La sera di Pasqua è stato trasmesso, sul primo canale della Rai-Tv, il film “Risorto”, uscito nelle sale cinematografiche nel 2016, di Kevin Reinolds, sessantaquattrenne regista statunitense, autore di opere di buon livello; il film, come i pochi altri che l’hanno preceduto, parla di una inchiesta sulla scomparsa del corpo di Cristo dalla sigillatissima e sorvegliatissima tomba nella quale era stato sepolto.
La resurrezione di Gesù Cristo è un mistero che affascina i credenti da venti secoli, e ogni volta che viene citata o celebrata rinnova la curiosità di tanti.
Su questa materia sono stati scritti fiumi di parole, infinità di trattati, difficili da leggere e approfondire; ma sono stati anche messi in scena drammi e girati film, non molti in verità, che non hanno sciolto i dubbi, ma che periodicamente li riaccendono.
Francisco Varo, decano della facoltà di Teologia dell’Università di Navarra (Spagna) qualche decennio fa ha compendiato, in uno scritto per l’Opus Dei, i vari passi delle Scritture che trattano l’argomento, ancora controverso dopo venti secoli, della resurrezione di Gesù Cristo, ricordando, fra l’altro, alcuni passi della Lettera ai Corinzi dell’Apostolo Paolo: “La Risurrezione del Signore è il fondamento della nostra fede, dato che attesta in modo incontestabile che Dio è intervenuto nella storia dell’uomo per salvare gli uomini; inoltre, garantisce la verità di quello che predica la chiesa su Dio, sulla divinità di Cristo e la salvezza degli uomini. Dice San Paolo: «se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede» (1 Cor 15, 17)”. E ancora: “Gli apostoli non poterono ingannarsi o inventare la risurrezione. Se il sepolcro di Cristo non fosse stato vuoto, non avrebbero potuto parlare della risurrezione di Gesù; inoltre, se il Signore non fosse apparso loro in varie occasioni e a tante persone, uomini e donne, molti discepoli di Cristo non l’avrebbero accettata, come accadde inizialmente all’apostolo Tommaso. Ancor meno essi avrebbero dato la vita per una menzogna. Come dice San Paolo, «se Cristo non è risuscitato, […] risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato Cristo, mentre non lo ha risuscitato» (1 Cor 15, 14-15).
Non ho remore o incertezze a professarmi un cristiano, credente e, nei limiti delle mie debolezze, anche praticante, ma nemmeno a professarmi un credente laico.
Probabilmente qualcuno certamente più ferrato di me in materia, leggendo queste mie note, sgranerà gli occhi e mi accuserà di blasfemia, e la cosa non potrà farmi piacere. Ma chi è costantemente alla ricerca della verità, non quella rivelata, della quale ho grande rispetto, ma quella derivante dalla propria convinzione basata sul personale raziocinio, non si spaventa di fronte alle critiche che potrebbero essergli rivolte.
Il fatto di essere cristiano e credente ma laico può sembrare un contraddizione, e probabilmente lo è perché sono cresciuto tra casa, chiesa, studio e negozio, rispettando e seguendo tutte le pratiche religiose personali (le preghiere almeno mattino e sera), famigliari (le preghiere a pranzo e cena, la recita del santo Rosario quando i genitori lo decidevano e gli impegni lo consentivano), e pubbliche (la Santa Messa tutte le domeniche e le feste comandate, la partecipazione a tutte le cerimonie religiose in occasione delle festività più e meno importanti, la “tredicina” di Sant’Antonio, le celebrazioni in onore del Poverello d’Assisi, i riti quotidiani del mese di maggio dedicato alla Santa Vergine Maria, la pratica della Via-Crucis nelle settimane che seguivano la Quaresima e precedevano la santa Pasqua, e tantissime altre).
Insomma la fanciullezza, l’adolescenza e l’inizio della giovinezza le ho trascorse tra casa, scuola, negozio e chiesa.
E’ ovvio che, cresciuto a pane e religione, mi sono formato in chiesa, e l’Associazione cattolica è stata la mia seconda casa e la fucina della mia coscienza religiosa. Molte cose allora non mi erano chiare, con gli anni e gli studi parecchio mi è divenuto giustificabile, ma qualcuna è rimasta nebulosa e misteriosa, come alcuni misteri che sono rimasti tali ancora oggi, a partire dalla verginità di Maria, per finire al mistero della resurrezione di Gesù Cristo.
C’è tanto di umano, di antico e di contemporaneo in questi avvenimenti, indipendentemente dai misteri che li distinguono, laddove si pensi, ad esempio, alla nascita di Cristo avvenuta in una stalla per indisponibilità degli “alberghi”, o alla fuga in Egitto per sottrarre il pargoletto alle persecuzione di Erode che portò alla strage degli innocenti; avvenimenti che ci fanno balzare subito alla memoria le odierne tragedie dei migranti costretti a mettersi in salvo da guerre, carestie e violenze, che affrontano, come allora, il deserto, poi i campi di concentramento, poi le traversate in mare e tanto spesso la morte.
