scritto da Mariano Avagliano - 31 Gennaio 2018 14:43

Frammenti dal Chiostro del Bramante: “Enjoy: quando l’arte incontra il divertimento”

L’Arte, nelle sue diverse espressioni, si è sempre – o quasi – fatta portatrice di un messaggio, universale, di evasione, riflessione e svago, rispetto al fluire delle quotidianità. Il divertimento, inteso nella sua radice di “di – ver – tere” andare altrove, spostare il focus da un luogo mentale ad un altro, magari, auspicando, più sgombro, è sempre stato nelle sue corde.

La mostra romana “Enjoy: l’arte incontra il divertimento”, al Chiostro del Bramante fino al 25 febbraio, si articola tutta su questo concetto semplice quanto efficace. Gli artisti coinvolti nel percorso (Alexander Calder, Mat Collishaw, Jean Tinguely, Leandro Erlich, Tony Oursler, Ernesto Neto, Piero Fogliati, Michael Lin, Gino De Dominicis, Erwin Wurm, Hans Op de Beeck, Studio 65, Martin Creed, Ryan Gander, teamLab), presi in diversi momenti storici, con le loro opere di provocazione invitano lo spettatore a “giocare” con interpretazioni di colori, movimento e suoni.
Iniziamo con “The Centrifugal Soul” di Matt Collishaw. Un macchinario a ruota, appunto centrifugante, che si aziona e alla luce, sembra un semplice disco girevole con statuette di plastica di uccelli e fiori. Poi, con una lucina stroboscopica, al buio si avvia l’illusione o la re-interpretazione del reale, che dir si voglia. Il disco si trasforma in una vera scena, plasticosa comunque  ma suggestiva, di animaletti e piantine che si muovono ciclicamente, come per celebrare, o ironizzare, sulla meccanica dell’evoluzione.

Poi s’incappa nel labirinto di Leonardo Erlich. Interessante: tante stanzette fatte di specchi e tende di teatro, anzi camerini come per ironizzare sul palcoscenico in cui ciascuno ogni giorno gioca la sua parte, all’apparenza tutte uguali l’una all’altra. Eppure c’è qualcosa che va oltre. Alcuni camerini hanno una parte “vuota” che consente appunto di andare “altrove”, di attraversare il labirinto, di uscirne. Un senso semplice e profondo, come per dire guarda che, se ti avvicini e vedi bene con calma alcune strade che sembrano senza uscita alla fine l’uscita ce l’hanno eccome.

Tra le più suggestive, sul senso di ricerca di “Enjoy”, c’è la provocazione di Martin Creed con Work N° 1584. “Half the air in a given space”. Uilloc. Una stanza, quasi quadrata, e completamente bianca riempita di palloncini rossi quasi fino all’altezza della porta. Entrarci crea una sensazione strana. Di non sapere bene dove ci si trova (sarà pure per i palloni rossi che, sul bianco della stanza, assorbono tutta la sensibilità al colore). Dopo qualche respiro l’ilarità di fare burdell e giocare con i palloncini prende il sopravvento e, per un istante, è un poco come tornare bambino. Quando la soddisfazione di un gioco che ti piaceva creava come un solletico dietro la schiena.

Una cosa invisibile, come l’aria, diventa visibile, pesante, tangibile, grazie a un “gioco”, a un “divertimento”. Qui sta uno dei concetti chiave della mostra: tutto il percorso, in apparenza semplice a tratti addirittura banale, articola messaggi complessi di esistenzialismo sul significato dell’arte, oggi, e sul ruolo dell’artista.

Fuori pentagramma una nota: l’invito, eccessivo a tratti, agli spettatori a selfarsi per creare “one minute sculptures” stona un poco con l’armonia generale dell’Altrove.

Complice anche l’architettura ipnotica del Chiostro del Bramante, la mostra, nel Vortice che viviamo quotidianamente, offre una visuale antica ma efficace: quella di tornare a concepire l’arte, sempre in sintesi e in essenza, come messaggio con cui “andare altrove rimanendo qui”, uscire dagli schemi e dal flusso di ogni giorno per interpretare, immagini e sensazioni con colori, forme e sfondi completamente differenti.

Come una boccata d’aria.

Ha iniziato a scrivere poesie da adolescente, come per gioco con cui leggere, attraverso lenti differenti, il mondo che scorre. Ha studiato Scienze Politiche all’Università LUISS di Roma e dopo diverse esperienze professionali in Italie e all’estero (Stati Uniti, Marocco, Armenia), vive a Roma e lavora per ItaliaCamp, realtà impegnata nella promozione delle migliori esperienze di innovazione esistenti nel Paese, di cui è tra i fondatori. Appassionato di filosofia, autore di articoli e post, ha pubblicato le raccolte di poesie “Brivido Pensoso” (Edizioni Ripostes, 2003), “Esperienze di Vuoto” (AKEA Edizioni, 2017).

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