scritto da Nino Maiorino - 01 Settembre 2022 13:14

Storiacce, il caso Casati-Stampa, Fallarino e Minorenti

Il candaulesimo…

… è la pratica sessuale che indica il soddisfacimento che una coppia prova nell’esporre le nudità e i propri piaceri al voyeurismo altrui.

Questa pratica è al centro del caso che andiamo a raccontare, che lo scrittore Gaetano Antonio Riotto ha ricostruito in un suo recente libro, recensito dalla stampa nazionale, che coinvolse il Marchese Camillo Casati-Stampa, la moglie Anna Fallarino e il giovane Massimo Minorenti con il quale la donna aveva una relazione.

L’avvenimento è stato anche oggetto di altri libri, come quello di Davide Amante, autore de “L’affaire Casati-Stampa”, recensito anche da qualche quotidiano nazionale, il quale avrebbe poi scritto che tra i due amanti, la Fallarino e il Minorenti, era sbocciata una grande storia d’amore.

Il caso fece molto scalpore anche perché tutti i protagonisti sembra fossero amanti della pratica sessuale definita proprio “candaulesimo”, basato sulla libera volontà dei protagonisti di mettersi in mostra. Quindi i protagonisti della piccante storia accompagnavano alle loro performances anche questo vezzo.

Era una calda domenica d fine agosto del 1970, e quell’omicidio-suicidio compiuto dal marchese Casati-Stampa provocò uno dei più grandi scandali italiani.

Per lungo tempo la tragedia rimase al centro delle cronache: i dettagli che emersero nel corso delle indagini la trasformarono nello scandalo del secolo.

La sera di domenica 30 agosto 1970, mentre Roma era immersa nel silenzio dell’estate che svuota le grandi città, in un attico all’ultimo piano di un palazzo in via Puccini 9, a due passi da Villa Borghese e poco distante da Via Veneta, una delle zone bene della capitale, si consumò il delitto.

I tre protagonisti della tragedia furono appunto il Marchese Camillo Casati-Stampa di Soncino, 45 anni, sua moglie Anna Fallarino, 41, e lo studente Massimo Minorenti, uccisi dai colpi di un fucile Browning calibro 12.

Risultò chiaro subito che a sparare era stato il marchese Casati-Stampa, il quale, dopo aver assassinato la moglie e il ragazzo, puntò il fucile verso se stesso e fece fuoco.

Il delitto di via Puccini maturò nell’ambiente della nobiltà romana e milanese, quella del lusso, delle vacanze su isole private, dei gioielli e delle feste esclusive.

Palazzo in Via Puccini

Camillo apparteneva alla famiglia degli Stampa di Soncino, una casata patrizia che si era poi unita a quella dei Casati. Figlio di secondo letto di Camillo I, celebre per la ricchezza e la mondanità, e dell’americana Anna Ewing Cockrell, negli anni Cinquanta si era sposato con Letizia Izzo, ex ballerina di avanspettacolo, e aveva avuto una figlia, Annamaria.

Il marchese possedeva diverse case, tra cui l’attico in via Puccini a Roma e palazzo Soncino a Milano, un castello, qualche barca, la villa di Arcore e quella sull’isola di Zannone, dove spesso passava l’estate.

Anna Fallarino

Anna Fallarino, classe 1929, era arrivata a Roma all’età di soli 17 anni, lasciando il suo paese natio, in provincia di Benevento, per cercare fortuna altrove.

Nella Capitale la aspettava uno zio e presto trovò lavoro come commessa. Poco tempo dopo, però, Anna ottenne lavoro come modella e recitò in qualche film come comparsa.

La sua apparizione più celebre fu quella nel film “Tototarzan”: “Come ti chiami? “, le chiede Totò. “Ranocchia”, risponde lei. “Allora senti Ranocchia -ribatte l’attore- andiamo a fare un girino”.

La carriera cinematografica di Anna finisce qui. Nel 1950, la Fallarino sposò Peppino Drommi, che possedeva una piccola industria alimentare, il quale anni dopo avrebbe sposato Patrizia De Blanck, noto personaggio televisivo, sempre presente in tutti i programmi di gossip.

Fu nell’ambiente lussuoso delle feste e dei ricevimenti esclusivi, che i mondi di Camillo e Anna si incontrarono.

Era il 1955, quando i due si videro per la prima volta, durante una festa organizzata da Casati-Stampa, che era amico di Peppino Drommi.

Qualche anno dopo, durante un viaggio in Costa Azzurra, Peppino e Camillo avevano deciso di spostarsi, insieme alle rispettive mogli, al Pirata di Cap Martin, per passare la serata.

