La sua furia omicida è stata impareggiabile
Donato Bilancia nasce a Potenza nel 1951, un anno e mezzo dopo il fratello Michele, in una famiglia piccolo borghese che dopo pochi anni si trasferisce a Genova.
L’infanzia è infelice, segnata da ripetute umiliazioni.
Soffre di enuresi notturna e si vergogna che ogni mattina la madre esponga sul ballatoio il suo materasso bagnato per farlo asciugare, mostrandolo ai vicini, tra cui due ragazzine coetanee.
Inoltre, il padre ha l’abitudine, quando Donato ha meno di 10 anni, di spogliarlo davanti a tre cuginette e di deriderlo per il suo pene infantile.
A scuola va male, tanto che ripete per tre volte la terza media.
Da ragazzo ben presto preferisce dedicarsi ai furti.
Viene arrestato più volte e trascorre alcuni mesi in carcere, per poi diventare un incallito giocatore d’azzardo.
Nel 1987 il fratello Michele va alla stazione di Genova Pegli e tenendo in braccio il figlioletto Davide di 4 anni si getta sotto un treno.
La recente separazione dalla moglie, che proprio quella mattina ha chiesto ai giudici l’affidamento del figlio, ha gettato Michele nella disperazione.
La tragedia segna profondamente Donato Bilancia, che amava il nipotino con il quale passava le domeniche pomeriggio.
Il suo odio verso le donne diventa incontenibile.
Cosa lo frena dal compiere gli insani gesti? L’amico Maurizio, tenutario della bisca a Pieve Ligure in cui è solito giocare.
Ma nel 1997, mentre sta andando in bagno in una pausa dal gioco, lo sente dire a un altro amico, Giorgio: “Hai visto che sono riuscito ad agganciare il belinone” (lo stupidotto).
In quel momento Donato sta perdendo una cifra da capogiro e capisce di essere vittima di un gioco truccato. Ora si sente davvero l’uomo più solo della Terra.
La notte del 15 ottobre entra in casa di Giorgio e lo soffoca.
Nove giorni dopo si introduce nella casa di Maurizio, imbavaglia e lega polsi e caviglie a lui e alla moglie, li fa sdraiare sul letto, enuncia le sue motivazioni e poi spara.
A Genova uccide una coppia di orefici nella loro casa.
A Ventimiglia scarica un intero caricatore su un agente di cambio, dopo averlo rapinato e costretto a inginocchiarsi.
Fredda un vigilante perché detesta i metronotte.
A Varazze e a Pietra Ligure uccide due prostitute con lo stesso modus operandi: dopo un rapporto sessuale copre loro la testa poi fa fuoco.
A Ventimiglia, a perdere la vita è un cambiavalute.
La notte del 24 marzo 1998 Bilancia è con la transessuale Lorena.
Due metronotte affiancano la sua auto e scendono per accertamenti, lui tira fuori la pistola e con due colpi alla testa li uccide.
Poi spara tre volte anche a Lorena, quindi se ne va credendola morta.
Invece Lorena sopravvive e racconta tutto quello che ricorda.
Cinque giorni dopo uccide un’altra prostituta.
Verso Pasqua, Bilancia va alla stazione di Brignole e sale sul primo treno che passa.
Individua una giovane donna, un’infermiera milanese che sta viaggiando sola, e quando la vede andare in bagno la segue, scassina facilmente la serratura, le copre il viso con la giacca e le spara alla nuca.
Il rumore del treno copre il botto e poi scende indisturbato a Voghera.
Due giorni dopo, a Pietra Ligure, la vittima è una prostituta slava.
Il 18 aprile 1998 sale su un treno locale a Sanremo in cerca della prossima vittima; punta una giovane donna, aspetta che vada alla toilette, entra, le copre la testa con il giacchino, preme il grilletto ed eiacula su di lei.
Due giorni dopo, l’ultimo assassinio: un benzinaio sconosciuto che nella stazione di servizio di Santo Stefano a Mare si rifiuta di fargli credito per un pieno alla sua auto.
Le indagini proseguono senza sosta, ma al killer si arriva quasi per caso, grazie a un amico che gli ha venduto un’auto.
Non essendo stato formalizzato il passaggio di proprietà, l’amico si reca in Procura per contestare 41 contravvenzioni ricevute per il mancato pagamento di pedaggi autostradali.
Bilancia infatti ha il vizio di accodarsi con la propria macchina a quella che la precede per passare al casello senza pagare e la sua targa è stata ripetutamente segnalata.
La forte somiglianza con l’identikit, le tracce dei pneumatici compatibili con quelle trovate sulla scena dei delitti, le multe prese negli stessi giorni e in prossimità dei luoghi degli omicidi lo fanno individuare.
Poi la prova del DNA (per la prima volta utilizzata in Italia) confrontato con quello rinvenuto sul corpo della sua penultima vittima, lo fa individuare senza ombra di dubbio.
Bilancia viene arrestato e pochi giorni dopo e confessa tutto.
L’unica chance della difesa è dimostrare la sua incapacità di intendere e di volere.
Invece le relazioni psichiatriche concludono che Bilancia era perfettamente consapevole che stava sopprimendo delle vite.
Viene condannato a 13 ergastoli.
In carcere si appassiona al teatro, studia le lingue e si diploma in ragioneria.
Nell’inverno del 2020 si ammala di COVID e muore solo, poco prima di Natale, nel carcere Due Palazzi di Padova.