Ma cosa hanno combinato questi due in nome della beneficenza
Sui cosiddetti “influencers ”, in italiano “influenzatori, sui social corre la battuta “non ci sarebbero influencers se non ci fossero i deficienters”.
In Italia la principale influencer è Chiara Ferragni la quale, insieme al marito Fedez, sembra sia seguita da oltre 28.milioni di persone di tutte le età.
E se dovessimo seguire alla lettera l’aforisma citato dovremmo dedurre che nel nostro paese ci sono 28.milioni di deficienti; francamente non ce la sentiamo, sebbene tutto faccia pensare che tale categoria sia abbastanza numerosa, complici le principali reti televisive della Rai (forse si distingue solo Rai3) e anche altre emittenti: se tanti milioni di teledipendenti passano le loro giornate a guardare ciò che la Rai trasmette, ci verrebbe da dire che su 59.milioni di abitanti almeno la metà sono diventati deficienti .
Di tanto in tanto, oziando, ci sintonizziamo su Rai1, e per le corbellerie che trasmettono ci verrebbe da piangere.
Ormai le reti tv pubbliche sono demoralizzanti, e da quando c’è il governo Meloni sono diventate inguardabili.
E per questo motivo che sono sulla cresta dell’onda personaggi come la Ferragni.
Per quanto riguarda la Balocco noi la conosciamo come una delle più importanti aziende produttrici di dolci da forno: Panettoni, Pandori, Colombe pasquali, Biscotti, Wafer, eccetera, che fattura circa 200.milioni di euro l’anno, ha 400 dipendenti e altri 70 dipendono dalle aziende che circolano intorno ad essa, nella zona di Fossano; i suoi prodotti vengono esportati in 67 paesi.
Orbene, sappiamo chi è la Ferragni, ora abbiamo messo a fuoco anche la Balocco, e possiamo trattare dello scandalo
Entrambi sono entrati nel mirino dell’ “Agcom, Autorità indipendente per le Garanzie nelle Comunicazioni”, cioè un organismo che deve garantire ai cittadini di non essere turlupinati da messaggi ingannevoli che potrebbero indurlia valutare favorevolmente prodotti o servizi carenti.
E, quando la Ferragni e la Balocco hanno invaso il paese con la pubblicità del pandoro Balocco venduto a un prezzo esorbitante rispetto a quello usualmente praticato, Agcom è intervenuta appioppando a entrambi una pesante multa.
Pertanto il pandoro “Pink Christmas – Natale Rosa” – di Balocco costerà oltre 1 milione di euro a Chiara Ferragni e non per la beneficenza all’ospedale Regina Margherita di Torino, come la pubblicità aveva fatto intendere.
Il pandoro griffato Ferragni è stato presentato al pubblico come collegato alla beneficenza in favore dell’ospedale per l’acquisto di un macchinario necessario alla ricerca nell’ematologia oncologica pediatrica.
La multa è stata comminata dall’Agcom a Fenice S.r.l. e TBS Crew S.r.l. (le società che gestiscono i marchi e i diritti di immagine e identità personale di Chiara Ferragni) pari a, rispettivamente, 400.000 euro e 675.000 euro; la Ferragni ci rimetterà 1.milione e 75.mila euro.
Nessuno sconto alla Balocco S.p.a., sanzionata per 420.000 euro.
Risulta che effettivamente l’ospedale abbia ricevuto una donazione da parte di Balocco, ma in misura fissa e non proporzionata in alcun modo al ricavato delle vendite dei pandori.
Secondo l’Agcom, tuttavia, sarebbe stata fatta della pubblicità ingannevole, che ha fatto sottintendere una correlazione: compri il pandoro, contribuisci alla donazione.
Le società che gestiscono il marchio di Chiara Ferragni e Balocco sono quindi accusate di aver lucrato su un’iniziativa benefica, avendo presentato l’acquisto del pandoro come un modo per contribuire alle donazioni.
Secondo l’Antitrust si è trattato di pubblicità ingannevole che ha limitato la libertà d’agire dei consumatori, considerando il delicato tema delle donazioni in favore di bambini gravemente malati che ha inevitabilmente toccato la sensibilità comune.
In realtà, c’è stata una donazione in favore dell’ospedale Regina Margherita pari a 50.000 euro, ma completamente slegata dal ricavato delle vendite e dal sostanzioso cachet di Chiara Ferragni e del suo team.
Alcuni messaggi promozionali, così come l’apposizione del cartiglio sul pandoro, hanno infatti lasciato intendere che le donazioni fossero collegate alle vendite; anche perché il pandoro non griffato avrebbe avuto un costo di 3,70 euro (probabilmente anche meno visto che nella grande distribuzione questo prodotto in questo periodo viene offerto anche a 2 euro) ed è invece stato venduto, peraltro con notevole successo, a un costo di oltre 9 euro.
Sia Chiara Ferragni che Balocco, secondo le ultime dichiarazioni, intendono impugnare il provvedimento.
Intanto, la decisione dell’Agcom sulla mancanza etica nelle pratiche commerciali avrà senza dubbio riflessi dal punto di vista mediatico, auspicabilmente senza che a farne le spese siano proprio le opere di beneficenza.
È poi arrivata anche la replica di “Codacons”, il Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e la tutela dei diritti di utenti e consumatori, che ha annunciato l’avvio di un’azione legale contro Balocco e Chiara Ferragni per chiedere che i consumatori che hanno acquistato il pandoro griffato siano rimborsati, presumibilmente della differenza di prezzo.
Tecnicamente non c’è alcuna stortura, gli acquisti derivati dalla pubblicità ingannevole danno diritto al rimborso dei costi sostenuti (talvolta perfino a un risarcimento danni).
In questo caso, però, è evidente che una modalità di rimborso diretta è quasi impossibile, sono troppi i soggetti coinvolti (non solo consumatori ma anche rivenditori e così via) e difficili da dimostrare gli acquisti.
Si potrebbe pensare a una riparazione del danno indiretta e simbolica, come per l’appunto la donazione in beneficenza del ricavato.
Questo però non può essere un provvedimento erogato, in quanto il rimborso spetta personalmente a chi ha effettuato l’acquisto così come il risarcimento a chi ha patito il danno.
Oltretutto, il prodotto non è più disponibile dato che si trattava di un’edizione limitata (in proposito abbiamo qualche dubbio) e non è quindi ipotizzabile nemmeno un’equiparazione dei costi.
In sintesi, chi ha acquistato il pandoro griffato Ferragni ha diritto al rimborso (sempre che la decisione dell’Antitrust non sia ribaltata dopo l’impugnazione degli interessati) ma non sarà così facile averlo.
Chi l’ha comprato e può dimostrarlo potrebbe comunque avanzare la richiesta in una causa civile, dopo la segnalazione all’Agcom.
Ma è ipotizzabile che tutto finisca (indipendentemente dalla impugnativa contro il provvedimento dell’Agcom) a tarallucci e vino, giacché ci sembra molto improbabile che chi ha acquistato qualche panettone si impelaghi in un’azione giudiziaria individuale per recuperare pochi euro; a meno che non ci sia una “Class-Action”, che pure riteniamo improbabile per la macchinosità della procedura e la esiguità dell’eventuale risarcimento.
Vergognoso che una persona approfiti della popolarità e della scusa di fare beneficenza per ricavarne un profitto. Dimostra di essere una persona meschina