Sulla monogamia come eredità sociale
Il tentativo di abbassare a dinamiche sociali o naturali un sentimento tanto elevato quanto l'amore altro non è che una necessità di etichettare e racchiudere in un ennesimo ordine sociale una di quelle poche sfere che ancora trascendono il nostro dire
Molto spesso si fa riferimento alla storia dell’umanità attraverso l’esempio di una semiretta, data da un punto conosciuto e ben direzionata verso un altro punto in continuo divenire. Volendo invece analizzare una struttura sociale della storia stessa, sarebbe ben più saggio mettere da parte questa semiretta e sostituirla con una serie di segmenti, ponendo a capo d’ognuno di essi una fase storica propedeutica alla successiva.
La nostra attualità non è definita da un continuo di questa retta, ma da una porzione di questa successioni di segmenti, e per questo riconducibile con precisione a qualsivoglia segmento precedente. Ogni segmento conserva, salvo poi modificarlo attraverso i suoi successori, un radicamento ben saldo di quello precedente, essendone per forza di cose erede. Ma c’è un dettaglio più facente parte della teoria economica piuttosto che di quella storica: dovesse un erede trovarsi con una valuta non più spendibile nella sua epoca attuale, si ritroverebbe con una ricchezza oppure con uno scomodo peso?
La monogamia
La monogamia è il principale tipo di unione tra individui, nella sfera sentimentale, della società moderna. La si potrebbe definire come quel legame puramente esclusivo che due partner legano tra loro, attribuendo l’uno all’altro, e soltanto all’altro, tutte quelle necessità concernenti la sfera amorosa, dalla vita sentimentale a quella più socialmente orientata verso gli oneri di coppia.
La monogamia è associata, almeno in occidente, alla massima conquista nei termini dell’amore romantico, come quella totale dedizione verso la sola persona amata, capace di ricoprire ogni ruolo ed ogni necessità amorosa. E’ simbolo di impegno, fedeltà e coerenza, manifesto di una realtà poetica dettata in una società che non sempre è capace d’esprimersi in versi. Per dare un tono puramente idealistico e meno pratico a tale definizione si potrebbe scherzosamente immaginare un Dante Alighieri che scrive dell’amata Beatrice mentre nella stanza a fianco riposa Gemma Donati, sua moglie, ma ben sappiamo che le figure decantate dagli stilnovisti altro non erano che esasperazioni di muse ben lontane poi dalla loro effettiva quotidianità. Questo per dire che la monogamia è spesso letta in una chiave puramente sentimentale, e non pratica, come invece era affrontata nell’antichità, quando il matrimonio rappresentava più una realtà contrattuale che melensa.
La monogamia come tradizione
La tradizione, ovvero quel complesso di memorie e testimonianze trasmesse da una generazione a quella successiva, ha una valenza molto più ampia nel momento in cui la si accosta a quella società che l’ha generata, ed è non necessariamente funzionale per quella che andrà poi ad ereditarla. Un excursus della storia della monogamia nella vita dell’uomo inizierebbe “appena” ventimila anni fa, quindi solo sessantamila anni dopo la prima apparizione dell’uomo moderno. Fonti storico-scientifiche abbracciano una predisposizione umana verso la monogamia, in virtù della frequenza riproduttiva inferiore a quella di altre specie, altre al contrario sono più propense ad una naturale poligamia, facendo leva sulla diffusione del DNA e la garanzia della continuità della specie.
Sul piano sociale invece la monogamia ha trovato la sua piena affermazione durante la piena affermazione del Cristianesimo come religione, distaccandosi da quella che era una aggirabile realtà contrattuale, basti pensare che nell’antica Grecia così come nell’antica Roma il matrimonio altro non era che la presa di possesso da parte di un uomo di una donna, divenendone di fatto tutore legale e acquisendo parte delle ricchezze della famiglia d’origine, sotto forma dotale. Questo non vuol dire che nell’antichità non esisteva l’amore coniugale, ma piuttosto che il fine del matrimonio stesso non era la celebrazione d’un affetto ma l’arricchimento di uno status. Ma anche nella dimensione Cristiana il matrimonio era rifacente ad una natura di possesso ed obbedienza, realtà che al giorno d’oggi preferiamo non associare all’istanza nuziale. Questo brevissimo e sicuramente non sufficiente excursus storico sulla monogamia è volutamente celere nella sua spiegazione, poichè altro non è che un pretesto atto a porre una fondamentale separazione da due realtà solitamente collegate: amore e unione sociale.
Sull’espressione della coppia
Se all’idea di amore monogamo sono riconducibili l’idea di esclusività, possesso e fedeltà, quanto veramente questa idea di amore si rifà ad un libero sentimento piuttosto che ad un mero tentativo di possedimento? L’idea che per godere dell’amore di qualcuno quel qualcuno debba in un certo modo essere legato esclusivamente alla mia persona è un vero e proprio atto di proprietà, una condizione vincolante che vede alle spalle epoche di idealizzazione amorosa. Amore dovrebbe essere un connubio di egoismo e altruismo, un godere della persona ed un godere del bene della stessa, della sua libertà e della sua individualità, non una alienazione di coppia che mira alla chiusura di due individui. Tra il quinto ed il quarto secolo la filosofia faceva coincidere la nascita delle leggi come una tutela dalle ingiustizie, un accordo tra uomini che rinunciava al commettere le stesse ingiustizie per paura di riceverle a loro volta, in una scelta ben più dettata dai timore che da uno spirito morale.
Di pari passo si potrebbe intendere la monogamia come una tutela del possesso, una corrispondente paura di perdere la cosa posseduta che si realizza ed idealizza in un vincolo sociale e spirituale. Ma come già detto amore dovrebbe essere, sì, dovrebbe essere però esattamente ciò che chi ama ritiene sia. Il tentativo di abbassare a dinamiche sociali o naturali un sentimento tanto elevato quanto l’amore altro non è che una necessità di etichettare e racchiudere in un ennesimo ordine sociale una di quelle poche sfere che ancora trascendono il nostro dire. L’amore che sia monogamo o poligamo non ha un’idea precisa, non ha degli schemi e delle pratiche che devono coincidere in ogni coppia, è puro essere che si scambia con un altro puro essere, una condivisione della più intima realtà dell’uomo, la nostra persona.
E nella precedente dimostrazione di quanto possa esser facile mettere in dubbio la validità della monogamia tramite dati storici o realtà biologiche si intravede invece una opposta necessità di rinunciare almeno nei vertici dell’umano sentire ad una stantia etichetta, un manuale d’amore solamente pratico ed una convenzione sociale che dica cosa è giusto o non giusto fare in un legame. Proprio nella sua ineffabilità l’amore è libero, libero come la libertà d’amare secondo quella interiorità che prova a spiegarcelo tramite i sentimenti, privi di schemi e tradizioni, ed è diverso da individuo ad individuo, da coppia a coppia, che si tratti di coppie monogame o poligame: è essenza che si deve manifestare in una forma che decide da sé, non che ciecamente segue secondo patti sociali, rimanendo puro e fedele a se stesso.