scritto da Eugenio Ciancimino - 11 Febbraio 2022 10:53

Bipolarismo bastardo, più spine che rose

Bipolarismo bastardo, più spine che rose

foto Angelo Tortorella

Dopo gli applausi resi in Parlamento al discorso di Sergio Mattarella, rieletto Presidente della Repubblica, nei partiti si intravedono più spine che rose. Si vanno manifestando, in sequenza, nel centrodestra, che si scioglie “come neve al sole”, nelle convulsioni interne al M55 decapitato da una ordinanza del Tribunale civile di Napoli, e nell’inquietudine del Pd, o meglio dire smania del suo Segretario, Enrico Letta, in cerca di una stampella, che non trova, per dare corso all’auspicato “campo largo” di centrosinistra.

Sullo sfondo c’è la scadenza della legislatura, con il ritorno alle urne dalle quali è prevedibile immaginare un ridisegno della geografia politica, in Parlamento, non solo per effetto della riduzione dei suoi componenti, ma per la proiezione di consensi rilevati dai sondaggi che prefigurano una zona Champion a tre (PD, FdI e Lega) compresa in una forbice tra 20/21 e 19 per cento; seguono M5S e le galassie di centro e di sinistra.

Tre minoranze in competizione che per fare maggioranze di governo debbono ricorrere ad alleanze: prima o dopo la consultazione del corpo elettorale? Si comprende l’animazione  del dibattito sul sistema con cui andare al voto: maggioritario, proporzionale o misto.

Tutti e tre sono stati sperimentati nell’arco dei 75 anni della Repubblica in diversi contesti storici ed in presenza di forze  politiche consolidate per cultura politica e riconoscibili per riferimenti sociali.

Il proporzionale ha regolato rappresentanza e rapporti di governabilità dal 1948 al 1992 ed il maggioritario, entrato in funzione dalle consultazioni del 1994, ha segnato il passaggio dalla Repubblica dei partiti a quella delle coalizioni pre-elettorali fondate sul bipolarismo dell’offerta politica e sulla designazione della compagine di governo.

Geneticamente modificato, il relativo schema è passato, nel tempo, dalla condivisione di idee, valori e programmi ad aggregazioni per fini prevalentemente elettorali e, consumatosi per esaurimento di qualità propulsive dei partiti storici, nell’arco delle due ultime legislature è stato stravolto dal corpo elettorale con scelte e motivazioni  populiste o protestatarie o dell’antipolitica, come dir si voglia, che hanno premiato il grillismo ed il leghismo.

La forza delle loro rappresentanze parlamentari hanno, di fatto, mandato in soffitta la genesi sia del centrodestra che del centrosinistra, rimaste come locuzioni convenzionali piuttosto che di specifiche identità di offerte politiche che, viceversa, sono state annullate, nel corso dell’ultima legislatura, con il primo Governo Conte, sostenuto da M5S e Lega, Conte due (M5S, PD, Leu), e Governo Draghi con tutti dentro, tranne FdI e SI.

Sono state provate tutte le soluzioni di convivenza forzata, compiacente o di unità nazionale in un contesto di sofferenza del sistema politico istituzionale ingessato da disposizioni costituzionali vetuste rispetto alle istanze di modernizzazione auspicate anche dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo discorso di insediamento.

Questo Parlamento, impegnato nell’attuazione del PNRR, può avviarne le traiettorie non avendo tempo né ispirazione per completarla. Spetta ai partiti uscire dalla logica di un “bipolarismo bastardo” (copyright Brunetta) delle porte girevoli, lavorando per la prossima legislatura su valori condivisibili e riconoscibili per storia e tenuta di pensiero politico e non sullo star-system semplicemente per addizionare voti.

Sul punto, al netto delle trasmigrazioni, al momento si registrano tre cantieri aperti nell’area del cosiddetto centrodestra: la proposta  rifondativa simil 1994 di Silvio Berlusconi, l’opzione di Matteo Salvini per un partito repubblicano sul modello americano e l’idea di un contenitore dei conservatori coltivata da Giorgio Meloni.

Il banco di prova saranno le prossime elezioni regionali in Sicilia ed amministrative in 970 comuni, di cui 4 Capoluoghi di Regione e 21 di Provincia. Perché, per le rispettive istituzioni si vota per l’elezione diretta del Presidente di Regione e dei Sindaci: un sistema che costringe FI, Lega e FdI a non disunirsi ed il PD a puntare su alleanze allargate, a prescindere dalla variabilità dei comportamenti dei pentastellati, “vincoli o sparpagliati”.

In questi appuntamenti di primavera e di autunno non c’è posto per solisti senza l’accompagnamento di coristi. Dalle loro urne è prevedibile la fuoriuscita di nuovi spartiti come un’anteprima di rose e spine delle politiche e per chi suonerà la campana.

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