Cava de’ Tirreni, a colloquio con Mariano Mastuccino della compagnia teatrale Arcoscenico
Arcoscenico nasce come Associazione nel 2015. Tra i fondatori c’era un gruppo di persone che già precedentemente aveva avuto comuni esperienze di teatro e col tempo, crescendo, ha dato vita a questo progetto per avvicinarlo ad un sentire diverso che si era cominciato a formare negli anni
Mariano Mastuccino, classe ‘92, è laureato in Arti Visive, Musica e Spettacolo presso l’Università di Fisciano per poi conseguire il master in Formazione Teatrale presso l’Università Suor Orsola Benincasa. Scrive racconti, poesie, testi teatrali. Alcune di queste produzioni sono state inserite in antologie, blog, riviste online, oltre a vedere la luce sul palco, per quanto riguarda le drammaturgie, segnalate o premiate in alcuni casi all’interno di rassegne o concorsi per corti teatrali. Dal 2021 gestisce a Cava de’ Tirreni la libreria indipendente Centopagine, ideata e guidata da Eliana Calamiello.
Come è nata la compagnia Arcoscenico?
Arcoscenico nasce come Associazione nel 2015. Tra i fondatori c’era un gruppo di persone che già precedentemente aveva avuto comuni esperienze di teatro e col tempo, crescendo, ha dato vita a questo progetto per avvicinarlo ad un sentire diverso che si era cominciato a formare negli anni. Tra questi ci siamo noi “veterani”: Luigi Sinacori, attuale presidente e direttore artistico della Stagione che organizziamo ogni anno; Gianluca Pisapia, uno degli attori ma anche tesoriere e responsabile dell’area tecnica, e il sottoscritto, che oltre a dare il proprio apporto sul palco si occupa anche della scrittura di alcuni dei lavori che proponiamo.
Mettete in scena anche spettacoli inediti, con sceneggiature originali ed ideate da voi. Come nasce un’idea teatrale?
Per quanto mi riguarda nasce sempre dall’esigenza di raccontare una storia e delle emozioni che quella storia mi ha suscitato. Possono essere nate da una notizia al telegiornale, da una conversazione origliata al bar, da un avvenimento storico che mi ha colpito particolarmente. O, come spesso capita, da cenni biografici che però vengono traslati e modificati, anche traditi, per poi diventare un racconto originale. Le nostre drammaturgie sono sempre di stampo contemporaneo. Anche Luigi Sinacori, principalmente in realtà, propone i suoi testi. Nei nostri spettacoli si possono sempre ravvisare delle influenze provenienti dalla tradizione, però cerchiamo sempre di avere un linguaggio e un piglio moderni. Anche perché tra le nostre letture teatrali preferite spaziamo tanto, da De Filippo a Sarah Kane, passando per Pirandello, Mattia Torre, e Samuel Beckett, se vogliamo tracciare una linea che rappresenti plasticamente la trasversalità della nostra idea di teatro.
Non solo commedie ma anche spettacoli impegnati che toccano temi importanti della società contemporanea. Si tratta di una rarità da queste parti, è cosí?
Non saprei dire se si tratti di una rarità. Sicuramente in percentuale è molto più facile vedere in rassegne e Stagioni campane spettacoli di genere comico, farsesco, spesso anche collegabili ad una precisa tradizione, che a noi piace conoscere e alle volte anche vedere ma nella quale non ci riconosciamo troppo come teatranti. Però crediamo che il teatro fatto bene sia bello tutto, da scrivere da leggere e da vedere. Ed è per questo che proponiamo un po’ di tutto. Poi è vero che, alle volte, si possono far passare temi “impegnati”, come dici, anche con l’umorismo e la comicità. Quindi forse il genere non è l’unico discrimine. Vero è che trattare argomenti spinosi può essere difficile, anche per chi scrive e recita. Perché significa approfondire argomenti duri, entrare in storie dolorose, a volte. Però il teatro è un buon mezzo per trattarle, perché è come assistere ad un grande rito di terapia collettiva. Ecco, forse non c’è più grande abitudine ai riti che richiedano una partecipazione collettiva, anche emotiva, che non sia passiva. E quindi può darsi si preferisca proporre dell’intrattenimento puro che alleggerisca una serata. Ma a noi, se vogliamo semplificare, piace far ridere e anche riflettere.
A quale spettacolo sei maggiormente legato e perché?
Probabilmente a “Napoli tra arte e guerra”, un testo che abbiamo portato in scena per la prima volta nel 2017 adattato da Luigi a partire da alcuni brani di Moscato e da leggende contemporanee napoletane. Fu il primo testo “impegnato”, per riallacciarci alla domanda di prima, che strutturammo, forzando anche un po’ la mano su noi stessi che non eravamo abituati a certe atmosfere. Ma anche il primo testo in cui provammo ad uscire dalla “gabbia” della prosa, inserendo parti di racconto lirico, poetico, mescolando poemi classici e testi tradizionali, e facendoci accompagnare dalla musica dal vivo, oltre che da una coppia di ballerine e dalle loro coreografie. Cominciammo, insomma, a testare tutti gli elementi del teatro, che non si riducono alla parola, ma comprendono il corpo, la luce, il suono, la musica ecc.
Oltre a mettere in scena le vostre opere, Arcoscenico ha realizzato una rassegna teatrale invitando gruppi da zone limitrofe. Come sono stati selezionati?
