A tutti, diciamocelo dai, prima o poi sarà capitato di osannare o vituperare un Grande, un Protagonista, un personaggio che abbiamo sempre considerato come “intoccabile” per un rilievo assoluto che gli abbiamo tributato, o altri l’han fatto e noi li abbiam seguiti, per una sua creazione letteraria o di pensiero che essa sia.
Poi alla fine celebrazione e vituperio sono, in fondo in fondo, quasi la stessa cosa. Perché possiamo poi odiare solo chi, alla fine, amiamo. Perché fa parte del nostro essere “umani”, non possiamo amare una cosa alla follia altrimenti perderemmo senno e pacienza: e quindi per “abbassarla” di tono, dovremmo prima o poi, saggiamente anche odiarla.
Ci ho pensato dopo essermi imbattuto, anzi, dopo aver sbattuto contro un libro sconosciuto. Poggiato llà, tra gli acquisti fatti chissaquando e chissadove su qualche mercatino. Credo. All’improvviso salta fuori: “Venerati Maestri” di Edmondo Berselli è un libro di qualche anno fa ma, sincero, ancora attuale. Molto.
Berselli, conoscitore delle dinamiche culturali del nostro tempo e, soprattutto del nostro Paese, compie un frizzante viaggio, grazie anche, fortuna sua, a una penna pungente e divertente.
Si parte da una panoramica, da ridere, sugli usi e italici costumi culturali della prima e seconda repubblica zompettando da un “intoccabile”, ritenuto tale anche grazie alla rispettiva “captatio” nei confronti di pubblico ed editore, all’altro. Senza distinzione e senza nessuna pietà tutti vengo passati sotto la sferzante logica distintiva che Berselli propone: quella tra “la Bella Promessa”, il “Solito Stronzo” e il “Venerato Maestro”.
Perché ve ne parlo?
Aldilà dei ritratti e dello stile, con cui puoi essere o meno d’accordo, la cosa divertente è che “Venerati Maestri: operetta immorale sugli intelligenti d’Italia” offre alcune scene, oggi ancora attuali: dall’aridità di alcuni salottini culturali, al narcisismo profondo di grandi firme della stampa nazionale, agli uomini e alle donne di corte dei Potenti di turno.
Alla fine, sto libro mi regala la solita immagine del mio Paese: un Paese strano, in cui alcune cose vanno al contrario e altre si muovono a velocità supersonica, meglio di chiunque altro. Culturalmente imprevedibile, fatto di pancia, poesie e immenso ingegno. In cui ci piace parlare, sempre e sempre, bene e male, di tutto e tutti. Pure se si tratta del Presidente della Repubblica. Pure se la Nazionale vince i Mondiali: a proposito, ecco, un Paese che amo pure se, mannagg a mort, quest’anno non siamo ai mondiali.