A colloquio con Luigi Gravagnuolo: “Servalli non suona le fanfare, non fa sognare, ma ai cavesi va bene così”
“L’attuale Amministrazione comunale non brilla per visione strategica e determinazione al cambiamento, ma non pesta i piedi a nessuno e non rompe gli equilibri consolidati della città”
Il viaggio di Ulisse alla ricerca della buona politica continua incontrando l’ex sindaco di Cava de’ Tirreni Luigi Gravagnuolo. Inutile dilungarsi sul suo profilo biografico. E’ una personalità assai nota non solo nella città metelliana ed apprezzata per il suo spessore politico e culturale anche da chi lo ha osteggiato senza sconti.
Un giudizio sereno e spassionato sull’attuale Amministrazione in questi primi mesi del secondo mandato del sindaco Servalli.
Che vuoi che ti dica, non suona le fanfare, non fa sognare, ma bene o male fa la sua parte quotidianamente. Certo non brilla per visione strategica e determinazione al cambiamento, ma non pesta i piedi a nessuno e non rompe gli equilibri consolidati della città. Io ho l’impressione che ai Cavesi vada bene così.
E un giudizio nel suo insieme sulla classe politica cittadina emersa dalle ultime elezioni comunali?
C’è stato un significativo rinnovamento e ringiovanimento dei quadri politici in Consiglio Comunale ed in Giunta. Una parte di loro, svezzatasi nella consiliatura 2015-20, ormai si muove in scioltezza nel lavoro amministrativo; altri, sia della maggioranza che delle opposizioni, stanno maturando. Nondimeno, nel suo insieme la classe politica dà l’impressione di non riuscire ad indirizzare i quadri gestionali, piuttosto che ne subisca l’egemonia.
“Sono cinquanta anni che la classe politica cavese nel suo insieme continua ad alimentare lo spettro della chiusura dell’ospedale”
Lei può essere annoverato tra coloro che rappresentano la memoria storica della politica cittadina di questi ultimi decenni. Per questo, Le chiedo: di chi è la responsabilità dello stato attuale del nostro ospedale, ritenuto non idoneo persino per ospitare un centro vaccinale?
Qui a casa ho un articolo dei primi anni settanta pubblicato da Il Pungolo, il periodico di Filippo D’Ursi. Era firmato dalla buonanima di Roberto Virtuoso, allora assessore regionale al turismo. In esso l’illustre politico cavese interveniva sulla paventata… imminente chiusura del nostro ospedale. Sono cinquanta anni ed ancora, a ondate, la classe politica cavese nel suo insieme, a fini di speculazione elettorale, continua ad alimentare lo spettro della chiusura dell’ospedale. Il risultato non è la chiusura, ma la prolungata agonia del nostro nosocomio. Ho ancora impressa nella mente la caciara immonda messa in piedi nel 2009 sulla ennesima, inventata, imminente, chiusura dell’ospedale, dovuta con certezza alla subalternità del sindaco – cioè mia – ai fantomatici voleri di De Luca o del Centro-Sinistra. Raccolte di firme, chiassate in Consiglio Comunale, i social che cominciavano a svezzarsi nella nobile arte della produzione di fake news. Eppure avevo appena strappato, con la L.R. 16/2008, 120 posti letto per il nostro ospedale! Sconfitto finalmente quel sindaco nelle urne, il commissario straordinario Giuseppe Zuccatelli ebbe mani libere e programmò zero posti letto per il nostro ospedale. Ci vollero incatenamenti e varie mobilitazioni per salvarne ottanta, rivendicati con grandi trombe in Consiglio Comunale! Ecco, per fare la guerra al sindaco la città tutta corse il rischio molto serio di vederselo veramente chiuso il Santa Maria dell’Olmo! Quando la politica divide una comunità sulle questioni strategiche non è solo una parte che perde, ma è la città nel suo insieme.
E sull’abusivismo edilizio nella nostra città quanto ha pesato l’inserimento nel Put del territorio comunale metelliano?