È il secondo anno che riusciamo ad invitare compagnie da tutta la Regione. Non è facile perché la nostra Stagione è completamente autofinanziata e quindi sostenere tutte le spese può essere gravoso. Però ci teniamo perché forse (togliamo il forse) è l’unica occasione che ha la cittadinanza di vedere, in maniera stabile e continuata, compagnie diverse che difficilmente incontrerebbe a Cava. Le compagnie che invitiamo sono prima di tutte amiche: le abbiamo viste in scena, conosciamo i loro progetti, sappiamo che lavorano bene e soprattutto che riesco a completare un’offerta che possa allargare lo sguardo sui generi. Scegliamo anche realtà diverse tra loro e da noi, perché amiamo la complementarietà. Vogliamo dare un ventaglio di proposte quanto più ampio possibile.
Stando alla tua esperienza e alle tue percezioni, qual è la risposta dei cittadini cavesi verso il teatro?
Diciamo sempre che Cava non ha un “pubblico teatrale”. E questo, banalmente, perché non c’è un teatro pubblico, quindi uno spazio di riferimento. Possono esserci tante iniziative in questa o in quella sala teatrale, ma se non c’è uno sguardo d’insieme alla proposta culturale che si vuole dare alla città, resteranno sempre, purtroppo, lodevoli ma autoreferenziali. Ed è per questo che invitiamo tante compagnie, che occupiamo uno spazio teatrale per sei/sette mesi. Per questo proponiamo biglietti e abbonamenti a prezzi popolari, per avvicinare persone al teatro. In questi anni qualche piccola soddisfazione ce la siamo tolta. Abbiamo visto crescere un pubblico che viene a vederci perché sceglie di farlo, e torna domenica dopo domenica, dandoci fiducia. Questo è un piccolo passo. Ma non siamo ingenui e sappiamo che se non c’è un supporto pubblico (dalle amministrazioni, anche oltre il livello locale) sulla cultura e sul teatro, una grande partecipazione sarà difficile. Belle le iniziative private, ma bisogna sempre chiedersi: cui prodest? A chi giovano? A chi le finanzia, organizza, o alla collettività, alla cittadinanza? È per questo che serve uno spazio pubblico, accessibile (anche economicamente), funzionante, che non sia preda del profitto o di secondi fini.
Cosa può fare questa città per incentivare i gruppi teatrali come Arcoscenico?
La città in sé, fatta da cittadine e cittadini, può venirci a vedere. Banale, ma è così. Abbonarsi, magari, perché ci dà un’iniezione di fiducia e noi ci teniamo a ricambiarla. Vediamo spesso persone lamentarsi dell’assenza di iniziative, magari paragonandole ai grandi teatri comunali nelle città limitrofe. È giusto chiedere sempre il meglio (i grandi professionisti, i grandi nomi del teatro e della tv ecc.), ma è anche vero che questi nomi non sarebbero mai diventati tali se, da un piccolo teatrino di provincia, non fossero partiti con il sostegno del pubblico. E quindi invitiamo le persone che hanno a cuore il teatro a dare una chance non solo a noi, ma alla nostra proposta, alle compagnie che ci accompagnano. Per quanto riguarda la città nella sua veste amministrativa… beh, non saremo noi a fare i programmi della cultura alla politica. Ma basterebbe che il teatro comunale non avesse dei costi di accesso improponibili, che gli spazi da affittare per le associazioni non fossero ridotti al lumicino o troppo costosi e inutilizzabili, che le proposte delle associazioni non fossero continuamente ignorate o dimenticate. Può darsi che cominceremmo a vedere fiorire iniziative e fermento.
A dicembre comincerà una nuova stagione teatrale. Cosa ci aspetta?
Come già anticipato ci sarà una proposta molto ampia e variegata. Ad esempio ospiteremo i Saranno Vietresi, che propongo musical, o I Pappici, che proporranno un thriller. Per non parlare dei Dioscuri di Campagna che proporranno un testo di Antonio Petito che affonda le radici nella commedia dell’arte. E poi avremo anche altre due realtà cavesi, che sono tra le poche ostinate come noi a fare teatro a Cava: l’associazione Fuori Tempo “Teatro Luca Barba” di Geltrude Barba e la Cooperativa Lithodora diretta da Alessandra Ranucci. Arcoscenico proporrà tre spettacoli: il primo, una commedia inedita, “Agenzia Speranza” di Luigi Sinacori; “Jude- Una storia dal Fascismo” di Mariano Mastuccino; e un lavoro anche questo inedito su “Questi fantasmi!” di Eduardo De Filippo, a chiudere la Stagione.
Posso anche elencarti tutti gli spettacoli nel dettaglio:
– domenica 1 dicembre 2024 – Cooperativa Lithodora in “Cenerella” di Alessandra Ranucci.
– domenica 15 dicembre 2024 – Arcoscenico in “Agenzia Speranza” di Luigi Sinacori
– domenica 22 dicembre 2024 – Saranno Vietresi in “Nativity – Una favola di Natale” di Guido Mastroianni
– domenica 12 gennaio 2025 – Fuori Tempo – Teatro Luca Barba in “Ferdinando” di Annibale Ruccello
– domenica 26 gennaio 2025 – Arcoscenico in “Jude – Una storia dal fascismo” di Mariano Mastuccino
– domenica 9 febbraio 2025 – Zerottantuno in “È tornata zitella” di Francesco Pace
– domenica 23 febbraio – I Pappici in “Il gioco delle parti” di Rosa Sabetta
– domenica 9 marzo 2025 – Teatro dei Dioscuri in “ ‘Na campagnata ’e tre disperati” di Antonio Petito
– domenica 23 marzo 2025 – Compagnia Ellemmeti in “Il quadrato che non quadra” di Gianluca Papadia
– domenica 6 aprile 2025 – Samarcanda Teatro in “Da giovedì a giovedì” di Aldo De Benedetti
– domenica 18 maggio 2025 – Arcoscenico in “Questi fantasmi!” di Eduardo De Filippo