Storiacce, il boia nella Russa degli zar
Storiacce, il boia nella Russa degli zar
Professione boia: come i condannati al patibolo venivano torturati e uccisi nella Russia imperiale
Nel XIX secolo non era facile ingaggiare nuovi carnefici disposti a condannare a morte le persone. E così si andava a pescare tra i detenuti. Ecco come avvenivano le macabre esecuzioni
La maggior parte delle esecuzioni avvenute durante il regno di Ivan il Terribile (1530-1584) venne eseguita in sua presenza e alla presenza delle sue guardie più vicine.
Nel 1570, l’ex capo degli Affari Esteri di Mosca Ivan Viskovatov fu giustiziato per tradimento: gli oprichniki più vicini allo zar (l’esercito privato al servizio di Ivan IV, detto il Terribile) tagliarono a turno gli arti di Viskovatov e ne sfigurarono il corpo.
Nel 1698, Pietro I giustiziò personalmente cinque guardie di streltsy (unità militari dell’Impero russo in forza dal XVI secolo agli inizi del XVIII secolo) durante un’esecuzione di massa dopo una rivolta a Mosca. I suoi ministri, i principi Romodanovskij, Golitsyn e Menshikov si cimentarono anche loro nell’esecuzione.
Ma perché lo zar e i suoi fedelissimi dovevano farlo da soli? I membri dell’élite russa erano tutti dei sadici nati?
In Russia, per molto tempo non ci furono boia professionisti.
Prima che Mosca diventasse uno Stato, le esecuzioni venivano effettuate dalle milizie sotto il comando dei principi russi: una pratica che continuò nel XVI secolo. Ma più tardi, nel 1649, fu introdotto il Codice del Consiglio (Sobornoye Ulozhenie), il codice delle leggi dello zar di Mosca, che portò alla necessità di dotarsi di boia professionisti per eseguire non tanto le pene di morte, ma le punizioni corporali, che venivano inflitte prima di procedere alla esecuzione.
Il 16 maggio 1681, la Duma boiarda ordinò al voevoda (il capo dell’amministrazione locale) di ogni città di assumere dei boia tra la gente del posto. Se nessuno faceva domanda, il boia doveva essere scelto deliberatamente tra “persone libere”, “così nessuna città resterà senza un boia”. La paga annuale era di 4 rubli: non molto, meno di quella di un soldato dell’esercito, che era di 6 rubli (giusto per fare un confronto, a quei tempi, una cena costava 0,04 – 0,05 rubli).
Ovviamente, la legge non proibiva ai boia di fare soldi in altro modo: i parenti delle persone condannate alla flagellazione o alla fustigazione erano pronti a pagare per rendere l’esecuzione meno crudele, o per saltarla del tutto.
Ne parla in dettaglio Friedrich Zeider, un prete che fu condannato alla fustigazione e all’esilio durante il regno di Paolo I per aver ordinato libri proibiti dall’estero.
“Sono stato portato alla gogna, e lì mi hanno legato mani e piedi. Quando il boia mi ha messo una cintura intorno al collo per legarmi la testa e inarcare la schiena, l’ha stretta così forte che ho gridato di dolore. Dopo aver finito tutti i preparativi e avermi messo a nudo la schiena per ricevere i colpi fatali, il boia si è avvicinato a me. Mi aspettavo la morte al primo colpo… Improvvisamente qualcosa fischiò nell’aria. Era il suono di una frusta, la più terribile di tutte le fruste. Senza toccare il mio corpo, i colpi toccarono solo leggermente la cintura dei miei pantaloni…”.
Il boia era stato corrotto da alcuni benefattori, e così Friedrich Zeider fu “giustiziato” solo apparentemente. Tali tangenti costituivano il principale reddito dei boia: molti condannati avevano parenti che volevano che sopravvivessero (le frustate potevano portare alla morte). Ma non erano molti i volontari che si offrivano per questo mestiere: la società russa in gran parte evitava questo macabro lavoro.
La Chiesa ortodossa detestava i boia. Secondo la visione ortodossa del mondo, un boia sceglieva l’avidità piuttosto che la misericordia. Così, i membri di questa professione non erano autorizzati a prendere la comunione o altri sacramenti. I boia venivano evitati anche dalla gente comune: vivevano separati dal resto della comunità, e anche solo mangiare alla stessa tavola ed essere amici con loro era considerato sconveniente.