Molto. Il proibizionismo in tutti i settori ed a tutte le latitudini ha sempre alimentato il contrabbando. Anche nel settore edilizio. È il caso di ricordare che la Giunta Regionale della Campania, dal 1970 al 1999, fu guidata ininterrottamente da Presidenti democristiani a capo di giunte pentapartito. Il PUT fu varato dal Consiglio Regionale nel 1987. La responsabilità della classe dirigente della Democrazia Cristiana fu grande. Quella legge, ancorché i redattori del piano fossero stati due urbanisti di sinistra, fu elaborata e votata da loro. Avrebbero avuto tutti i numeri per emendarla, ma piuttosto che contrastarla apertamente al fine di mitigarla, preferirono lasciar correre, confidando nella consueta inconsistenza del nostro Stato, in un modo o nell’altro, fatta la legge, avrebbero trovato il modo di raggirarla. La sinistra per parte sua ne fece una bandiera ideologica e la difese in modo acritico. Gridò alla luna mentre in terra il mondo andò indisturbato per la sua strada. Il risultato è stata l’anarchia urbanistica.
“Non giriamoci attorno, la società civile cavese sta vivendo una fase di mesta, indolente rassegnazione”
Torniamo ai giorni nostri. Se la classe politica non brilla non è che poi in città quella che un tempo si chiamava società civile sembra dare segni di vita. Un tempo l’associazionismo, di qualsiasi tipo, da quello ambientale a quello culturale o sportivo, si faceva sentire, ora è calato un preoccupante silenzio e l’emergenza pandemica ha accentuato un fenomeno che era già presente da tempo.
Certo l’isolamento e le restrizioni alla vita sociale dovute alla pandemia hanno inciso, ma non è che prima del Covid ci fosse chissà quale fermento. Non giriamoci attorno, la società civile cavese sta vivendo una fase di mesta, indolente rassegnazione. O è soddisfatta di chi ci amministra, o ha perso la speranza. Fatto sta che si sono perse le tracce del protagonismo della società civile. Io non credo molto alle teorie soggettivistiche, o idealiste, per le quali sono le singole personalità o le idee, gli ideali se vuoi, a mobilitare le persone. Piuttosto, quando si apre una fase critica, i cittadini si mobilitano spontaneamente. Si danno gli obiettivi e gli ideali e le personalità vincenti sono quelle che interpretano meglio i loro sentimenti e sanno dargli lo sbocco politico. Vengono prima i problemi e l’insoddisfazione, poi le ideologie ed i leader. In assenza di una condizione oggettiva di crisi, chi prova ad agitarsi ed a chiamare all’impegno si ritrova, quando gli va bene, i sussieghi e le spallucce dei più. Il buon Amadeo Bordiga, fondatore del PCdI, replicando ai militanti che nella seconda metà degli anni venti lo criticavano perché non orientava il partito ad un maggior attivismo, sintetizzò icasticamente questo concetto: ‘Compagni, inutile agitarsi, i moti del nostro culo non fanno la storia’. Ecco, sono convinto che ora siamo in una fase statica della vita della nostra città. Hai voglia di sbatterti, nemmeno con la frusta riusciresti a rimettere in moto il grande fermento di fine XX ed inizi di questo secolo. Ciò non vuol dire andarsene al mare o per monti. C’è lo spazio per organizzare occasioni di confronto sul nostro futuro e sul nostro presente. Ma i girotondi degli anni novanta, tanto per dire, o i grandi scontri tra destra e sinistra, o per finire i Vaffà dei day dei grillini per ora non sono all’ordine del giorno.
