Dopo esserci occupati di tanti argomenti seri nei giorni scorsi, tra il caldo e l’afa, la pazza estate, le bottiglie di plastica, i pagamenti elettronici, e, per ultimo, della “frana della Badia” – atto secondo, visto che anche le condizioni meteo stanno cambiando liberandoci dalla spossatezza fisica, riteniamo che sia giunto il tempo di occuparci di argomenti certamente meno seri e sconvolgenti di quelli precedenti.
Ed essendoci comparsa sul web una paginetta dedicata alla “tortura del bambù” vogliamo farne dono ai nostri fedeli lettori per distrarli un po’ da cose più serie.
E magari ispirarli per future “rivincite”!
La tortura del bambù, come suggerisce il nome, è un metodo di tortura che coinvolge indirettamente questa pianta.
Prima di iniziare a spiegare cos’è la tortura del bambù, dobbiamo dire come cresce un bambù.
Il bambù è una pianta sempre verde molto vigorosa e può crescere di diversi centimetri in un giorno.
La tortura del bambù è una forma di tortura impiegata dall’esercito giapponese durante la seconda guerra mondiale.
Una persona, generalmente un prigioniero di guerra, veniva legata al terreno dove crescono o escono dal terreno piccoli germogli di bambù.
Il bambù crescerebbe attraversando il corpo dei prigionieri e questi morirebbero di una morte lenta e dolorosa.
I germogli di bambù taglienti trafiggerebbero il corpo della persona partendo dalla schiena e passerebbero attraverso l’altra estremità lentamente e dolorosamente.
Quindi ci sarebbero più germogli che perforano diverse parti del corpo.
Diversi hanno creduto che questo metodo di tortura non fosse vero e hanno provato a sperimentarlo su un manichino, fatto di gelatina simile al corpo umano; hanno scoperto che il bambù è cresciuto proprio attraverso quel finto essere umano che veniva perforato, ed è cresciuto fino a 10 piedi di lunghezza (circa 3 metri).
In Giappone sono stati trovati diversi corpi mutilati di prigionieri di guerra che hanno fatto luce sul metodo di tortura di cui si parla.
È sicuramente uno dei peggiori metodi di tortura e di morte.
E a proposito di future “rivincite”, suggeriamo questa tortura:
- ai residenti di via Gramsci e a quelli di via Tara Genoino che non riescono a dormire per le bagarre dei giovinastri vacanzieri notturni; e farebbero contenta anche la collega Carolina che puntualmente e puntigliosamente li denuncia;
- all’amico Alfonso Senatore che da anni battaglia inutilmente contro i roghi che vede all’orizzonte, e contro gli spari che a tutte le ore dei giorni, anche non festivi, si sentono, e che nuocciono alle orecchie dei suoi “cucciolotti”;
- anche a qualcuno che è danneggiato dagli eccessi della burocrazia nonché dalla insipienza e dal disinteresse degli Enti che dovrebbero risolvere il problema della frana della badia e sembra non siano in grado;
- per non parlare di chi ha nel mirino un dirigente del comune di cava che, secondo radio-portici, avrebbe ottenuto di celebrare il matrimonio di un parente presso l’Abbazia benedettina, alla quale è giunto il corteo delle auto di sposi e accompagnatori previa rimozione degli new-jersey di cemento che impedivano il passaggio di auto e pedoni nella zona della frana.
- e a tanti altri!
E, se ci avvertiranno, saremo presenti con una troupe televisiva.
non melo aspettavo da rondo da soia , questa tortura e molto brutta da diversi punti di vista solo per dire agli americani meglio rondo da soia che nighiri shiva