Nonostante le speranze, e le illusioni, che abbiamo alimentato nei giorni scorsi, purtroppo nella notte tra il 23 e il 24 febbraio la Russia ha invaso l’Ucraina.
Vladimir Putin, il nuovo zar russo, l’ha camuffata fino all’ultimo, ma alla fine ha confermato quello che già da settimane gli USA temevano.
Dopo 80 anni dal drammatico ultimo conflitto mondiale, è scoppiato, quasi in casa nostra, un conflitto, per il momento locale, ma che potrebbe allargarsi in questa parte dell’Europa che è a un tiro di schioppo dal nostro paese e dalla U.E.
La quale, tanto per cambiare, è stata inerte ad osservare, senza prendere una ufficiale posizione, lasciando solo al Presidente francese, Emmanuel Macron, e al Cancelliere tedesco, Olaf Scholz, le iniziative, purtroppo improduttive, di recarsi da Putin, con una timida e inconcludente appendice italiana che ha visto il nostro Presidente del Consiglio inutilmente impegnato a farsi ricevere da Putin.
Il nostro Ministro degli esteri che non è riuscito a organizzare l’incontro, ma non risulta che ci sia stato un costruttivo tentativo di chiedere al Presidente russo un incontro ad alto livello, e di ciò lo stesso Draghi si è doluto; probabilmente ha nuociuto il viaggio in Ucraina per portare la nostra solidarietà.
Qualche illusione l’avevamo coltivata allorquando le due repubbliche separatiste ucraine della Regione del Donbass, Donetsk e Luganks autonomamente proclamatesi filorusse, sono state riconosciute da Putin. Il loro pronto riconoscimento lasciava intendere ancora una volta quali sono le sue richieste, cioè che la Nato lasci stare l’Ucraina e allontani le proprie basi dalla Russia.
Da questo punto di vista la richiesta di Putin non è infondata.
Nessuno può dimenticare che nell’ottobre 1962, quando l’URSS decise di installare a Cuba i suoi missili, gli USA, sentendosi minacciati dalle basi missilistiche russe a pochi chilometri, opposero un netto rifiuto e bloccarono l’accesso delle navi russe.
Era Presidente Usa J.F.Kennedy, quello russo era Nikita Krusciov, e in quella circostanza fu Kennedy a dimostrare fermezza contro l’URSS, e il mondo temette un conflitto nucleare.
Ma poi vinse il buon senso, la diplomazia mise in campo tutte le risorse delle quali disponeva, e l’URSS fu costretta a fare marcia indietro, e il mondo tirò un grande sospiro di sollievo, cosa che oggi non è stato.
Qualcuno dovrebbe spiegare perché la reazione del 1962 apparve legittima per gli USA, mentre oggi quella di Putin sembra suscitare tanto scalpore.
In verità oggi la Russia si sente minacciata ai suoi confini sud-ovest proprio dall’Ucraina che è orientata per la Nato e l’U.E., e non è cosa recente.
Il conflitto, negli ultimi anni non armato, fra Ucraina e Russia, è annoso, e impropriamente viene citato, come inizio, l’anno 2014, che corrisponde solo alla sottoscrizione del “Protocollo di Minsk”, un accordo sottoscritto il 5 settembre 2014 tra i rappresentanti dell’Ucraina, della Russia, della Repubblica Popolare di Doneck e della Repubblica P0opolare di Lugansk, sotto l’egida dell’ “OSCE – Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europea”.
Quell’accordo -che prevedeva un immediato cessate il fuoco (già allora i cannoni avevano sparato), lo scambio dei prigionieri, l’impegno dell’Ucraina di garantire maggiori poteri alle regioni separatiste (filorusse) del Donbass- non fu mai rispettato, portò solamente ad una iniziale diminuzione delle ostilità.
Già da qui si comprende che la questione è annosa, e se da un lato non è accertato che l’Ucraina abbia richiesto di entrare a far parte della Nato o dell’Alleanza Atlantica o addirittura della UE, dall’altro non si può negare il suo orientamento ad ovest, che Usa e Nato caldeggiano.
Per tentare di capire qualcosa di più dobbiamo fare un passo indietro di qualche secolo, partendo dall’assunto che, sebbene tra gli attuali Ucraini e la Russia non sia mai corso buon sangue, essi sono comunque russi, giacché per secoli sono appartenuti alla sfera russa.
Andiamo indietro al periodo tra fine ‘700 e inizio ‘800, allorquando all’interno dell’Impero russo l’odierna Ucraina era divisa fra la Piccola Russia, la Russia Meridionale, e la Russia Occidentale.
Nonostante le promesse di autonomia contenute in vari trattati, gli ucraini e i cosacchi non fruirono mai delle libertà che attendevano dall’Impero Russo. Ciononostante, all’interno dello stesso, gli ucraini contavano, tanto da arrivare ai gradi più alti della gerarchia e della Chiesa ortodossa russa.
Come si vede, sin da quell’epoca l’Ucraina ha rivendicato il distacco dalla Russia.
Anzi, nell’ultimo periodo, il regime zarista portò avanti una politica di russificazione delle terre ucraine, sopprimendo finanche l’uso della lingua.
Nello stesso periodo l’Ucraina divenne il “granaio d’Europa”: Odessa, porto d’imbarco del grano, era la più grande città ucraina e la quarta dell’Impero russo, Kiev e Kharkov erano centri dell’industria tessile, e Leopoli era la quarta città ucraina.
