Il mantra della politica cittadina di questi ultimi giorni è che sono arrivati o sono in arrivo i barbari. E chi sarebbero questi barbari? I leghisti, soprattutto dopo che qualche giorni fa si è tenuta la presentazione del coordinatore cittadino. A maggior ragione, ora che il loro leader Matteo Salvini sembra essere diventato il dominus della politica nazionale e del governo gialloverde. Per non dire poi del trend di crescita della Lega, che sta mietendo una valanga di consensi inimmaginabili fino a poco tempo fa.
Ma torniamo ai barbari leghisti di casa nostra. Dalle dichiarazioni che sono state riportate dalla stampa, è indubbio che ne è venuta fuori una baldanza eccessiva e fuori luogo, con toni spropositati e poco adatti per una piazza come Cava, che non tradisce mai la sua cifra moderata, compassata, borghese.
Il cliché leghista è però questo: irriverente, volutamente agli antipodi del politically corrrect, nessun timore, quindi, di risultare fuori le righe pur di spiattellare in faccia le proprie idee. Insomma, i leghisti non fanno sconti a nessuno, tirano dritto per la loro strada senza preoccuparsi di risultare simpatici, bensì attenti ad ottenere consensi elettorali. Poi c’è a chi riesce meglio e a chi meno bene, ma questo è il loro stile politico.
Questo è, ma farli passare però per squadristi o per barbari ce ne vuole. Ed è profondamente sbagliato. Vediamo il perché.
In primo luogo, se il Pd e la sinistra in generale credono di contrastare l’onda lunga leghista con la demonizzazione dei suoi esponenti e con atteggiamenti di insofferenza, se non di vera e propria intolleranza politica rispetto alle posizioni espresse da Salvini e i suoi, l’approccio è decisamente del tutto inappropriato. Sì, perché il vero problema del Pd e della sinistra non sono la Lega e i suoi esponenti, ma i milioni di italiani che la votano e, in prospettiva, sembra che altri si apprestino a farlo. Alla retorica salviniana, tanto per farla breve, non si può rispondere con un’antiretorica che, per ironia della sorte, legittima e rinvigorisce nell’opinione pubblica proprio le ragioni leghiste.
Insomma, il Pd e la sinistra dovrebbero porsi il problema del perché milioni di italiani scelgono la Lega, quali sono i problemi ai quali non si è saputo dare soluzioni convincenti, come dare proposte praticabili e risposte credibili a questo elettorato sempre più convintamente salviniano. Insomma, inutile scappare dal gioco della democrazia: se il governo del Pd non ha convinto la maggioranza del Paese, vorrà dire che in qualcosa si è toppato. Ed è utile oltre che ragionevole, capire dove, in cosa.
In sede locale, a maggior ragione quando si governa, la delegittimazione dell’avversario, in questo caso quello leghista, è la strada peggiore da percorrere. E’ comprensibile, sebbene non giustificabile, che una simile strategia la metta in campo chi non ha argomenti da contrapporre. Al contrario, chi amministra ha tutto per ridimensionare e, in alcuni casi, vanificare gli attacchi dell’opposizione, mettendo in campo idee e progetti in fase di realizzazione oppure opere e azioni già realizzate. Insomma, chi governa ha gioco facile nel confutare e neutralizzare gli oppositori. Quando questo non avviene, e non crediamo ad oggi che sia questa la condizione dell’Amministrazione Servalli, allora vuol dire che qualcosa non funziona e, quindi, una delle poche armi rimaste è la delegittimazione tout court. A prescindere.
Un’ultima annotazione per i leghisti locali. Il voto amministrativo ha dinamiche diverse da quelle nazionale. Motivo per cui, innanzi tutto, più che gli slogan e gli annunci roboanti, le differenze le fanno le classi dirigenti che si propongono. Certo poi ci vogliono valori, proposte, programmi, ma sono le idee che camminano sulle gambe degli uomini, e non viceversa.
Questo per dire che non ci si improvvisa, e anche che, soprattutto in una città come Cava, si è vincenti se si riesce ad attrarre, oltre al voto popolare e giovanile innanzi tutto, anche quello del ceto medio, quello della borghesia operosa, impiegatizia, professionale, bancaria, imprenditoriale. Diversamente, per lo meno nella valle metelliana, non si va oltre il folklore e la testimonianza politica. In conclusione, meno slogan e più contenuti, meno proclami e più proposte, meno annunci e più classe dirigente di qualità. E scusate se è poco. Anche per la Lega di Salvini, qui al Sud.
12.06.2018 – By Nino Maiorino – Caro Direttore, il tuo articolo non fa una piega, sarebbe tempo che il PD facesse una seria analisi politica del perché milioni di voti sono stati spostati su Lega e M5S, ma non vedo all’orizzonte alcuna prospettiva in tale direzione, e le mezze figure tirano a campare. Ciò non toglie, però, che Salvini e la Lega non possano permettersi di continuare con atteggiamenti violenti e tracotanti, oramai sono una forza di governo e una regolata dovrebbero darsela, non credi?