Lì incontrarono Porfirio Rubirosa, noto playboy del tempo, che iniziò a importunare Anna, scatenando la reazione di Peppino, ma soprattutto quella del marchese Casati-Stampa.

Fu l’inizio della storia d’amore tra Anna e Camillo, che nel 1959 ottennero l’annullamento dei rispettivi matrimoni da parte della Sacra Rota, e nel 1961 si sposarono in chiesa, un anno dopo essersi uniti civilmente.

I marchesi andarono ad abitare al numero 9 di via Puccini, a Roma, in un attico di due piani affacciato su villa Borghese. Per anni, la vita di Anna e Camillo trascorse tra feste, battute di caccia e soggiorni sull’isola di Zannone.

 

Massimo Minorenti

Poi, nel 1970, Anna conobbe Massimo Minorenti, uno studente di Scienze politiche. Di lì a poco il mondo dei marchesi, inaccessibile agli occhi della maggior parte delle persone, imploderà, spazzando via tre vite, stroncate dai colpi di un fucile.

In quei giorni Camillo Casati Stampa si trovava a Valdagno, nel Veneto, ospite di alcuni amici. La sera prima dell’omicidio aveva ricevuto alcune telefonate ed era sembrato nervoso e agitato, tanto che la mattina successiva aveva deciso di tornare a casa a Roma.

Erano circa le 18 quando Casati-Stampa arrivò in via Puccini. Lì arrivò anche la figlia Annamaria, ma non venne ricevuta dal padre, che le fece dire che stava aspettando degli ospiti.

Questi arrivarono poco dopo: erano la moglie Anna Fallarino e l’amico Massimo Minorenti. I due vennero fatti accomodare nel salotto e poco dopo il personale di servizio sentì alcuni colpi di arma da fuoco, ma nessuno si mosse: il marchese aveva dato ordine di non entrare e, quando dava direttive, nessuno osava disobbedirgli.

Così passò diverso tempo prima che venissero scoperti i cadaveri. Alle 22 arrivarono nell’attico di via Puccini le forze dell’ordine.

Quello che videro era uno spettacolo sconvolgente, tre corpi senza vita giacevano nel salotto: Anna era seduta sul divano, una mano poggiata sui cuscini accanto a lei, l’altra in grembo, il volto disteso. Poco lontano, seminascosto dietro un tavolino, c’era il corpo di un giovane, che venne successivamente identificato come Massimo Minorenti. Anche il marchese era disteso a terra, accanto a una poltrona, il volto irriconoscibile.

Il primo a entrare nello studio dove si era consumato il delitto fu l’allora capo della sezione Omicidi della Squadra Mobile, Valerio Gianfrancesco: “Fui il primo a vedere quello spettacolo orrendo -disse il poliziotto in un’intervista al Messaggero– lei riversa su una poltrona con lo sguardo incredulo, il marchese sul pavimento accanto al suo fucile e il ragazzo, Minorenti, contorto dietro un tavolino rovesciato. Non c’era tanto sangue, tolto il particolare macabro dell’orecchio del marchese che penzolava dalla cornice di un quadro, dove l’aveva scagliato e appiccicato un proiettile “.

La ricostruzione dell’accaduto la rese nota “l’Unità” che scrisse: “Armato di fucile caccia, il Casati-Stampa ha fatto fuoco più volte contro la coppia per poi rivolgere l’arma contro se stesso”. Casati-Stampa aveva prima sparato tre colpi alla moglie, colpendola al braccio, alla gola e al seno, poi aveva ucciso il giovane studente e, infine, appoggiando il fucile sulla poltrona, si era sparato in pieno volto.

Un omicidio-suicidio, quindi, un caso apparentemente semplice da risolvere per gli inquirenti: il killer era sotto i loro occhi e, dopo aver sparato alla moglie e al giovane, si era suicidato.

E il movente? Fu allora che gli inquirenti, scoprirono dettagli privati dei marchesi, che mostrarono un lato nascosto dietro quella vita di feste, eccessi e lusso.

Quando gli inquirenti erano arrivati sul posto avevano trovato in alcuni cassetti numerose fotografie della marchesa nuda e in pose provocanti.

Inoltre la polizia notò anche un diario con la copertina verde: era il diario su cui Camillo Casati-Stampa prendeva nota degli incontri sessuali che avvenivano tra la moglie e altri uomini, mentre lui assisteva.