Fra il 1917 e il 1922, in seguito alla Rivoluzione Russa, vi fu un lungo periodo di guerra civile e di anarchia con continui cambi di fazioni al potere; questo periodo fu segnato dall’esistenza di più entità statali separate: nei territori austroungarici di lingua ucraina fu proclamata la Repubblica Nazionale dell’Ucraina Occidentale, mentre nell’area appartenuta all’Impero Russo si scontrarono la Repubblica popolare ucraina con capitale Kiev e la Repubblica socialista sovietica ucraina con capitale Charkov.
La Repubblica Popolare di Kiev fu riconosciuta dall’Impero Germanico, che ne impose il riconoscimento ai Bolscevichi nel trattato di Brest-Litovsk. Dal 1918 fu un centro dell’Armata Bianca (esercito controrivoluzionario russo, che si contrapponeva a quello rivoluzionario denominato Armata Rossa).
Ponendo termine ad un periodo di aspre lotte, la Pace di Riga assegnò la Galizia e la Volinia alla Polonia, i sovietici ottennero il resto del paese e nel 1922 l’Ucraina entrò ufficialmente a far parte dell’URSS come Repubblica socialista sovietica ucraina.
Fra il 1941 ed il 1944 l’Ucraina fu occupata dalle forze dell’Asse nell’ambito della campagna di Russia; oltre 30.000 ucraini si arruolarono nelle Waffen-SS in funzione antibolscevica e antirussa: quindi anche in tale occasione gli ucraini si schierarono contro l’URSS, e in questo contesto si inserì anche l’attività nazionalista ed indipendentista dell’Esercito Insurrezionale Ucraino contro l’Armata Rossa, il che conferma ancora una volta che tra Ucraina e Russia non è mai corso buon sangue.
Nel 1954, durante la presidenza di Nikita Krusciov, per celebrare i 300 anni di “amicizia” tra Ucraina e Russia, l’URSS decise di annettere la Crimea all’Ucraina, tagliandola dalla Federazione Russa, ma sempre all’interno dell’Unione Sovietica.
Nel periodo sovietico ebbe grande sviluppo industriale il bacino carbonifero del Donbass e ciò spostò l’equilibrio economico dell’Ucraina a favore delle aree più orientali e russofone.
Il 26 aprile 1986 capitò il disastro di Cernobyl, che ebbe conseguenze devastanti in termini di morti, malati, menomati, sfollati, nonché in termini di danni economici, sopportati dalla Russia.
Il 16 luglio 1990, durante la dissoluzione dell’Unione Sovietica, il nuovo Parlamento ucraino adottò la “Dichiarazione di sovranità dell’Ucraina”, che stabilì i principi di autodeterminazione, la democrazia, l’economia politica e l’indipendenza e la priorità della legge ucraina sul suo territorio rispetto al diritto sovietico.
Un mese prima analoga dichiarazione era stata adottata dal Parlamento della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa. Iniziò un periodo di confronto fra il Soviet centrale e le nuove autorità repubblicane. Dopo il fallito golpe, il 24 agosto 1991 il Parlamento ucraino adottò l’Atto d’indipendenza attraverso il quale il Parlamento dichiarò l’Ucraina uno Stato indipendente e democratico.
Il 1° dicembre 1991, al referendum e alla prima elezione presidenziale, più del 90% dell’elettorato espresse il proprio consenso all’Atto d’Indipendenza; fece seguito l’incontro del 21 dicembre nel quale i leader di Russia, Bielorussia e Ucraina dissolsero formalmente l’Unione Sovietica e formarono la “CSI – Comunità degli Stati Indipendenti”, ma i rapporti rimasero molto tesi, tant’è che non si riuscì a risolvere alcune questioni fondamentali anche dal punto di vista militare, come quella delle armi nucleari sul suolo dell’Ucraina e il controllo della flotta del Mar Nero ancorata a Sebastopoli.
Anche l’economia del paese conobbe un periodo di crisi dovuto alla mancanza di riserve energetiche, si ebbero tassi elevatissimi di inflazione e le tensioni interne aumentarono.
Alla fine degli anni novanta i rapporti fra Ucraina e NATO furono causa di nuove tensioni con la Russia.
Continuarono le schermaglie diplomatiche tra Ucraina e Russia, fino alla Rivoluzione arancione anti russa del 2004 (nella quale si inserirono anche gli USA e l’UE) e alla crisi del gas tra Russia e Ucraina del 2006, allorquando la Russia applicò un prezzo notevolmente più alto al gas fornito all’Ucraina.
Schermaglie sostanzialmente praticate fino agli ultimi anni e che hanno preluso alla crisi sfociata nell’attuale guerra alla quale non si intravede una conclusione immediata, visto che probabilmente, nonostante le ingenti forze di invasione russe, l’Ucraina sembra un osso abbastanza duro da rosicchiare, e le preoccupazioni degli altri Paesi europei sono tante.
E’ fuori dubbio che gli Usa e la NATO abbiano molto soffiato sul fuoco, ma è pure innegabile che essi abbiano umiliato Wladimir Putin, stringendolo da più lati, ed è inutile riportare il paragone con la crisi di Cuba, della quale abbiamo già parlato.
Probabilmente il problema si risolverà solo quando le armi taceranno, ma occorrerà un negoziatore di prestigio per una soluzione, e che, a nostro avviso, potrà avvenire solo dando a Putin le garanzie che chiede, vale a dire la fine dell’accerchiamento.
Ma ci vorrà molta buona volontà dei contendenti, e grande prestigio del negoziatore, con la viva speranza che questa volta si giunga ad una soluzione definitiva.