San Gennaro? No, Procolo. La storia e il vero nome del santo più amato dai napoletani
In molti ignorano che deve condividere il ruolo di patrono della città con ben altri cinquantadue santi, eppure lui, Gennaro, giovane vescovo di Benevento morto decapitato a trentatré anni, è il santo più amato di Napoli ed uno dei più venerati in Campania.
Gennaro discendeva dalla famiglia gentilizia della gens Januaria, che durante l’era pagana era dedita al culto del bifronte dio Giano. Quindi Gennaro non era il suo nome, bensì il cognome. Fonti non ufficiali affermano che il suo nome fu Procolo.
Nella seconda metà del III secolo, in piena persecuzione cristiana da parte di Diocleziano, ebbe luogo il suo martirio. Mentre si stava recando a Miseno per far visita all’amico Sossio, il diacono che era stato incarcerato perché celebrava funzioni religiose nonostante gli fosse stato fatto divieto, fu arrestato nei pressi di Pozzuoli e condannato, per ordine del governatore Dragonzio a essere sbranato dagli orsi nell’anfiteatro. Ma qui avvenne il miracolo: Gennaro, al cospetto delle belve, impartì loro la benedizione e queste si ammansirono.
Il governatore allora decise di fa decapitare San Gennaro davanti al vulcano della Solfatara di Pozzuoli. Era il 19 settembre del 305 dopo Cristo.
Secondo la leggenda, una nobildonna, Eusebia, raccolse in due ampolle il sangue del santo versato durante l’esecuzione. Le boccette furono successivamente consegnate al vescovo Severo durante il trasporto delle reliquie da Pozzuoli alle catacombe di Capodimonte.
Quando il sangue rappreso nelle ampolle si unì alla testa del santo, avvenne, per la prima volta, il miracolo della liquefazione.
Le sue spoglie furono trafugate attorno l’831 e portate a Benevento. Nel XII secolo furono traslate nel santuario di Montevergine, ad Avellino, ma qui era praticato il culto di Mamma Schiavona e i resti del santo furono presto dimenticati. Nel 1497 il corpo di san Gennaro fu solennemente traslato a Napoli, nel Duomo, dove si trova tuttora.
Il sangue, custodito in una ampolla nella cattedrale, si scioglie tre volte l’anno: il 19 settembre, il sabato precedente la prima domenica di maggio e il 16 dicembre. Oltre che a Napoli, il miracolo si verifica pure quasi simultaneamente nella chiesa di San Gennaro alla Solfatara di Pozzuoli, sulla pietra su cui la tradizione vuole fu decapitato il Santo che diventa di un colore rossastro.
Nel 1933 Maria Josè, moglie di Umberto II di Savoia, si trovò a visitare la Cappella di San Gennaro in forma privata e non avendo portato con sé nulla da donare, si sfilò l’anello che indossava offrendolo al Santo. Questo dono regale trova ora posto sulla collana, uno dei gioielli più preziosi esistenti al mondo. Per costruirla nel 1679 vennero utilizzare tredici grosse maglie in oro massiccio al quale sono appese croci tempestate di zaffiri e smeraldi.