Vittorio Feltri contro la Corte di Cassazione
ìTutti conoscono la lingua e lo stile pungente del giornalista Vittorio Feltri, un giornalista che è stato, e lo è ancora, sempre sulla cresta dell’onda, sia per l’arguzia dei suoi pensieri e dei suoi scritti, sia perché non si è fatto mai condizionare da chicchessia.
Si può pensare cosa si vuole di questo personaggio, molte volte scomodo, ma bisogna riconoscergli una libertà di pensiero che non è da tutti.
Molto spesso, anzi il più delle volte, Vittorio Feltri è irritante, ma un commentatore politico che non lo è deve cambiare mestiere: preferiamo un collega irritante e controcorrente ad un collega appiattito sulle verità diffuse dal potere; ovviamente con le dovute eccezioni, considerando che Feltri è comunque schierato a favore di una certa parte politica, alla quale egli comunque non lesina critiche e fendenti.
Feltri ha fondato il quotidiano “Libero” nel 2000, ma in precedenza ha fondato tanti altri giornali, sempre di destra, e spesso, per il suo carattere mordace e indipendente, è stato cacciato o se n’è andato di sua spontanea volontà, sbattendo non poche porte alle sue spalle, lasciandoli a uno stuolo di collaboratori, tutti di fede destrorsa, che alternativamente lo rimpiazzano: molti non sono alla sua altezza, ma si sa, non tutti possono essere dei fuoriclasse.
Negli ultimi giorni Vittorio Feltri è stato sulle prime pagine dei giornali per un’aspra polemica innescata da una sentenza che la Corte di Cassazione ha emesso e che egli ha aspramente criticato: buon sangue non mente, buona lingua e buona penna nemmeno.
Vediamo cos’è accaduto.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affermato che il termine “clandestino” costituisce una “molestia discriminatoria” contro i richiedenti asilo.
yyyyyyyyyyuMa la vicenda è partita a gennaio 2018 allorquando Andrea Manfrin, Giornalista pubblicista e Consigliere comunale di Aosta (oggi è Consigliere regionale) venne sospeso dall’Ordine dei Giornalisti della città per aver pubblicato su Facebook un post con relativa fotografia di un uomo di colore definendolo “risorsa boldriniana”.
Manfrin si oppose alla sospensione e dopo vari gradi di giudizio si è pronunciata la Corte di Cassazione che recentemente ha confermato il rigetto del ricorso del Manfrin perché la decisione disciplinare si fonda su un’ipotesi di violazione dell’articolo 2 della legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti.
La Cassazione quindi ha confermato che l’utilizzo dell’aforisma “risorsa boldriniana”, alias “clandestino”, riferito ai richiedenti asilo, costituisce una “molestia discriminatoria”.
Qui è entrato in scena Vittorio Feltri il quale ha respinto categoricamente la sentenza della Corte: l’ex direttore di Libero ha commentato l’accaduto assicurando che non smetterà mai usare il termine “clandestino”.
“Non esiste alcuna norma, spiega Feltri, che autorizzi i cittadini di altri Paesi a mettersi in mare per trasferirsi in Italia, addirittura senza documenti. Di contro, semmai esiste il reato di clandestinità, cioè il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, ed esistono altresì i clandestini, che dalle nostre parti sono parecchi”.
“È grave sintomo di superficialità, ha aggiunto Feltri, guerreggiare contro le parole. Ed è disonesto strumentalizzarle per sguazzare in vittimismo bieco ed inutile, atteggiamento che appare molto in voga negli ultimi anni, o per compiere attacchi ideologici nei confronti di chi non riusciamo a digerire”.
“Coloro i quali adoperano la parola ‘clandestino’, ha dichiarato Vittorio Feltri, possono farlo perché si tratta di un termine prettamente giuridico, siano per ciò stesso fascisti, razzisti, estremisti di destra, ignoranti e incivili”.
Perché ci siamo soffermati su questa questione?
Perché qualche giorno fa, trattando la vicenda del Generale Vannacci, nell’articolo “I Personaggetti” (vedi Link https://www.ulisseonline.it/controluce/i-personagetti/), ci siamo soffermati sulla complessa questione della libertà di pensiero e di espressione ai sensi dell’art. 21 della Costituzione, in base al quale “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione, la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”, criticando, però, quanto affermato dal Generale Vannacci in quanto, per l’alto incarico che ricopre, non avrebbe dovuto scrivere ciò che ha scritto.
Ma Feltri non è Vannacci, Feltri è un giornalista e polemista che, in quanto tale, può esprimere, a nostro parere, il suo punto di vista, perché slegato da qualsiasi obbligo istituzionale, al contrario del Vannacci, che con ciò che ha scritto ha, a pare di chi scrive, disonorato la divisa che ancora indossa.