L’Autonomia differenziata e il Paese che vorremmo
I timori che questo sia l'ennesimo "furto" legalizzato nei confronti del Mezzogiorno sono forti e restano intatti. Per queste ragioni, vorremmo vivere in un Paese più solidale e coeso
Ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha promulgato la riforma Calderoli. L’Autonomia differenziata con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale è quindi legge dello Stato. Mattarella non ha potuto fare diversamente. La legge dà attuazione alla riforma del Titolo V della Costituzione, modificato nel 2001 dal centrosinistra. Quello stesso centrosinistra che oggi grida all’attentato all’unità del Paese. Detto ciò, questa legge, con il marchio leghista, non ci convince affatto. I timori che questo sia l’ennesimo “furto” legalizzato nei confronti del Mezzogiorno sono forti e restano intatti. Per queste ragioni, vorremmo vivere in un Paese più solidale e coeso. Unito nel bisogno sebbene articolato nella più diffusa autonomia di governo delle realtà locali. Vorremmo un’Italia che non fosse espressione di egoismi territoriali e regionali. Un Belpaese dove parte della ricchezza prodotta al Nord finanziasse lo sviluppo del Sud. Per il bene comune, non per beneficenza. Vorremo, insomma, che il nostro Mezzogiorno non fosse una terra di conquista e neanche di sussidi, bensì destinatario di investimenti e di lavoro. Oddio, vorremmo anche un Sud governato da una classe dirigente migliore, più efficiente piuttosto che parassitaria, più attenta allo sviluppo che alle clientele, più accorta nella valorizzazione delle risorse che dedita al loro spreco. Tutto questo non sembra assicurarlo la legge sull’Autonomia differenziata. E, purtroppo, neanche da chi oggi, a torto o a ragione, la contrasta e si straccia le vesti.