Può un festival incentivare -o addirittura- incrementare la lettura dei libri? Questo è l’auspicio degli organizzatori del Campania Libri Festival in programma dal 5 all’8 ottobre prossimo a Palazzo Reale a Napoli.
Eppure è assiomatico che la lettura ci proietta in dimensioni di spazi e di tempo differenti da quelli che viviamo. Personalmente ho il ricordo vivido e chiaro di sentimenti che non vivevo al momento, ma che erano descritti così bene nelle sensazioni e nei comportamenti dei protagonisti dei libri che leggevo, e poi, quando mi è capitato di viverli personalmente, tutto mi era più chiaro. Sapevo già quali alternative potevano presentarsi.
I libri mi hanno aiutato nella maturazione sentimentale. Ma più banalmente la lettura aumenta il patrimonio di informazioni e conoscenze di ciascuno, ci rende più critici, in definitiva più consapevoli.
Un libro che mi fulminò da bambino fu una storia dolce e insieme ricca di fantasia di cui non ricordo più il titolo; una favola che sapeva trasmettere il desiderio di rincontrarsi facendo misurare l’attesa in attimi di ricordi: era un libro abbastanza grande, pieno di illustrazioni.
Poi ricordo i grandi romanzi per adolescenti, come “I ragazzi della via Paal” e quelli fortemente caratterizzanti di un personaggio come Sandokan o del pirata Long John Silver di Stevenson.
Un libro è tante cose: uno scrigno di risposte, un confronto sempre aperto con un mondo lontano, un compagno di viaggio, una forma di apertura verso gli altri. E, in questi tempi frenetici e virtuali, un modo di presentarsi a un amico: quando regalo un libro è per svelare una parte di me a chi ancora non la conosce.
Io leggo molto. Joseph Roth e Hermann Hesse mi hanno davvero affascinato, sia per “Confessione di un assassino” che per “Siddharta”, come per gli altri romanzi, come pure J.D. Salinger.
Tra gli autori viventi mi affascina molto il mondo descritto nelle poesie di Franco Arminio, dolente ma combattivo. Tra i romanzi ho amato molto quelli di Marquez, Umberto Eco, Elsa Morante, Elena Ferrante, “Le otto montagne” di Paolo Cognetti, autori molto diversi.
Naturalmente l’assidua lettura cominciata sin dall’infanzia mi ha stimolato la scrittura, dapprima la saggistica poi un flebile tentativo nella narrativa poiché è ovvio che la lettura, di per sé, amplia il patrimonio lessicale, così da riuscire a individuare e definire meglio ogni sfumatura dell’oggetto di cui si narra. Ma ci sono anche storie letterarie che mi ispirano nella scrittura, come “Verdade tropical” dell’artista bahiano Caetano Veloso, che mi ha ispirato i miei due libri sulla musica popolare brasiliana. Letteratura e musica vanno a braccetto da sempre, tanto è vero che le forme poetiche spesso portano nomi riferiti alla musica: canto, cantica, sonetto.
La musica in tutti i tempi è stata veicolo di contenuti letterari, dall’opera dei trovatori alla lirica, fino a Bob Dylan, che non a caso ha ricevuto il Nobel per la letteratura. Credo la canzone possa essere definita una forma letteraria. Ovviamente devono coesistere intenzione, forma e contenuto. Potrà sembrare strano ma credo che certe canzoni potrebbero assomigliare a libri di impegno sociale e civile. Molti artisti interpretano così il loro lavoro. Non solo per le canzoni più “impegnate”. Anche una ballata d’amore ha in fondo un’ispirazione nel desiderio di giustizia e di uguaglianza, di felicità.
A tal uopo e in occasione del Festival del Libro e dell’Ascolto consiglio ai lettori di Ulisse on line l’ascolto di alcuni classici della musica, che non mentono mai: Fabrizio De Andrè, Piero Ciampi, Luigi Tenco, Leonard Cohen, Nick Drake, Joni Mitchell e, non ultimo, Bob Dylan.