Le fotografie e le parole del diario verduscirono dagli ambienti di polizia e andarono ad alimentare le pagine dei giornali, che riportarono stralci delle descrizioni fatte dal marchese e dettagli piccanti.

Anche “l’Unita’” parlò del famoso diario verde dove Camillo Casati-Stampa annotava le sue impressioni dopo ogni incontro della moglie con i partner: così il delitto si trasformò in scandalo.

Il marchese Casati-Stampa aveva la passione di coinvolgere altre persone nel rapporto, anche in quello fisico, spiega a lo scrittore Davide Amante. Si tratta, appunto, della pratica del candaulesimo, e sapere che i marchesi erano dediti a questa pratica generò lo scandalo.

Ma furono anche la notorietà dei personaggi, la loro vita certamente particolare, l’ambiente in cui il delitto era avvenuto a produrre un’eco così vasta. E poi quelle fotografie e il contesto in cui erano state fatte, e le loro finalità fecero scalpore.

L’indagine, da una semplice indagine per omicidio e suicidio, si trasformò, quindi, in una cosa del tutto diversa, facendo emergere il gioco messo a punto da Camillo e Anna, che si concedeva ad altri uomini, spesso pagati, mentre il marito la fotografava e assisteva da lontano ai suoi amplessi.

Una delle prime volte, Anna e Camillo si trovavano in una stanza d’albergo. La donna era sotto la doccia, mentre il marito aveva aperto la porta al cameriere che portava la cena in camera. Il marchese trattenne il cameriere, che si fermò a osservare il rapporto sessuale tra i due. Successivamente, i ruoli si invertirono. Era quasi sempre Camillo a guardare, mentre Anna faceva l’amore con altri uomini e tutto veniva documentato con fotografie e racconti.

Dietro al delitto e allo scandalo che ne derivò c’era però anche l’amore tra Camillo e Anna. Quello di via Puccini fu un delitto efferato, ma la cosa più interessante è il rapporto tra i due.

Lo scrittore Davide Amante precisa che, nonostante alla vicenda sia stata data una rilevanza scandalistica, “in realtà, dietro c’era una grande storia d’amore, ma era un amore anticonformista”, in un’epoca in cui l’anticonformismo era mal tollerato.

Ma fu proprio quell’anticonformismo ad aver affascinato e attirato i lettori, assetati di conoscere i dettagli che caratterizzavano il rapporto tra i marchesi, che non vivevano secondo le regole comuni: quello tra Camillo e Anna era un amore autentico e intenso, solo che era una storia passionale fuori dagli schemi. Le indagini sul delitto di via Puccini, infatti, portarono alla luce una fortissima intesa tra i due, entrambi d’accordo a fare quel gioco.

I giornali dell’epoca traboccavano di particolari piccanti riguardanti i giochi erotici della coppia e molte fotografie della marchesa nuda e in pose provocanti finirono in prima pagina sui numeri speciali delle riviste, con immagini e stralci del diario verde, e i racconti delle stravaganze erotiche del marchese e della moglie.

Ma dietro le fotografie, e il racconto di quelle stravaganze c’era “una storia d’amore molto intensa, una grande intesa, che rendeva lecito questo tipo di rapporto aperto, in cui entrambe le parte si trovavano d’accordo, felici e soddisfatti nel fare quel gioco.

Ma allora, se Anna e Camillo erano legati da questo amore così forte e travolgente, perché si arrivò al tragico epilogo?

“Chi ama fare questo tipo di giochi, inevitabilmente poi trascende e arriva a dei limiti insostenibili, spiega lo scrittore Davide Amante: sono arrivati a un punto estremo e non riuscivano più a vivere un rapporto d’amore normale. E questo porta a sviluppare forme di gelosia”.

A farla scattare era stato Massimo Minorenti, una figura del tutto secondaria, la persona sbagliata che si trovò coinvolto in un momento sbagliato.

Lo studente “era una delle persone che i marchesi avevano coinvolto nei loro giochi”, ma nulla di più. Massimo, con cui Anna non si era limitata a un singolo rapporto come succedeva solitamente, aveva scatenato la gelosia del marchese, che aveva reagito compiendo il delitto efferato.

Quella tra il marchese Camillo Casati-Stampa e Anna Fallarino fu una storia d’amore intensa, così potente da suscitare il fascino degli italiani dell’epoca, ma anche da far perdere il controllo e portare all’omicidio-suicidio, che concluse per sempre il mondo di lusso, feste e trasgressioni dei marchesi più chiacchierati dell’epoca.

(Fonte e immagini da: ilgiornale.it)

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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