Frasi come “Sono stato un numero”, oppure “Non ero più un bambino, ero un ebreo”, dette da Alberto Sed, l’ultima vittima dell’olocausto, deceduto a Roma il 2 novembre scorso, non possono non spezzare il cuore, e invitano a meditare sulle conseguenze della follia umana, e in particolare di coloro che si arrogano il diritto di decidere della vita e della morte di altri esseri umani, com’è stato nel recente passato per la Germania nazista di Hitler e, sia pure in maniera più mitigata, per l’Italia fascista di Mussolini.
E fa accapponare la pelle vedere come ancora oggi vi siano persone, che si definiscono esseri umani, anche se di umano non hanno purtroppo niente, si esprimano nei confronti degli altri, dei diversi, com’è avvenuto a Lucca qualche giorno fa, allorquando un gruppo di ragazzi, fanatici estremisti nazi-fascisti, vestiti da nazisti, con la fascia con la svastica al braccio, con bandiere con croci celtiche, e guidando un finto carro armato, ha inneggiato ai campi di sterminio tanto tristemente famosi, ideati e utilizzati da analoghi fanatici dell’epoca per effettuare quella pulizia etnica in nome della quale milioni di ebrei, polacchi, rom e “diversi” hanno perso la vita.
E’ purtroppo banale esprimere ancora la deplorazione per queste scene, per tali manifestazioni di intolleranza, per gli insulti che ancora vengono profferiti contro gli ebrei, come quelli nei confronti di Liliana Segre, anche lei vittima delle leggi raziali nazi-fasciste, che pure ha conosciuto gli orrori dei campi di sterminio, e che fortunatamente è ad essi sopravvissuta e anch’essa ha speso la sua vita per testimoniare quegli orrori, e continua a farlo, e che per questo viene continuamente attaccata, insolentita, minacciata, com’è avvenuta nei giorni scorsi in maniera molto violenta anche sui “social”.
Entrambi, Liliana Segre e Alberto Sed, prima di dedicare la loro vita a testimoniare quegli orrori, hanno dovuto attendere decenni, e non tanto per attendere il momento opportuno, ma per metabolizzare le violenze subite ed alle quali avevano assistito: ad Alberto Sed sono occorsi circa cinquant’anni prima di riuscire a raccontare quello che aveva visto e patito.
E’ comunque sintomatico che questo “ritorno di fiamma” razzista, sia emerso con grande violenza negli ultimi due anni, come pure è sintomatico che gruppi dichiaratamente estremisti, ad esempio, Casa Paund, siano emersi e addirittura si siano candidati ad elezioni, forti di accondiscendenze, se non di veri e propri appoggi, da parte di esponenti di partiti di governo, come ad esempio la rediviva Lega che Salvini ha resuscitato portandola a diventare, secondo gli ultimi risultati elettorali e i sondaggi, il primo partito italiano.
Ha bene espresso questo concetto, qualche sera fa in una trasmissione televisiva, Lilli Gruber, la quale ha individuato proprio nell’atteggiamento e nel linguaggio di Matteo Salvini la causa dello sdoganamento di questo resuscitato razzismo che, incurante anche della nostra Costituzione, che Salvini ha messo sotto i piedi così come ha fatto con il Vangelo, lo sta premiando dal punto di vista elettorale, segno che nel paese, sebbene in passato sopiti, albergano ancora in tanti cittadini tali abietti sentimenti. E non conforta il fatto che i giovani, non avendo conosciuto gli orrori della guerra, facilmente si lascino trascinare verso tali estremismi, segno che né la società, né la famiglia, né la scuola hanno loro insegnato la storia recente.
Ma a Lucca è capitato anche un episodio che fa riflettere, vale a dire la reazione di un cittadino che ha avuto il coraggio di esprimere il suo sdegno per la manifestazione inscenata dai giovani simpatizzanti nazi-fascisti: ovviamente il suo gesto non ha impedito che la cosa proseguisse, ma comunque è stato la dimostrazione che c’è ancora chi ricorda e non tace.
“Vergognatevi – ha urlato – il nazismo non è un gioco, e questa è apologia del nazismo, che è vietata”.
Questi episodi e la indegna campagna contro Liliana Segre non possono essere sottovalutati. Ci fanno riflettere sul clima che si respira nel Paese, e ci ricordano che non si può e non si deve abbassare la guardia, costi quel che costi.
4.11.2019 – By Nino Maiorino – La fotografia che introduce questo articolo è ben conosciuta in quanto ritrae l’ingresso del campo di sterminio di Auschwitz: ma una cosa è vedere questo luogo in foto, altra è vederlo personalmente, attraversarlo per entrare in quel sito di orrore che, una volta visto, non ti lascia più, ti rimane appiccicato alla memoria e ti fa continuamente riflettere di quali delitti un uomo o un popolo possono macchiarsi. Io ci sono stato, l’ho attraversato, ho visto i forni, le catapecchie nelle quali dormivano ammucchiati i condannati ai lavori più duri e umilianti che, quando poi non erano più in condizione fisica di farli, venivano avviati ai forni. E a distanza di tanti decenni sembra che ancora nell’aria si senta l’odore acre dei fumi che venivano fuori dalle ciminiere che bruciavano i corpi. Un orrore senza fine, i giovani debbono essere condottii a visitare quei luoghi per rendersi conto di cosa sia la crudeltà degli uomini.