Il Senato ha approvato in via definitiva il decreto legge sulle banche: entro 18 mesi le popolari che rientrano nel parametro del patrimonio superiore agli 8 miliardi saranno trasformate in società per azioni e dovranno abbandonare il principio del cosiddetto “voto capitario”. La legge non riguarda le banche cooperative né le popolari di piccole dimensioni.
Il Senato ha approvato in via definitiva il decreto legge sulle banche che contiene anche la riforma di quelle popolari.
Il governo aveva posto in mattinata la fiducia che è stata votata con 155 sì, 92 no e nessun astenuto. Il decreto, in scadenza il 25 marzo, aveva avuto il via libera dalle commissioni Finanze e Industria senza modifiche rispetto al testo approvato dalla Camera.
La norma più significativa della nuova legge riguarda le banche popolari ed è contenuta all’articolo 1. Stabilisce che entro 18 mesi, entro quindi il luglio 2016, le banche popolari che rientrano nel parametro del patrimonio superiore agli 8 miliardi dovranno abbandonare il principio del cosiddetto “voto capitario”, quello per cui all’interno dell’assemblea degli azionisti ogni socio può esprimere un singolo voto – uno vale uno – indipendentemente dal numero delle azioni che detiene o rappresenta. Concretamente significa che un soggetto o una banca, italiana o estera, potrebbero arrivare ad avere la maggioranza assoluta nella loro assemblea. E che le popolari, alcune delle quali sono in crisi e sono alla ricerca di nuovi capitali, potranno rientrare in processi di fusione o aggregazione esattamente come gli altri istituti di credito.
Gli istituti, nella stessa assemblea che varerà la trasformazione in Spa (quindi ancora con il voto capitario), potranno introdurre nello statuto un limite del 5 per cento all’esercizio del diritto di voto. Si tratta di una clausola difensiva che consente una tutela dal rischio di scalate. Il tetto introdotto con questa maggioranza sarà però limitato a un massimo di 24 mesi.
La legge non riguarda le banche cooperative né le banche popolari di piccole dimensioni, quelle cioè con un patrimonio inferiore agli 8 miliardi. Il sistema delle banche popolari conta 70 istituti: non sono coinvolte dalla riforma quindi 60 banche ma solo le prime 10 e cioè, dalla più grande alla più piccola: Banco Popolare, Ubi Banca, Banca Popolare dell’Emilia Romagna (Bper), Banca Popolare di Milano (Bpm), Banca Popolare di Vicenza, Vento Banca, Banca popolare di Sondrio, Credito Valtellinese (Creval), Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, Banca Popolare di Bari.
Tra le altre norme contenute nella legge c’è anche la portabilità dei conti correnti e dei depositi titoli, che dovrà avvenire entro 12 giorni e dovrà essere gratuita: sono previste multe da 5.160 euro a 64.555 euro per chi svolge «funzioni di amministrazione o di direzione, nonché dei dipendenti» che risultino inadempienti. Il provvedimento contiene infine delle misure per le piccole e medie imprese: definisce una nuova categoria, quella di Pmi «innovativa», e prevede che a queste aziende vengano estese le norme sulle start-up innovative. (fonte Confcommercio)