Il prossimo 10 novembre, si terranno nuove elezioni nel paese iberico; la tensione è altissima, i sondaggi indicano poche soluzioni per le forze politiche, analizziamo gli scenari in vista di una tornata elettorale che potrebbe rivelarsi decisiva.
A distanza di sei mesi, la Spagna torna a votare. È la quarta volta in 4 anni, ma nulla è certo, soprattutto dopo la sentenza rivolta ai leader indipendentisti catalani, che potrebbe modificare drasticamente i rapporti con i vari partiti. Ma per comprendere bene la situazione attuale, diamo un’occhiata ai risultati delle scorse elezioni: il PSOE (Partito Socialista Operaio Spagnolo) di Pedro Sànchez trionfò con il 28.6% dei consensi, seguito dal PP (Partito Popolare) guidato da Pablo Casado che ottenne il 16,7% delle preferenze, troviamo poi Ciudadanos (cittadini) che con il suo leader Alberto Rivera arrivò al 15,8%, il partito di Pablo Iglesias, Unidos Podemos (Uniti Possiamo), si fermò al 11,9%, mentre il movimento di estrema destra Vox (Voce) guadagnò il 10,6% dei voti, costituendo un record storico per la destra radicale del paese.
Dopo mesi di trattative con Unidos Podemos, Sànchez non riuscì a costruire un accordo e si trovò costretto ad indire nuove elezioni, contribuendo ad alimentare un clima di contrasti tra i partiti di sinistra. Dal ultimo sondaggio di Electopanel, si evidenziano delle tendenze ben precise che dovrebbero verificarsi alle urne: il Partito Popolare crescerebbe di 5 punti attestandosi al 21,7%, e continuerebbe ad essere il secondo partito più votato, il Partito Socialista invece calerebbe di un punto e mezzo rimanendo comunque la prima forza politica con il 27%.
Il neo-movimento Vox, gioverebbe di un aumento di due punti che lo renderebbero la terza forza politica spagnola al 12,7%, Unidos Podemos dovrebbe erodere mezzo punto ai socialisti, totalizzando il 12,5%. Il partito di Centro-destra Ciudadanos subirebbe un crollo vertiginoso di 7 punti e si arresterebbero al 8,9%, (questo potrebbe indurli ad appoggiare un governo socialista). Infine, troviamo Màs Pàis, un nuovo partito fondato a settembre da Íñigo Errejón (precedentemente fondatore di Unidos Podemos) che stazionerebbe al 3,9%.
Da questo scenario, deduciamo che il Partito Popolare sta godendo di un buon momento, mentre il crollo di Ciudadanos potrebbe eliminare le ultime possibilità di un governo di destra con i popolari, Vox avanza per demerito degli altri partiti, Podemos viaggia sostanzialmente sullo stesso consenso delle elezioni di aprile e i socialisti scalfiscono leggermente la propria base. Vige quindi una fortissima incertezza, soprattutto perché un altro dato da tenere in considerazione è quello relativo all’affluenza.
Sei mesi fa, si recarono alle urne 3 spagnoli su 4 (il 75%) e in quasi tutte le regioni il Psoe non ebbe problemi a vincere. Questa volta però, potrebbero configurarsi scenari inediti: se l’affluenza sarà di 5 punti più bassa sarebbe un segnale negativo per Sànchez, dal momento che molti elettori scontenti della gestione dell’alleanza con Podemos, potrebbero aver cambiato partito o potrebbero non essere andati a votare.
L’altra possibilità (peggiore per i socialisti ma difficilmente realizzabile) e un affluenza in aumento di 5 punti, questo potrebbe voler dire una grande partecipazione nelle zone rurali della “España vacia” (Spagna Vuota), ovvero la parte meridionale del paese, composta da comuni spopolati, quasi disabitati, impoveriti dalla globalizzazione e ardenti detrattori del modello neoliberista. Oltre la questione dell’indipendenza catalana, la partita che la politica spagnola sta giocando è proprio qui, un’intera regione “olvidada” (dimenticata) dalla capitale Madrid, dalle Istituzioni e dalle città ricche, una regione che però è il vero simbolo degli spagnoli, dove la popolazione nativa non conosce l’Eurovision, la Champions League o Netflix e dove raramente si avvistano furgoni di Amazon attraversare le lande desolate della Spagna del Sud.
Ma, tornando alle elezioni, non sappiamo con certezza cosa sceglieranno i cittadini spagnoli, sicuramente loro sperano in una stabilità politica che negli ultimi anni, a causa di molteplici interessi non si è mai concretizzata. Noi italiani, possiamo solo sperare che il futuro nuovo governo collabori con il nostro e che si giunga a risultati soddisfacenti per il commercio, in vista dei dazi di Trump che stanno travagliando l’Europa. Se c’è qualcosa che abbiamo più in comune con gli spagnoli è proprio il desiderio di una stabilità politica, economica, commerciale e “mentale”… sì, può sembrare ambiguo, ma gli italiani sono molto più simili agli spagnoli di quanto crediamo, loro, come noi sono alla ricerca della serenità, e auspichiamo che nel breve tempo questa possa essere finalmente raggiunta.