Vicenda Salis, meglio non buttarla in caciara
Un conto è salvaguardare i diritti che devono essere riconosciuti ad un detenuto e che, a quanto pare, nel caso di Ilaria Salis lasciano assai a desiderare. Altra cosa è intromettersi in un procedimento giudiziario. Peggio ancora se di uno Stato estero
Roberto Salis, il papà di Ilaria, la 39enne antifascista in carcere in Ungheria, polemizza contro il governo italiano, accusandolo in buona sostanza di non fare il necessario per la liberazione della figlia. Le autorità governative italiane, da parte loro, ribadiscono che non possono intromettersi in una decisione della magistratura ungherese, indipendente ed autonoma fino a prova contraria. Fermo restando «l’impegno del governo a far rispettare i diritti dei detenuti previsti dalle norme europee». Bene, un conto è salvaguardare i diritti che devono essere riconosciuti ad un detenuto e che, a quanto pare, nel caso di Ilaria Salis lasciano assai a desiderare. Altra cosa è intromettersi in un procedimento giudiziario. Peggio ancora se di uno Stato estero. E l’Ungheria, piaccia o meno, Orban o non Orban, è ancora uno stato di diritto e membro dell’Unione europea. La Salis è sotto giudizio in quanto ritenuta responsabile di un’aggressione violenta ad alcuni neonazisti. L’auspicio è che dimostri la propria innocenza. Alle nostre autorità il compito di garantirle la massima assistenza e soprattutto il rispetto della dignità della persona oltre che di detenuta. Punto. Inutile e dannoso buttarla in caciara.