Introduzione e regole
Due sono le considerazioni preliminari da fare.
La prima è che le nostre abitazioni sono piene, forse zeppe, di prodotti che spesso non usiamo, perché dismessi o che non ci soddisfano più.
La seconda è che buona parte della popolazione è collegata a internet e utilizza il web anche per acquisti.
Il successo di Amazon, o piattaforme simili, dipende proprio da questo, e probabilmente per tale motivo tali piattaforme, in virtù delle regole della legge sulla domanda-offerta, spesso alzano i prezzi perdendo competitività.
Noi che seguiamo, per dovere di cronaca, anche le offerte di Amazon, ci siamo resi conto che questa piattaforma ha alzato notevolmente i prezzi di molti prodotti.
Conciliando le due esigenze di alleggerire le abitazioni e cercare di guadagnare vendendo ciò che non si usa più, sono sorti nel tempo numerosi siti attraverso i quali entrano in contatto venditori e compratori di prodotti usati; una specie di economia circolare fai-da-te, o meglio una virtuosa abitudine di dare ad altri ciò che a noi non serve più, con il doppio effetto di guadagnarci e far risparmiare gli acquirenti.
Nella maggior parte dei casi anche per queste esigenze vengono usati gli smartphone, che offrono quasi le stesse possibilità e garanzie dei pc.
Fatta questa premessa, sulla base di una indagine pubblicata qualche giorno fa dal blog economico Money.it, andiamo a vedere quali sono i più importanti siti da usare e quali sono le loro caratteristiche
Ma prima di ogni altra cosa occupiamoci dell’aspetto legale e fiscale di tale commercio, per evitare di incorrere in violazioni.
Ma come ci si deve comportare poi sui soldi che si ricevono? Le vendite su internet vanno dichiarate al Fisco?
La differenza sta nella tipologia di attività che si intraprende nel vendere.
Nel dettaglio, le vendite dell’usato non vanno dichiarate, quindi non sempre quando si vende su internet è necessario pagare le tasse.
Vediamo la differenza tra la vendita di oggetti nuovi e usati e quando è necessario dichiarare i guadagni.
Le vendite dell’usato non vanno dichiarate, a meno che non siano fatte da venditori abituali i quali sono obbligati agli adempimenti della normativa Iva (partita Iva, registri e quant’altro).
Quindi le vendite di oggetti usati non vanno dichiarate: se si vendono abiti usati che non si utilizzano più, una vecchia collezione di fumetti, libri rinvenuti in cantina, si rientra nelle vendite occasionali, anche perché, i propri oggetti usati, prima o poi, finiscono e non possono costituire in ogni caso un’attività abituale.
C’è poi chi vende come hobby, non una tantum ma una volta ogni tanto, sporadicamente, ma non abitualmente.
Ma se si vendono cose, nuove o usate, in maniera abituale si configura una vera e propria attività di impresa, con i relativi vincoli fiscali.
Quelle che andiamo ad elencare sono quattro categorie di venditori per le quali si applica un differente regime fiscale da esaminare di caso in caso.
1-Vendita di propri oggetti usati una tantum
Per il venditore che utilizza le piattaforme una volta tanto per disfarsi di oggetti che non utilizza più, non ci sono formalità da adempiere a livello fiscale, né prima della vendita né sul guadagno; i propri oggetti usati possono essere venduti liberamente sia online che in qualsiasi negozio dell’usato fisico.
Quello che si incassa da questa tipologia di vendita non va dichiarato al Fisco e, di conseguenza, non si è tenuti a nessuno adempimento; e questo a prescindere dall’importo che si ricava dalle vendite, anche se questo è “importante”, perché a contare è la tipologia di vendita episodica ed isolata.
2-Venditori per hobby su internet, quali adempimenti
In questo caso se si decide di vendere continuativamente oggetti usati le cose cambiano.
Le vendite, anche se sporadiche non sono una tantum perché, magari, nel tempo si ripetono, anche se non spesso ma con una certa frequenza.
In questo caso si configurano vendite occasionali e si rientra nella tassazione prevista per i “redditi diversi”.
Gli incassi ottenuti andranno indicati nella dichiarazione dei redditi quali “redditi diversi” e andranno assoggettati all’Irpef perché costituiscono attività commerciale non esercitata abitualmente.
Gli incassi vanno tassati al netto delle spese sostenute per il loro acquisto o la loro produzione se si è in grado di produrre tutta la documentazione che le attesti.
Le spese dei costi di vendita sono quelle di spedizione e l’eventuale spesa sostenuta per l’acquisto dell’oggetto: a essere tassato, quindi, sarà il solo guadagno.
In questo caso non è richiesta apertura di partita Iva e non sono richiesti altri adempimenti.
3-Venditori abituali, quali tasse
Ma se si tratta di vendite abituali la musica cambia.
In questo caso si configura attività commerciale o imprenditoriale ed è necessaria l’apertura della partita Iva e la iscrizione al regime previdenziale previsto per il tipo di partita Iva che si apre.
E non solo: si dovranno pagare anche imposte dirette come Irpef, Ires e Irap oltre all’Iva, a meno che non si scelga il regime forfettario che prevede solo un’imposta sostitutiva.
Si è obbligati, inoltre, ad emettere fattura o ricevuta fiscale per ogni vendita, che poi, sarà trattata fiscalmente come tale.
4-Per le creazioni artigianali cosa cambia
Se si vendono prodotti realizzati artigianalmente con le proprie mani i criteri sono gli stessi. Le valutazioni vanno fatte sulla frequenza con cui si vende. Se le vendite sono sporadiche la tassazione sarà come “redditi diversi”, se le vendite sono abituali, servirà l’apertura della partita Iva come artigiano e l’iscrizione alla cassa previdenziale degli artigiani e commercianti.
Per i siti e le piattaforme di tali vendite vi riserviamo, per non tediare ulteriormente i lettori, di parlarne in un successivo articolo. (1 – segue)