia. L’illusione è che mettendo da parte la storia, si possa determinare il nuovo, ma il nuovo senza la tradizione è vacuo, è un cambiamento che non ha struttura e consistenza”.

Verso la fine della Prima Repubblica ci fu una feroce battaglia contro le preferenze, oggi invece in molti le invocano…

“Non credo che i cittadini protestino per la preferenza in quanto tale, questa è solo il presupposto. Se non la si concede in una legge elettorale tutto è astratto e la partecipazione non c’è realmente, perché il cittadino non sceglie. Tuttavia, il fatto che in passato si parlasse in negativo delle preferenze, con la scusante che queste portassero alla corruzione, è semplicemente un corollario che non può andare ad inficiare il problema principale, e cioè che c’è un sistema politico che non funziona, che vuole un sistema elettorale dove il cittadino non decide ed una campagna elettorale dove non ci sia bisogno di essere accettati dalla cittadinanza. Noi, invece, in passato con le preferenze venivamo accettati, le persone ci davano fiducia con le proprie preferenze e si andava a creare un rapporto, che a sua volta portava ad una sinergia, un collegamento continuo che oggi non c’è più, e così vengono elette persone che non c’entrano nulla con il territorio, e che sono avulse dalla politica e imbrigliate nelle logiche di partito”.

Come giudica la candidatura di Di Maio a premier per i Cinque Stelle?

“E’ come se io pretendessi di fare il presidente dell’Onu non sapendo l’inglese. E’ un giovane che non ha alcuna esperienza, forse sarà anche un ragazzo brillante, ma non si può svolgere un ruolo così importante come il Presidente del Consiglio senza un tragitto politico. La classe dirigente a cui appartengo io, cominciava a fare l’opposizione nella sezione, poi guidava la sezione, poi passava a fare opposizione in Consiglio comunale, poi passava in maggioranza. La politica, soprattutto ad un livello alto, non può essere fatta da personaggi improvvisati con scarsa esperienza e che ancora non abbiano dimostrato le proprie qualità”.

Quali a suo avviso saranno gli scenari dopo le prossime politiche con questa nuova legge elettorale?

“Gli scenari saranno il contrario di quelli che la stampa individua e disegna. La repubblica parlamentare è diversa da quella presidenziale, perché i governi si fanno nel Parlamento, la rappresentanza viene privilegiata, e quindi i rappresentanti del popolo formano le alleanze. Tuttavia, questa legge elettorale favorisce la creazione di coalizioni fittizie, che servono solo per le elezioni e che dunque ingannano i cittadini”.

Le bocciature della Corte Costituzionale delle due precedenti leggi elettorali son anche il segno di una classe politica che pensa solo a conservare i propri interessi?

“Assolutamente si, è segno di una classe politica inconsapevole e sotto tanti aspetti non sensibile sul piano istituzionale, ed anche il Rosatellum è una legge probabilmente incostituzionale, fatta a beneficio dei partiti che l’hanno concordata”.

 

Nato ad Agropoli il 25/12/1994, sono iscritto al quinto anno della facoltà di giurisprudenza presso l'Università degli studi di Salerno. Ho la passione per il giornalismo, in maniera particolare riguardo alle tematiche politiche e giuridiche

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