La crisi dei partiti e della politica è evidente, ma sembra andata in tilt l’intera società civile che si rifugia sempre più nell’agorà virtuale dei social, i quali hanno sì un ruolo e una loro indubbia forza, ma che alla lunga si limitano a dare voce alla protesta rivelandosi così spesso autoreferenziali, se non scadono addirittura in vomitatoi di inusitata violenza verbale…
La rete è una straordinaria innovazione nella storia dell’umanità, paragonabile alla invenzione della macchina per la stampa da parte di Gutenberg. Internet esalta in modo mai visto prima la possibilità di accesso al sapere. Ciò è fantastico. Purtroppo, come un coltello facilita la vita delle persone se usato in cucina o per lavoro, ma la può spegnere se viene usato da un assassino, la rete consente ai mestatori di zizzania ed ai diffusori di falsità di avvelenare i pozzi della vita sociale. Anche a questo riguardo, mi permetto di riesumare una vicenda della mia esperienza amministrativa. Esperienza che temporalmente coincise grosso modo con l’esplosione a Cava dei social nel sistema delle comunicazioni interpersonali e dunque politiche. Mi riferisco alla ex manifattura Tabacchi di viale Crispi. Non la faccio lunga a ricostruire i fatti nella loro verità, cito solo la campagna grottesca fatta da alcuni concittadini – politici navigati ed aspiranti tali – i quali avevano nel cuore e nella mente un solo assillo, che se fossi riuscito a rigenerare il tessuto urbano della città, non mi avrebbero tolto di torno. Aiutati dai portici e dalla rete misero in giro la voce che io avrei pattuito con la Maccaferri una concessione edilizia per la realizzazione nel sito dell’ex Manifattura di un mastodontico serpentone con cento appartamenti di lusso. In più avrei corrisposto onorari stratosferici ad alcuni architetti con fondi comunali. Last but not least, a me Maccaferri avrebbe regalato non so quanti appartamenti! Tutte balle inventate a tavolino a fini di battaglia politica e diffuse tante volte sui social che alla fine ci credettero anche loro, gli inventori della fake. In realtà avevamo appena avviato con l’arch. Maccaferri una negoziazione urbanistica e lui, avendoli commissionati a sue spese ad un professionista di sua fiducia, aveva presentato un plastico e dei rendering, cioè un’idea di massima, in cui si proponeva di realizzare parcheggi sotterranei, tre piazze, una settantina tra appartamenti residenziali ed uffici, il Museo del tabacco, negozi, sale per convegni, uffici comunali. Mi parve una buona base di partenza. Per parte mia mi tenevo ancora nascosta la carta che mi riservavo di tirare fuori al momento opportuno, ottenere dalla Maccaferri la ristrutturazione della parte storica della ex Manifattura, di proprietà comunale, al fine di trasferirvi il Municipio, mentre l’attuale sede del Comune sarebbe tornata alle sue origini, ripristinandovi il Teatro. Per quest’ultimo obiettivo avevo ottenuto sul Più Europa oltre cinque milioni di euro, facilmente trasferibili dall’ubicazione indicata nel Contratto di programma a quella di Piazza Abbro. La mia sindacatura durò tre anni e mezzo e non feci neanche in tempo ad entrare nel merito di detta negoziazione. Fatto sta che non se n’è fatto nulla e – come ampiamente da me previsto – il grande spazio occupato dalla ex Manifattura resta a tutt’oggi intercluso alla città. I Maccaferri, comproprietari dei manufatti ivi insistenti, sono stati tacitati con l’impegno del Comune a consentire loro di realizzare un ghetto di case popolari alla Maddalena, mentre a viale Crispi dovrebbe essere realizzata una villa comunale a spese del Comune. Spero di vederla prima di chiudere gli occhi…
“L’arretramento culturale non è una prerogativa della sola classe politica, ma è un dato comune alle professioni, ai ruoli gestionali della pubblica amministrazione, all’insieme della classe dirigente”
Nella nostra città come si può portare la politica, la buona politica, nuovamente al centro del dibattito cittadino e come strumento di confronto e di costruzione? Come favorire la crescita e l’emergere di una classe politica cittadina che abbia un livello medio di maggiore competenza, preparazione, lungimiranza…
Circa i limiti di un approccio soggettivistico a questa problematica ho appena detto. Ciò richiamato, c’è un solo modo per restituire nobiltà alla politica: restaurando la serietà degli studi e la selezione dei migliori nelle scuole. L’arretramento culturale non è infatti prerogativa della sola classe politica, ma è un dato comune alle professioni, ai ruoli gestionali della pubblica amministrazione, all’insieme della classe dirigente che sta pagando oggi lo scotto dello spaventoso abbassamento della qualità della formazione dagli anni ottanta in poi. Ciò, è il caso di non sottacerlo, nonostante il grande impegno e le capacità della stragrande maggioranza degli insegnanti. Solo che un giovane ci mette due giorni a capire che, studia o non studia, alla fine cambia solo il voto sul diploma di promozione. Lo capisce e ne trae le conseguenze, che il più delle volte sono quelle che più gli fanno comodo. Non vorrei essere frainteso, è doveroso e sacrosanto che una scuola selettiva debba contemperare il supporto economico e l’aiuto culturale alle ragazze e ragazzi dei ceti non abbienti o comunque svantaggiati. Ma una cosa è la garanzia di pari opportunità per tutti, un’altra il tutti promossi a prescindere dai talenti e dai meriti. Una scuola selettiva non è una scuola di classe solo perché seleziona le future classi dirigenti. Di classe è piuttosto l’attuale scuola lassista, in cui si va avanti quasi d’inerzia e poi la selezione la si lascia fare alla sregolata competizione nel campo aperto del mercato. Anche del mercato elettorale e così torniamo alla politica. Nel suo specifico la base culturale di chi la pratica non basta. Occorrono l’esperienza, le battaglie sul campo, gli scontri ed i compromessi a completare la formazione di un buon politico. Ma senza basi culturali è tosta per tutti. L’esperienza non è solo quella che hai vissuto personalmente, ma anche quella delle generazioni che per millenni ti hanno preceduto. Se non le conosci, ti tocca ricominciare daccapo.
