E così ci siamo di nuovo arrivati. Alla fine dell’Estate. Altro giro altra corsa piace dire a giostrai e biscazzieri. Pur quest’anno l’Estate se n’è andata. Scivolata via, come sempre, quando meno te l’aspetti. Quando alla metà di giugno nemmeno ti rendi conto che, calda e prepotente, arriva e ti regala quel sogno, tipico di ogni anno, di poterti fermare, almeno solo per un momento, o almeno illuderti di farlo.
Quest’anno, dopo le pesantezze dell’Inverno, era quello che ci voleva. Tra il Dire e il Fare – porti chiusi, no vax si vax, reddito di cittadinanza – sembrava che ci andasse di mezzo pure il Mare. Per fortuna no. E ci siamo ritrovati nelle conversazioni a tutto tondo, sul più sul meno, sulla campagna acquisti della serie A – chi ha speso di più e chi meno e meglio o peggio – sul bollo auto, insomma, sul Più e, così sia, sul Meno.
Nelle stesse pose e, quasi, nelle stesse espressioni e con le stesse persone dell’anno scorso. Un dimensione che ci appartiene e che ci regala anche po’ di quell’otium balnearum italicum che diciamocelo ci fa pure vedere che poi alla fine questo non è solo il Paese da cui scappare ma, anzi, è anche il Paese dove tutto il Mondo, o quantomeno la metà che lo abita, vuole venire.
Poi ci siamo svegliati, di soprassalto, come succede nei sogni, anzi, negli incubi più agitati. Come già accaduto nel passato.
Quanto accaduto a Genova, la Paura, il Dolore e anche la rabbia di esser impotenti di fronte alla tragedia null’altro c’han dato se non profonda e irrequieta amarezza.
Se un ponte crolla, e poteva crollare in un qualsiasi altro momento, significa che qualcosa alle radici non funziona. Non è il momento di indirizzare colpe e malanni però senz’altro è il momento della responsabilità. Per far in modo che non accada ancora.
Ma, nel profondo, quello che stringe ancor di più non può esser il semplice gesto della condanna, dell’urlo, dell’odio generalizzato, della caccia alle streghe contro tutto il Paese che crolla. Anzi, tutt’altro. É il momento in cui, prima di ogni cosa, bisogna esser uniti. Per esprimere concretamente, come dovere spontaneo e sentito, tutta la nostra vicinanza, morale e materiale, a chi ha perso i propri cari nella tragedia. Siamo tutti parte della stessa Comunità.
Lo abbiamo sempre fatto e così siamo venuti fuori dalle pagine più scure della nostra storia contemporanea e recente.
Pensiamo che le cose cambiano, si migliorano col passare del tempo, con l’imparare dagli errori del passato. Qualche volta riesce bene qualche altra meno.
Mettendo sempre al centro la Responsabilità di quello che si fa. A tutti i livelli. Anche solo nel gesto del Silenzio. In un semplice minuto composto da sessanta piccoli secondi. Dopotutto, siamo il Paese dal Grande Cuore che, quando necessario, da il meglio di sé nel semplice ed essenziale intento di offrire supporto e prendersi cura di chi rimane vittima delle avversità. É un tratto distintivo della nostra storia e identità.
Siamo, ora, tutti con e per Genova.
Questa nostra Estate, appena finita, va tutta quanta dedicata, in un Pensiero, a chi quel giorno, inconsapevole, era sul Ponte Morandi.