scritto da Pierpaolo Durante - 12 Giugno 2024 08:21

Berlinguer ti voglio bene: il film dimenticato

Il film fu girato in appena quaranta giorni e, pur vantando una fotografia di tutto rispetto, si avverte uno stile grezzo e gretto; proprio come i suoi protagonisti

L’anniversario della scomparsa di Berlinguer ha attivato il ricordo di un film dimenticato, passato per anni sottotraccia nell’underground cinematografico e poi riportato alla luce proprio nel marzo scorso su La7. Un evento più unico che raro visto che Berlinguer ti voglio bene non è mai andato in onda sul piccolo schermo.

L’opera rappresenta l’esordio da attore e co-sceneggiatore di Roberto Benigni per una pellicola che forse solo oggi gode di riconoscimenti, inaspettati per l’epoca.

Nel 1977, anno di uscita del film, nelle sale cinematografiche ci fu una pessima distribuzione di Berlinguer ti voglio bene. Non molti cinema italiani lo proiettarono e, laddove la proiezione avvenne, la risposta degli spettatori fu negativa. Come riferito da Benigni ospite da Augias, c’era la fila per uscire dalla sala e in un cinema di Milano il proprietario interruppe la proiezione dopo venti minuti promettendo il rimborso del biglietto.

Ma cos’ha di così esecrabile la pellicola?

Il film fu girato in appena quaranta giorni e, pur vantando una fotografia di tutto rispetto, si avverte uno stile grezzo e gretto; proprio come i suoi protagonisti.

Mario Cioni (Roberto Benigni) è un operaio che passa le giornate tra il cantiere e la casa del popolo, disquisisce su Berlinguer, sulla tanto agognata rivoluzione proletaria e sul sesso. Proprio la sessualità è il pilastro portante della pellicola; i protagonisti ne parlano tanto e lo fanno prosaicamente usando reiterati rimandi verbali alla sfera sessuale.

I personaggi scivolano continuamene nel turpiloquio in uno strettissimo accento toscano. Monumentale la scena in cui il Cioni, ricevendo la notizia falsa della morte della madre (con cui ha un rapporto edipico), si incammina verso casa borbottando, tra sé e sé, una serie infinita di oscenità senza senso per più di due minuti.

Il mondo di Mario crolla quando, per un debito di gioco, il suo amico Bozzone (Carlo Monni), pretende di passare una notte d’amore con sua madre (Alida Valli).

Il film tocca temi cruciali quali il sub-proletariato, la politica, una società legata a costumi opprimenti, la condizione femminile, Dio e la sessualità. Tutto condensato in uno stile grottesco ed esilarante, forse troppo avanti per l’epoca. Un film iperrealista, ritratto di un’Italia che era e dell’uomo che sempre è stato e sempre sarà.

Diplomato al liceo classico, successivamente ha continuato gli studi laureandosi in Scienze Politiche e relazioni internazionali presso l'Università degli Studi di Salerno. Appassionato di recitazione, amante della natura ed interessato ai fenomeni della subcultura del nostro tempo.

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