“Un buon amministratore, ascoltate tutte le parti, deve saper assumersi la responsabilità di prendere delle decisioni”
Secondo lei, quali requisiti di base, irrinunciabili, dovrebbe avere chi si propone come amministratore della nostra città, soprattutto in questi tempi bui e di vacche magre, dove c’è poco da distribuire e molto da chiedere alla comunità?
Ovviamente l’amministratore giusto, specie quando i cittadini tutti sono costretti a stringere la cinghia, deve essere un esempio vivente per tutti, moralmente inattaccabile. Non solo nel senso che non ruba, ma che si impegna con dedizione al suo delicato compito, senza risparmiarsi e senza mostrare indifferenza verso i problemi della gente. Che, ascoltate tutte le parti, sappia assumersi la responsabilità di prendere delle decisioni. Io ci aggiungerei anche che sia competente. Non è detto che un amministratore debba essere necessariamente un tuttologo onnisciente, capire di diritto e di architettura, di bilanci e di urbanistica, di sociologia e di ingegneria; basta che sia umile e che, quando una cosa non la conosce, oltre a chiedere lumi al funzionario di turno, se la studi e la approfondisca. Da solo o nel dialogo con i propri sodali politici. (foto Aldo Fiorillo)
Circa l’ex Manifattura Tabacchi ,in qualita’ di presidente del Malc mi corre l’obbligo di precisare quanto segue :
L’Amm.ne Gravagnuolo si è ben guardata dal reperire il contratto di comodato ,inte rvenuto fra il Comune di Cava dei Tirreni ed il Minstero delle Finanze,e che garantiva la proprieta’ dei cittadini cavesi circa l’edficio storico di Via Crispi.Sul presupposto che senza queul documento non si potesse ,dar corso all’azione recuperatoria ,Maccaferri avrebbe usucapito (gratis) l’edificio con grande danno dellla ctta,oltre dieci miiioni di euro.
L’atto venne rinvenuto dal MALC,presso l ‘Archivio di Stato in Salerno ,e tuttava pur nel possesso del titolo ,Gravagnuolo ,non avvio’ alcuna azione e/o transazione,anzi al tal fine dovette essere compulsato dal Prefetto.
Sempre l’amm.ne Gravagnuolo adotto ‘
una consulenza che riconosceva al Comune di Cava la proprieta’ dell’area retrostante ,l”edifcio storico.Come segnalato dal Malc cosi’ non e’ ,e nel contenzioso tanto avrebbe portato alla soccombenza ,parziale del Comune.
Il Malc ha recuperato e depositato al Comune una scrittura notarile ,da cui è possibie risalire ai confini fra la proprieta comunale e quella MST ,esseziale al fine di chiarire i diritti edificatori di Maccaferri,circa il serpertone di cemento,rigurgitato in Cina e piazzato dal trio Casamontvi ,Gasparrni e Gravagnuolo a Cava dei Tirreni.a beneficio del privato. Una colata di cemento ,in pieno centro.
Puo’ darsi che giusto ,per salvare,la,faccia ,un pensiero ai Toscani si sarebbe fatto,
ma l’ex tabacchificio ,lungi dalla funzione sociale ed idenititara svolta nei secoli,si avviava a diventare un resort di lusso per i milionari pellegrini ,in occasione del millennio dell’Abazia Benettina,ipotesi mai tramontata.
Comunque non si dolga Gigino Gravagnuolo ,la mala gestio crca,la consistenza che ci occupa puo serenamete essere estesa ai suoi sucessori..Ma questa e’ un’altra storia.
Caro Gravagnuolo qui ci sono menti e capacità che tanti non si immaginano neppure. Purtroppo siamo entrati pensiero e nel partito unico alla cinese maniera dove tutti sono silenziati, togliendo speranza e sfiduciando molti verso un’azione politica. Cava merita molto di più, Cava “C’è”. In genere in fondo al tunnel (e qui ci siamo) si intravede la luce.