A tutti Noi sarà capitato, prima o poi, di andare in avanti, immaginare uno scenario alternativo, magari con colori fluo e accesi, architetture visionarie sulle strade e sui luoghi che attraversiamo e respiriamo ogni giorno.
Un esercizio divertente che a me, amico dell’Evasione, capita spesso. Soprattutto in Conca d’Oro a Roma, tipico scenario residenziale da boom del dopoguerra: grandi spazi abitativi, cemento, lingue d’asfalto e, per fortuna, qualche sacrosanto sprazzo di verde. Qua e llà.
E la Capitale, grazie alla sua fase degagée, offre molte opportunità o, che dir si voglia, necessità di Evasione. Luoghi in cui, nella vacatio, è facile e spontaneo voler immaginare un percorso alternativo, una boccata d’aria fresca, contro il degrado.
Parte da qui “Pigneto Immaginario”, progetto di visioni urbane che mette in campo un’alternativa di sviluppo urbano ma anche sociale e culturale del quartiere Pigneto.
Nato agli inizi del XX secolo come quartiere destinato ad ospitare la classe operaia nella zona sud della Capitale e soprattutto la manovalanza delle Ferrovie, il Pigneto, che prende nome dai pini che lo abitavano anticamente, incarna oggi, o intende farlo anche in salsa radical, la dimensione creativa, artistica e intellettuale della Capitale (ove ce ne sia una ovviamente). Dalla sua ha il vantaggio di essere molto vicino al centro, alla Stazione Termini.
Contro c’è, latente ma si sente, un’insoddisfazione tipica da proletariato per aspettative di radioso avvenire mancate o incomplete come, ad esempio, sul piano del co-habitat: il quartiere oggi è un contesto multietnico di frizzante contaminazione ma anche di coesistenza a volte difficile.
“Pigneto Immaginario” re-interpreta le attese appese del quartiere e, nato da un’idea dell’architetto e designer Giuseppe Vultaggio – originario di Benevento – va oltre la percezione del quartiere di lotta sociale e disegna scenari alternativi all’indifferenza e al degrado.
Ci sono foto, ad esempio che, nel tran tran quotidiano, ritraggono Obama che passeggia alla testa di un corteo per le strade del Quartiere. Quasi urlare agli abitanti di ripigliarsi dal torpore o anche, perchennò, dalla tipica spocchia radical chic, e impegnarsi al cambiamento della vita del Quartiere.
Oppure la Prenestina, solitamente invasa da Macchine, sommersa da un Prato.
Magari prima o poi accadrà.
Qua sta la cosa clou di “Pigneto Immaginario”. Non si tratta di immagini con cui scappare dal quotidiano che non ci piace. Si tratta, invece, tendendo il Possibile, di provocazioni, scetateve wagliu, per riprendere e reinventare la vita del quartiere.
Oltre alla creatività delle visioni, “Pigneto Immaginario” da vita a un modello, un approccio di pensiero applicabile ogniqualvolta ci viene spontaneo pigliare una boccata d’aria fresca sul cemento monocolore.
Una soluzione di rilancio e riscatto, laddove, al tempo presente, tutto si ferma e l’unica forza, salvifica, rimane nella visione, pura e semplice, dell’immaginazione. Non per evadere ma per riprenderci un pezzo di realtà.