scritto da Mariano Avagliano - 06 Giugno 2018 08:47

Roma, è Lei che mi ha invitato stasera

foto Filippo Durante

Di questi tempi, di queste Notti, ove tutto sfugge, vola, corre, si perde il Senso. A star dietro a parole e fatti costruiti. Poco spazio per tutto il resto. Fatto del semplice respirare quello che c’è e si staglia sul flusso costante.

Poco fa mi è successo. Rientrando.

Ci son passeggiate che fai senza manco renderti conto di dove vuoi andare. Come sempre, sono le migliori. Quelle che poi alla fine, per esperienze vissute e pensate, sono come Viaggi. In tutto e per tutto. Succede, qualche volta, con i libri, e diciamocela tutta, anche con gli articoli, sopratutto per chi, come me, come adesso, scrive.

Roma è Lei che mi ha invitato Stasera. Forse lo fa sempre ma ci faccio poco caso. Come tutti, d’altronde. Tanto malandata, bistrattata, trascurata. Profondamente.

Eppure, come quelle vecchie Signore di alto e altissimo rango che conservano un quid di charme, che ti sorprende e, overament, ti stende.

Mi sono perso fin dove i piedi sono arrivati. Ho lasciato, anzi ci ho provato, filtri, schermi, quella polvere, insomma, che, a volte, appesantisce e non lascia visuale libera per come la realtà è. Sono uscito dall’ufficio e ho iniziato.

All’inizio del tramonto. Dalla Stazione Termini, incrociando il traffico, immenso, fatto anche da quelli che, come me, tornavano a casa. In una di quelle che dall’aereo, quando atterri a Fiumicino, sono niente altro che infinite lucine. Attraversando, tra Via XX Settembre e Via Veneto, i luoghi del potere di ieri e di oggi. Indipendentemente da quello che accade, loro ci stanno da tempo come a indicare che il senso della strada, del percorso, del viaggio, poi lo vedi solo dopo aver fatto un pò di strada, a distanza. Tra le strade di dentro, quelle meno conosciute, dove solitamente, forse in ogni città ma qui particolamente, ci stanno i ristorantini delle serate carine e appartate, ho visto la città che ride e al principio dell’estate si anima di luci, voci, profumi.

Turisti ridanciani mi hanno chiesto indicazione “Fontana di Trevi” ho provato a dirglielo e ho riso. Sono arrivato a Piazza Fiume, incrocio divertente tra Potere, Dolce Vita Grande Bellezza e la Città dei centri di consulenza, delle aziende, dei professionisti. Ho fatto finta di aspettare un autobus per poi proseguire, in mezzo alle stradine di dentro. Come prima. All’improvviso, eccomi, nel quartiere degli anni dell’Università. Non ci sono grandi sbornie in giro. O meglio ci sono ma forse non le vedo bene. Sotto i piedi la Città è cambiata: da quella che ho lasciato si è trasformata in un corpo fatto di case e strade. Case e strade. Ma quanta gente, mi sono chiesto, campa e respira in questo posto?

Sono arrivato a casa, il sole scendeva, lemme lemme, verso il Parco, dopo il Ponte. Questo cemento mi viene familiare, ho pensato. Se anche non è bello ha il suo perchè. Mi dice che la Città è sempre la stessa. Fatta solo di diverse sfumature. Come Noi, d’altronde. Alti e Bassi. Sono arrivato. La porta s’è chiusa dietro me. Ho pensato adesso scrivo. Scrivo ciò che ho respirato. La fortuna, wagliu’, di una passeggiata.

Non è che sia tutto bello e ridente e sorridente. E divertente. Anzi, tutt’altro, sta città ha tante cose da cui ripartire. Dall’abc per certi aspetti. Volevo solo dire che, mettendo, da parte per un momento, come na passeggiata, polemiche e polvere del giorno, emerge la natura autentica di una città che accoglie da sempre. E se non la vivi, nel suo essere insopportabile giorno per giorno, non ti rendi conto di quanto invece sia sorprendente alla sera. Quando tutto sembra tacere o meglio parlare un altro linguaggio. Più soffuso. Là, verso il Parco. Quando, si fa notte, lemme lemme, e le macchine per strada, il rumore delle gomme sull’asfalto si affievolisce sempre di più. Quasi scemando fino al cuore della Notte. Quasi, per poi, di nuovo, esplodere. Qualche istante prima dell’Alba.

Passeggiata di un cavajuolo romano al principio dell’Estate.

Ha iniziato a scrivere poesie da adolescente, come per gioco con cui leggere, attraverso lenti differenti, il mondo che scorre. Ha studiato Scienze Politiche all’Università LUISS di Roma e dopo diverse esperienze professionali in Italie e all’estero (Stati Uniti, Marocco, Armenia), vive a Roma e lavora per ItaliaCamp, realtà impegnata nella promozione delle migliori esperienze di innovazione esistenti nel Paese, di cui è tra i fondatori. Appassionato di filosofia, autore di articoli e post, ha pubblicato le raccolte di poesie “Brivido Pensoso” (Edizioni Ripostes, 2003), “Esperienze di Vuoto” (AKEA Edizioni, 2017).

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