Cava de’ Tirreni, Comitato per i Beni Comuni: “No alla vendita degli immobili comunali!”
“L’Amministrazione Comunale conferma sostanzialmente, con la sola eccezione di Casa Serena, il disegno di mettere in vendita il patrimonio immobiliare della città, perseguito negli ultimi quattro anni”.
E’ quanto si legge nella nota del Comitato per i Beni Comuni (CoBeCo) inviata al sindaco Servalli, agli assessori e ad alcuni dirigenti del Comune di Cava de’ Tirreni.
“L’alienazione del patrimonio immobiliare comunale è un grave depauperamento della ricchezza della città”
“Tale scelta, che comporta un grave depauperamento della ricchezza della città -prosegue la nota- non era contenuta nel programma elettorale del sindaco Servalli né nelle elezioni del 2015, né in quelle del 2020. Non era quindi una scelta che i cittadini potessero aver condiviso, né successivamente sono state adottate procedure di consultazione o coinvolgimento della popolazione”.
“Il CoBeCo -si legge ancora nella nota-ritiene che tranne la vendita di CoFiMa, che era stata acquistata indebitando l’ente con un mutuo e soprattutto senza una reale motivazione che ne finalizzasse l’utilizzo ad un interesse pubblico, il restante patrimonio immobiliare costituisca una ricchezza accumulata nel corso di decenni e vada valorizzato per il perseguimento dell’interesse collettivo”.
Dopo aver evidenziato “che il Comune non dispone di apposito regolamento per la valorizzazione ed alienazione del patrimonio comunale, ma la materia è contenuta in alcuni scarni articoli del Regolamento per la gestione del Patrimonio Immobiliare del Comune”, auspica che “sarebbe opportuno che il Comune si dotasse di un regolamento dettagliato che, ex ante, colmi i pericolosi vuoti statutari riguardanti le procedure di programmazione relative alle alienazioni e la determinazione di criteri oggettivi utilizzati per l’individuazione degli immobili da alienare”.
“Le ormai acclarate difficoltà finanziarie del Comune non possono ancora consentire la continua spoliazione del patrimonio comunale!”
“Lasciare i beni comuni alla deriva -denuncia poi in un successivo passaggio la nota del CoBeco- per poi denunciarne la fatiscenza, e quindi dismetterli a prezzi stracciati, è un esercizio ben noto, che non vedrà acquiescenza da parte di un’opinione pubblica accorta e gelosa delle testimonianze storiche della propria identità. Le ormai acclarate difficoltà finanziarie del Comune non possono ancora consentire la continua spoliazione del patrimonio comunale! E’ necessario che l’Amministrazione del Comune di Cava dei Tirreni smetta di “alienare” e si impegni a “valorizzare” il proprio patrimonio immobiliare, in ossequio alla normativa innanzi richiamata”.
“San Giovanni svilito da un ristorante, la Mediateca chiusa da tre anni, Santa Maria al Rifugio trasformata in una scuola”
“Grandi preoccupazioni -denuncia il CoBeco- desta poi la gestione del patrimonio di valore culturale e storico: da San Giovanni svilito da un ristorante, alla Mediateca chiusa da tre anni, a Santa Maria al Rifugio trasformata in una scuola con il chiostro cinquecentesco e la galleria comunale in stato di abbandono, a Villa Rende di cui non è ignoto il destino futuro, infine al Teatro Comunale inutilizzato”.
“No alla vendita di Palazzo Buongiorno: è stato dal 1400 sede delle riunioni della Universitas”
“Si evidenzia, altresì -incalza il CoBeco- che tra i beni in vendita figurano gli immobili di via della Repubblica di Palazzo Buongiorno o Palazzo del Reggimento che è stata casa comunale e il complesso immobiliare ex “Casa Rossi” di via Atenolfi. Palazzo Buongiorno o Palazzo del Reggimento è stata dal 1400 sede delle riunioni della Universitas, poi successivamente divenne di proprietà della famiglia Buongiorno e nel 1581 si tenne per la prima volta il Consiglio, ha, quindi, un valore storico importante per la città di Cava de’ Tirreni. Casa Rossi è pervenuta alla proprietà comunale grazie al lascito testamentario della famiglia Rossi che la voleva destinata a residenza per persone cieche, lascito che è stato totalmente disatteso dal Comune. Questa circostanza, al di là delle vicende giuridiche e della legittimità dell’utilizzo fatto, non conforme alla volontà testamentaria, costituisce un elemento di inaffidabilità e protervia della potestà pubblica che non può essere sottaciuto”.
Il CoBeCo avanza poi sul tema una serie di articolate e puntuali richieste poi agli amministratori di maggioranza e di opposizione.
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