Mai come in questo periodo la gente deve dimostrare serietà e concretezza, doti indispensabili per venire fuori dall’epidemia che ci ha colpito, avere senso di responsabilità, concretezza, pragmatismo, e pure, ci sia consentito, preoccuparsi della salute altrui oltre che della propria.
Negli ultimi giorni abbiamo più volte espresso il nostro parere sulla assoluta necessità di percorrere il tragitto dall’attuale fase 2, ormai in esaurimento, alla nuova fase 3 ormai avviata, e passare alla totale liberalizzazione dalle costrizioni imposte dalla pandemia.
Ma senza mai dimenticare la sicurezza perché il virus non è affatto sconfitto ed è sempre in agguato e pronto a colpire.
Questo riteniamo necessario ripetere ai lettori, specialmente quando si assiste a fenomeni incredibili come quelli che quasi quotidianamente, specialmente di sera, si verificano dappertutto, a Cava come a Napoli e in tante altre città d’Italia: mancato uso di mascherine, mancato distanziamento, comportamenti di grande rischio per tutti.
E, per rimanere in zona, vedere ciò che è avvenuto la sera del 13 giugno per i festeggiamenti di S. Antonio presso la Basilica di San Francesco, lascia veramente allibiti: una folla di fedeli che non riusciva ad entrare né in chiesa né nel chiostro, è stato necessario istituire una via di uscita attraverso il lato posteriore del convento verso il parcheggio; e la stessa sera movida violenta con tafferugli.
Continuando di questo passo si corre il rischio che non solo si bloccherà il percorso verso fa fase 3, ma di tornare alla fase 1, e un ritorno dei contagi comporterà problemi alle strutture sanitarie, nuovi confinamenti, quarantene volontarie o forzate, nuova chiusura di frontiere, nuovi blocchi di attività, ulteriori danni all’economia ed alle nostre finanze: insomma una prosecuzione della emergenza.
Dunque dobbiamo convincerci che la nostra priorità è di evitare i contagi; finora gran parte della popolazione è riuscita a farla franca rispettando le regole; dobbiamo proseguire su questa strada, con il massimo rigore.
Ora c’è anche la possibilità di venire a conoscenza di eventuali contagi, o di contatti con persone contagiate, cosa che prima non esisteva.
Infatti da lunedì 15 giugno 2020 è disponibile l’applicazione “Immuni”, voluta dal Governo, che può essere scaricata gratuitamente sullo smartphone: ovviamente non è obbligatorio per legge.
Ma la non obbligatorietà, che in un paese democratico tutela la volontà dei cittadini, non deve trasformarci in soggetti incoscienti e poco attenti alla salute propria e altrui.
“Immuni” è in grado di stabilire, in maniera assolutamente anonima, se il singolo cittadino ha contratto il virus, oppure è venuto in contatto con una persona che lo ha contratto e che potrebbe contagiarlo; e giacché ogni contagiato costituisce un pericolo anche per gli altri, sarebbe preferibile che i cittadini non avessero tante perplessità e remore a scaricare l’ “App ”sui propri telefonini.
Ovviamente, ci siamo documentati leggendo tutto ciò che è stato scritto dai maggiori quotidiani italiani, e abbiamo riscontrato unanimità di consenti; ma ci siamo i anche approfonditi consultando il sito ufficiale di “Immuni”, che ha messo a disposizione il n.ro verde 800.91.24.91, al quale ci si può rivolgere per ulteriori chiarimenti.
Una delle prime cose che viene messa in evidenza è che l’applicazione non è fatta solo per questa pandemia, ma può essere utilizzata anche per eventuali analoghe emergenze future.
“Immuni” è un’applicazione creata per aiutarci a combattere le epidemie, a partire da quella del COVID-19: si propone di avvertire gli utenti potenzialmente contagiati, anche se asintomatici, in maniera che possano isolarsi per evitare di contagiare altri; chi viene informato deve mettersi in contatto col proprio medico di medicina generale o con l’Asl competente.
Il sistema ci avverte quando siamo stati esposti a un utente potenzialmente contagioso. Esso è basato sulla tecnologia “Bluetooth Low Energy” e non utilizza dati di geolocalizzazione, inclusi quelli del GPS.
Non raccoglie e non è in grado di ottenere alcun dato identificativo dell’utente, come nome, cognome, data di nascita, indirizzo, numero di telefono o indirizzo e.mail; riesce solamente a determinare che è avvenuto un contatto fra due utenti ma non chi sono e dove si sono incontrati.
Facciamo un piccolo esempio di Alice e Marco, due ipotetici utenti.
Alice scarica l’ “App” sul suo smartphone che da quel momento emette continuativamente un segnale Bluetooth con un codice casuale.
La stessa cosa fa Marco.
Quando Alice si avvicina a Marco, gli smartphone dei due utenti registrano nella propria memoria il codice casuale dell’altro, tenendo quindi traccia di quel contatto, quanto è durato e a quale distanza erano i due.
I codici sono generati in maniera casuale, senza contenere alcuna informazione sul dispositivo o l’utente, e vengono modificati diverse volte ogni ora, in modo da proteggere assolutamente la privacy.
Supponiamo che, successivamente, Marco risulti positivo al SARS-CoV-2: in questo caso il sistema carica su un “server” (è un calcolatore che svolge funzioni di servizio per i calcolatori collegati in rete) le chiavi crittografiche dalle quali è possibile derivare i suoi codici casuali.
Per ogni utente, l’applicazione scarica periodicamente dal server le nuove chiavi crittografiche inviate dagli utenti che sono risultati positivi al virus.
Così il sistema controlla se qualcuno di quei codici corrisponde a quelli registrati nella memoria dello smartphone nei giorni precedenti: in tal caso l’ “App” di Alice troverà il codice casuale di Marco, verificherà se la durata e la distanza del contatto siano state tali da aver potuto causare il contagio e, in caso affermativo, avvertirà Alice.
Un sistema semplice con garanzia di segretezza data dal Ministero della Salute che raccoglie i dati, i quali verranno usati solo per contenere l’epidemia del COVID-19 o per la ricerca scientifica.
I dati salvati sul telefonino e sul server saranno cancellati non appena non saranno più necessari e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2020.
Più cittadini scaricano l’ ”App”, maggiori saranno i risultati.
Ovviamente quando si esce di casa bisogna portare il telefonino con se, aver cura di non disabilitare il Bluetooth e, ovviamente, non disinstallare l’applicazione.
Per accertarsi se l’applicazione è in funzione basta aprirla e controllare che nella sezione Home ci sia scritto “Servizio attivo”; in caso contrario basta premere il tasto “Riattiva Immuni” e seguire le istruzioni per riportare l’ “App” a funzionare correttamente.
Se il sistema invia una notifica è importante leggerla, aprire l’applicazione e seguire le indicazioni fornite: se l’applicazione chiede di essere aggiornata, bisogna farlo; se suggerisce di isolarsi e di chiamare il medico di medicina generale, è bene farlo immediatamente.
“Immuni” non può fare diagnosi: può solo segnalare un eventuale contagio o rapporti con persone contagiate; non è in grado di sostituire un medico.
Chi l’ha scaricato ha constatato che è molto semplice.
Dunque è bene farlo e invogliare gli altri: nell’interesse generale.