Di tutto ciò mi faccio una ragione, l’umanità ha sempre dovuto mettersi in salvo dai pericoli, da secoli scappa da tante cose, probabilmente la attendono altrettanti secoli di disagi, tragedie e fughe.
E anche della passione di Cristo, mi faccio una ragione: secondo la religione Gesù Cristo doveva essere sacrificato perché il genere umano fosse mondato dal peccato, cosa che richiedeva il sacrificio di un agnello per placare Dio irritato dai peccati degli uomini; per me, che non sono del tutto convinto che il Padre Eterno fosse tanto arrabbiato e contemporaneamente tanto amorevole da sacrificare suo figlio per redimere gli uomini, c’è anche una spiegazione più razionale, contrastante con le scritture, quella del “rivoluzionario” che il popolo palestinese attendeva per scrollarsi di dosso il peso e le prepotenze dei romani conquistatori; ma Gesù Cristo aveva “commesso l’errore” di essere rivoluzionario nel senso atipico del termine, e cioè non il condottiero di una popolazione guidata alla ribellione e alla rivoluzione contro l’esercito invasore, da scacciare con le armi e sui campi di battaglia, ma piuttosto come il rivoluzionario di una specie prima di allora sconosciuta, e della quale numerosi esempi ci sarebbero stati nei secoli successivi (Gandhi, ad esempio): una specie che fa la rivoluzione prima nelle coscienze delle persone, con la consapevolezza che ogni battaglia con le armi la si può vincere, ma poi anche perdere, e tale tipo di ribellione probabilmente non porterà mai ad un risultato definitivo se prima non si saranno formate le coscienze dei singoli, da educare ad un percorso diverso basato sul riscatto prima morale e poi sociale delle genti.
Il popolo ebraico non capì tutto questo, ma lo avevano capito bene gli invasori e oppressori romani; essi avevano intuito il pericolo che un tale rivoluzionario rappresentava per il loro Impero, che si basava sulla potenza militare e sulla schiavitù dei diversi; concetti come pace, fratellanza, pari dignità, pronunciati da Cristo, minavano quella potenza fondata su regole opposte, e quindi Cristo era il vero pericolo da distruggere, e distruggere insieme a lui tutti coloro che, convinti dai suoi insegnamenti, potessero metterli in pratica convincendo le popolazioni.
E fino a questo punto siamo alla razionalità.
Ma nella passione e morte di Cristo che noi conosciamo, come per il suo concepimento, la razionalità si ferma ad un certo punto e stenta ad andare avanti, almeno per chi, come il sottoscritto, vorrebbe valutare gli avvenimenti in maniera umanamente comprensibile.
E, almeno per quanto riguarda la passione, morte e resurrezione di Cristo, la razionalità si ferma alla sepoltura.
E dopo, cos’è accaduto? E da duemila anni che ci si interroga su ciò.
Ed è per il perdurare di questi misteri che mi ritengo un laico, reo di non accettare, come dovrebbe un buon cattolico e cristiano, le conclusioni alle quali è giunta la Chiesa, sia sulla verginità e la concezione della Vergine Maria, sia sulla resurrezione e ascensione in cielo di suo figlio Gesù.
Com’è possibile che il cadavere di un uomo, morto in conseguenza del supplizio della crocifissione, possa resuscitare e scomparire per poi ricomparire e poi scomparire nuovamente? E’ una diavoleria che va chiarita, dicevano i conquistatori romani, sobillati dai palestinesi nemici di Cristo, i quali sapevano, per averlo appreso dalla stessa sua voce, che sarebbe morto, sarebbe disceso agli inferi, ma dopo tre giorni sarebbe risorto. Era giustificata la convinzione di costoro che il corpo del morto sarebbe stato trafugato dalla tomba ad opera dei suoi discepoli per dimostrare ciò che aveva profetizzato Cristo, e per questo avevano preteso che venisse seppellito in una tomba a prova di ladri e sorvegliatissima.
Ma nessuno di essi avrebbe potuto immaginare quello che sarebbe effettivamente accaduto, vale a dire la resurrezione.
Ma qui sta il punto: è stata una vera resurrezione?
E a questo interrogativo, che ancora ci assilla, i romani e i giudei volevano dare una risposta, e assegnarono, secondo la scarna filmografia esistente, ultimo l’opera di Kevin Reinolds, il compito di indagare ad un Tribuno romano veramente esistito, Tito Valerio Tauro, per stabilire cosa fosse veramente accaduto e dove fosse il corpo del crocefisso, e smentire quanto i suoi discepoli proclamavano.
Tantissimi sono stati i film che hanno raccontato la vita di Gesù, ma scarna è la filmografia che riguarda questo aspetto particolare e il relativo approfondimento della “scomparsa” del corpo dalla tomba.
