Troppo spesso, parlando degli orrori del Fascismo e del Nazismo, e delle tragiche conseguenze che essi portarono, non ci rendiamo conto delle dimensioni di quel fenomeno, e siamo portati a sottovalutarlo, per esserci ad esso quasi assuefatti.
Anche perché, vi sono i tanti orrori che pure oggi viviamo, a partire dalla Terza guerra mondiale a spicchi, come la chiama Papa Francesco, la quale non va vista solo nel conflitto Russia-Ucraina, Russia-Nato, ma integrata dalle tante altre guerre sparse in tutto il mondo.
In questo orrore generale, che spesso ci porta a sottovalutare prese di posizioni che tendono a falsare realtà storiche per sostituirle con realtà che chiameremmo “ideologiche” tendenti a modificare la storia (cos’è se non questo tutta la “querelle” che si è fatta e, purtroppo, si farà ancora, sul Nazifascismo che tanti cercano di annacquare por renderlo quasi un fatto folcloristico?), dimentichiamo che ciò che è accaduto tra la Prima e la Seconda guerra mondiale furono avvenimenti di una gravità inaudita, che non hanno coinvolto solo i paesi che hanno subito direttamente quelle violenze, ma l’intero mondo come se esso fosse stato un Villaggio globale.
Queste considerazioni ci vengono indotte dal ricordo di situazioni e persone che di tanto in tanto vengono portate alla nostra attenzione e, nel caso specifico, dal ricordo de “La Rosa Bianca”, un movimento di resistenza sviluppatosi in Germania durante il regime di Hitler e il Nazional-Socialismo.
Erroneamente si pensa, infatti, che l’ascesa al potere di Hitler fu acclamata da tutto il popolo tedesco, ma “La Rosa Bianca” smentisce questa credenza in quanto, basata essenzialmente su valori cristiani, fece ricorso ad azioni non violente per contrastare il Nazismo, specialmente da giugno 1942 a febbraio 1943, quando i principali esponenti vennero arrestati, processati, condannati a morte e decapitati.
Del gruppo “La Rosa Bianca”, (in tedesco Weiße Rose), operativo a Monaco di Baviera, facevano parte cinque studenti: Hans Scholl e la sorella Sophie Scholl, Christoph Probst, Alexander Schmorell e Willi Graf, tutti poco più che ventenni; ad essi si unì anche un professore, Kurt Huber, che stese gli ultimi due opuscoli.
“La Rosa Bianca” diffuse sei opuscoli che invitavano i tedeschi a opporsi con la resistenza passiva al regime nazista, e citavano spesso Goethe, Aristotele, Lao Tzu, Schiller e la Bibbia; il settimo opuscolo, che era stato solo progettato, non venne mai distribuito perché il gruppo cadde nelle mani della Gestapo, la polizia segreta nazista.
I componenti del gruppo erano tutti di religione cristiana, sia protestanti sia cattolici, e un ortodosso (Schmorell), e sebbene fossero tutti studenti all’Università Ludwig Maximilian di Monaco, avevano anche partecipato alla guerra sul fronte francese e su quello russo, dove erano stati testimoni delle atrocità commesse contro gli ebrei e avevano avvertito che il rovesciamento delle sorti che la “Wehrmacht” soffrì a Stalingrado avrebbe alla fine portato alla sconfitta della Germania.
Sophie Scholl, che aveva studiato come infermiera, era rimasta anche disgustata dal programma di eutanasia forzata basato sull’eugenetica nazista (Aktion T4) attuato contro i tedeschi affetti da disabilità intellettiva e fisica gravi.
“La Rosa Bianca” ebbe vita molto breve, solo otto mesi, ma ha lasciato una traccia nella storia del Nazismo, ed ora è stata citata dalla stampa in quanto l’ultima componente del gruppo, Traute Lafrenz, che aveva incontrato Hans Scholl, uno dei fondatori del gruppo antinazista, nell’estate del 1941, e volle prendere anche lei parte al volantinaggio, è ora deceduta, all’età di 103 anni, negli USA.
Nell’aprile del anno 1943, anche Lafrenz cadde nelle mani della Gestapo, e fu condannata a un anno di carcere per complicità.
Poco dopo il suo rilascio, Lafrenz fu nuovamente arrestata dalla Gestapo ad Amburgo, e trascorse due anni in quattro prigioni naziste prima della sua liberazione nell’aprile 1945.
In seguito, emigrò negli Stati Uniti nel 1947, dove completò gli studi di medicina e sposò Vernon Page, un oculista; la coppia ebbe quattro figli.
La famiglia si è poi trasferita a Chicago, dove Lafrenz ha diretto la Esperanza Therapeutic Day School per bambini svantaggiati.
Dopo la morte del marito nel 1995, si è trasferita nel ranch di sua figlia Renee in South Carolina.
In occasione del suo centesimo compleanno nel 2019, il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier l’ha elogiata come “un’eroina della libertà e dell’umanità”.
È stata inoltre insignita dell’alta onorificenza civile, l’ “Ordine al merito tedesco”.
Lafrenz fu una delle poche persone che “di fronte ai crimini dei nazisti, ebbe il coraggio di ascoltare la voce della sua coscienza e di ribellarsi contro la dittatura e il genocidio degli ebrei”, ha spiegato il Presidente Steinmeier.
Centinaia di scuole e strade ora portano il suo nome e nel 2003 è stata nominata la quarta tedesca più amata della nazione, dietro Konrad Adenauer, Martin Luther King e Karl Marx.
Traute Lafrenz è stata l’ultima superstite del gruppo ed è per questo motivo che i media si sono ricordati di lei in occasione della morte, avvenuta nel South Carolina; ha avuto una vita movimentata ma, tutto sommato, serena, ed è morta circondata da tanto affetto.
Purtroppo non per tutte le eroine della resistenza è stato così.
Quasi contemporaneamente al decesso di Traute Lafrenz è balzata, purtroppo, all’onore delle cronache la vita di un’altra eroina della Resistenza, l’italiana Irma Bandiera, la quale, per la sua attività partigiana, venne arrestata, orrendamente torturata e uccisa qui in Italia dai Nazifascisti.
Ma di ciò parleremo un’altra volta.