Sempre più frequentemente, fra gli accadimenti del mondo che gravita attorno alla Cultura, si verifica un dato che, a tutti gli effetti, può essere classificato come assiomatico, di una certa editoria definita di ‘nicchia’ che per qualità supera di gran lunga l’altra, conosciuta come di massa, spesso supportata dai detentori del potere economico e di quello politico.
Un’editoria, quest’ultima, che in virtù di tali privilegi riesce a catturare l’attenzione di un popolo che rincorre da sempre l’effimero, perdendosi nei meandri della vacuità e tralasciando pericolosamente i veri obiettivi della propria umanità. Uno dei tanti figli di questa editoria di ‘nicchia’ è la pregevolissima rivista “Arte&Carte”, sapientemente governata da quell’Antonio Filippetti ormai sin troppo noto alle cronache letterarie e critiche del nostro panorama giornalistico culturale, che ha saputo indirizzare il timone nell’arco di tempo di 25 anni senza mai subire una sbavatura o sbandamento comportamentale, sempre fedele ad una linea per così dire ‘utopica’ che rincorre da sempre la stessa finalità: la creatività nella sua accezione più totale della terminologia. Praticamente a 360°.
La celebrazione è avvenuta nei giorni scorsi all’Istituto Italiano Studi Filosofici alla presenza di giornalisti illustri e membri dell’Accademia della Crusca, e proseguirà nella prima metà di agosto all’Istituto Italiano di Cultura a Londra.
Come afferma lo stesso Filippetti, nell’essenziale quanto realistico editoriale, “secondo stime recenti una generazione si misura, ovvero si esaurisce, nell’arco di sei/otto anni, nel senso che passato questo periodo emergono stili di vita, interessi, scenari sociali e politici del tutto contrastanti rispetto agli anni immediatamente precedenti. Il che vuol dire che veniamo da lontano ma soprattutto che abbiamo condiviso in tempo abbastanza lungo da consentirci di stilare un bilancio storico”. Ma ciò che profondamente risulta impressionante, terribilmente profetico, in questo fervido attivismo di un quarto di secolo della rivista, è l’attualità delle tesi riportate in esse già nel momento del suo inizio, quando in quel lontano aprile del 1991 Filippetti decollava con un piano programmatico ben delineato ossia ‘la sfida dell’utopia’, una sfida contro un nemico costantemente in agguato che nel corso del tempo si è sempre più rafforzato grazie ad un progresso(regresso) tecnologico dell’informazione: l’omologazione aberrante e l’appiattimento delle coscienze. Ritornano più agguerriti che mai i due demoni della società globalizzata, quasi un ritorno all’oscurantismo fideistico di stampo medievale che ebbe una visione aristotelico-tolemaica, per la quale solo il mondo sublunare era soggetto a imperfezione e incompletezza, e che si scontrerà inevitabilmente con la scienza moderna di Galileo.
Il raffinato intento di “Arte&Carte” e dei suoi paladini, paragonato all’astronomo-filosofo pisano, sembrerebbe troppo alto, quasi irraggiungibile, tuttavia appare a ragion veduta ottimistico non foss’altro perché vuole rappresentare la spinta propulsiva verso lo stordimento dell’uomo, affinché questi, in un impeto di presa di coscienza del proprio effettivo ruolo sul pianeta e in uno sforzo associazionistico fra i propri simili, possa portare a reale compimento la sua grande avventura, quella dello spirito attraverso gli strumenti più alti a sua disposizione: l’Arte totale.