Prima di Reinolds, nell’anno 1986 il regista italiano Damiano Damiani si era cimentato in un film analogo, dal titolo “L’ìnchiesta”, che, mio avviso, è di gran lunga superiore a quello di Reinolds, specialmente per una più rigorosa concordanza degli avvenimenti descritti con le Scritture, oltre che per l’efficacia della messa in scena e della interpretazione.
Le opere cinematografiche più rigorose sulle ultime ore della vita del Cristo, processo, condanna, supplizio, morte, sepoltura e resurrezione siano state veramente poche, prima fra tutte “La passione di Cristo” di Mel Gibson del 2004, che fu sconvolgente per la crudezza della passione e della morte di Cristo; chi lo ha visto non potrà mai dimenticare la violenza delle torture, che qualcuno ha definito “pornografia del dolore”, e tanti accusarono il regista Gibson di aver esagerato. Ma Giovanni Paolo II, al quale il film venne fatto vedere nel corso di una proiezione in anteprima, sembra avesse commentato “It is as it was” (“il film è come fu la passione”), affermazione più volte smentita dai suoi collaboratori.
Il film di Mel Gibson è un “unicum”, ma diciotto anni prima era stato girato un altro film sul processo e la condanna di Cristo, scritto, sceneggiato e diretto da Luigi Magni, il regista “mangia-preti”, un film umanissimo anche grazie alla bravura di tutti gli attori, primo fra tutti Nino Manfredi nel ruolo di Ponzio Pilato, ma anche di Stefania Sandrelli, Lando Buzzanca, Mario Scaccia, Flavio Bucci, e altri meno noti; con l’affascinante colonna sonora di Angelo Branduardi.
Il film di Luigi Magni si concentra sui dubbi e i rimorsi di Ponzio Pilato per non aver saputo trovare la strada per non condannare a morte Gesù Cristo, come gli aveva raccomandato anche la moglie Claudia, la cui resurrezione, della quale Pilato si convince dopo aver inutilmente fatto cercare il corpo, gli fa prendere coscienza dell’errore commesso al punto che, preso dal rimorso, chiede all’Imperatore Tiberio di essere messo a morte; sembra che Tiberio lo abbia accontentato.
Ma il migliore film sull’argomento è certamente quello girato nel 1986, esattamente trentatré anni or sono (aveva 33.anni Cristo quando fu crocifisso!) da Damiano Damiani con il titolo “L’Inchiesta”; un film di spessore, realizzato su una idea di Ennio Flaiano che, insieme a Suso Cecchi D’Amico, ne scrisse anche il soggetto, e che, nonostante pareri contrastanti dei critici, riscosse molto successo anche per il cast degli interpreti: tra essi Keith Carradine (Tito Valerio Tauro), Harvey Keitel (Ponzio Pilato), Lina Sastri (Maria Maddaleda), Phyllis Logan (Claudia Procula), per citare solo i più noti; tra essi anche un inedito Francesco Carnelutti, il celebre giurista. Il film vinse anche diversi premi, dal David di Donatello e Nastro d’Argento a Lina Sastri, al premio Alitalia per la sceneggiatura, al Nastro d’argento assegnato agli autori del testo e alla colonna sonora di Riz Ortolani,
Le indagini svolte dal Tribuno Vario non approdarono a nulla, e anche in questo film il protagonista, deluso dalla inutilità della missione svolta e convinto che effettivamente il Cristo, del quale non aveva trovato il corpo, era risorto e, pertanto, era veramente figlio di Dio, ma ancora pieno di dubbi sulla possibilità che un uomo potesse risorgere, non trovò di meglio che farsi trafiggere dal gladio di un soldato.
E così torniamo al punto di partenza: probabilmente non sono mai stato, e non lo sono tutt’ora, un buon cristiano perché ancora non riesco ad accettare questi misteri di fede, e probabilmente ha ragione il mio amico e parente il quale si ostina, lui ateo, a farmi la predica ricordandomi che la fede è un dono e che solo accettandolo si possono accettare senza eccessivi e cervellotici interrogativi tutti i decreti, le decisioni, le verità, i dogmi che la Chiesa ha proclamato: che debbono essere accettati, quindi, come verità di fede.
Complimenti per l’articolo, ricco di opportune riflessioni… Sulla questione più importante, la resurrezione, penso ad un altro episodio dei Vangeli, quello della trasfigurazione: si può ipotizzare il “passaggio” ad un’altra dimensione, in cui dovremo tutti avere (si spera) un “corpo” eterno, non soggetto al tempo, con il pieno delle potenzialità che oggi la vita terrena ci limita…. In un certo senso, anche molte descrizioni di persone che hanno vissuto esperienze “pre morte” sembrerebbero andare in questa direzione…
Dom. 28.04.2019 – Dal Vangelo di Giovanni. 19 La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 20 Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21 Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi». 22 Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; 23 a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».
24 Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25 Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò».
26 Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 27 Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». 28 Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29 Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».
30 Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. 31 Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.