Negli anni ‘40 del 1700, c’era una notevole carenza di boia, così il Senato portò il loro salario a 9,5 rubli. Durante il regno di Paolo I, il salario arrivò a 20 rubli, ma non fu sufficiente: pochissime persone si offrirono per questa posizione. Nel 1805, il governo permise di assumere boia tra i detenuti, ma solo tra coloro che erano stati condannati per reati minori, come disertori, ladri, truffatori ecc.
I detenuti che venivano esiliati in Siberia dovevano essere frustati e marchiati a fuoco prima di partire dalla Russia centrale, e senza boia ciò non poteva essere fatto; così negli anni ‘10 del 1800, quasi tutti i boia furono “arruolati” in questo modo. Una soluzione che in realtà permise di risparmiare denaro, visto che i boia assunti tra i mascalzoni venivano pagati solo di tanto in tanto e la loro posizione non permetteva loro di godere di nessun tipo di diritto.
I Boia venivano addestrati anche a mutilare: essi erano per lo più detenuti, vivevano nelle prigioni e godevano di qualche libertà in più; molti di loro erano sarti o calzolai. Dovevano tuttavia allenare le proprie “abilità”: venivano infatti costruiti manichini di corteccia di betulla con i quali esercitarsi con la frusta. L’addestramento prevedeva circa un anno di lezioni quotidiane. Pertanto, i nuovi boia passavano molto tempo come apprendisti: tra le varie cose imparavano come si svolgeva l’esecuzione e si esercitavano a prestare poca attenzione al sangue e alle urla.
All’inizio del XIX secolo, in Russia si contavano così pochi boia che quei pochi che c’erano si ritrovavano a viaggiare tra le regioni del paese dove erano previste nuove esecuzioni. Il boia si fermava uno o due giorni per completare i suoi compiti, e partiva alla volta di un’altra città. Ma quando c’era bisogno di punire centinaia o addirittura migliaia di persone, questi viaggi potevano durare mesi.
Il pittore Lavrentij Serjakov ha ricordato come avveniva un’esecuzione nel XIX secolo.
“Due boia camminavano vicino; erano ragazzi di circa 25 anni, ben fatti, muscolosi, con le spalle larghe, in camicie rosse, pantaloni a pieghe e stivali larghi.
Intorno alla piazza erano appostati cosacchi e un battaglione di riserva; dietro di loro si affollavano i parenti dei condannati. Verso le 9 del mattino, i condannati arrivarono al luogo dell’esecuzione: 25 persone.
Al primo furono assegnate 101 frustate. Il boia si allontanò di 15 passi, poi cominciò lentamente a camminare verso i condannati, con la sua frusta che trascinava nella neve. Quando si avvicinò di nuovo, agitò la frusta in alto con la mano destra, si sentì un fischio nell’aria e poi un colpo. Mi sembrava che il boia tagliasse la pelle molto profondamente, perché dopo ogni colpo, asciugava una manciata di sangue dalla frusta con la mano sinistra. Ai primi colpi, si sentiva di solito un gemito sordo tra i giustiziati, che cessava presto, poi venivano tagliati a pezzi come carne da macello. Dopo aver assestato 20 o 30 colpi, il boia si avvicinava a una bottiglia che stava proprio lì sulla neve, si versava un bicchiere di vodka, lo beveva e si rimetteva al lavoro. Tutto questo veniva fatto molto lentamente”.
Il 17 aprile 1863, l’imperatore Alessandro II vietò le punizioni corporali (mutilazioni, frustate, marchiature a fuoco e così via). Così i pochi detenuti/boia ancora attivi furono semplicemente rimessi nelle carceri come prigionieri comuni, per scontare il resto della loro pena.
Nell’aprile del 1879, dopo che ai tribunali distrettuali militari fu concesso il diritto di imporre la pena di morte nell’esercito, e ci fu un solo boia per tutta la Russia: un uomo di nome Frolov, che viaggiava di città in città sotto scorta militare per impiccare i condannati.