Renzi, il Rosatellum, i Cinque Stelle e il futuro a rischio del Paese
Non ho mai nascosto la mia simpatia e il mio appoggio a Matteo Renzi, sia quando si è candidato alle primarie del PD, e la prima volta le ha perse, sia quando ha avuto l’incarico di Presidente del Consiglio dei Ministri, sia quando ha tentato di modernizzare questo Paese, e non solo con la contestata e tanto bistrattata riforma della Carta costituzionale, annullata con il referendum del 4 dicembre scorso, ma anche con tanti interventi, a volte poco conosciuti.
Durante i circa tre anni di suo governo è innegabile che abbia fatto molti errori, certamente ha avuto tante batoste, probabilmente, come sostengono tanti suoi critici, se le è pure meritate, non ha brillato per “democrazia”, sia all’interno del suo partito, del quale ha tenuto saldamente e con pugno fermo la segreteria, confortato anche dalla rilevante maggioranza dei suoi sostenitori, sia nel gestire il difficile “premierato”, dimostrando comunque notevole spessore anche nei rapporti con le forze politiche che lo hanno, a fasi alterne, sostenuto, e di alcune delle quali è stato a volte succube, ma molte volte fustigatore.
Tanti meriti e demeriti si possono imputare a Matteo Renzi, ma certamente gli si deve riconoscere una grande intelligenza, un notevole carisma, una grande comunicativa, e anche una notevole capacità di adattarsi, nonostante il suo carattere, al mutare dello scenario politico.
Una delle colpe di cui lo si accusa è di aver quasi dileggiato quella minoranza interna del partito che gli ha messo tanti bastoni tra le ruote, ha tentato in tutti i modi di fiaccarlo, anche perché lo vedeva come un giovane intruso venuto a comandare in casa d’altri; e alla fine, con notevoli traumi personali, qualcuno è andato via formando un nuovo partito politico, che costituisce una forza irrisoria, anche perché parte di quei dissenzienti sono alla fine rimasti nel PD e qualcuno si è ecclissato.
Ora sembra che Renzi abbia maturato, dimostrando, salvo prova contraria, di aver dato un valore aggiunto alla dote di politico di razza che tanti auspicavano.
E’ di qualche giorno addietro la notizia della apertura di Renzi alle forze avverse che militano nel panorama della sinistra italiana, e non solo a Pisapia, che sta tentando di formare una nuova forza di sinistra alternativa al PD, ma anche a quei politici che sono stati in rotta di collisione con Renzi, come D’Alema, Bersani, Civati, ma anche a Orlando, suo “competitor” alle primarie, ed è appoggiato pure da Franceschini e Minniti, che in qualche occasione gli hanno espresso critiche, con la benedizione dei “padri nobili” Romano Prodi e Walter Veltroni.
In democrazia ogni idea, anche di un singolo individuo, deve essere ascoltata, giacché anche il singolo può esprimere una proposta positiva; purtroppo questo non sempre avviene in quanto spesso le critiche sono finalizzate a demolire piuttosto che a costruire.
L’apertura di Renzi costituisce, a giudizio di illustri commentatori della politica italiana, il segnale che è nata una élite politica che lo consiglia ed alla quale egli sembra dare ascolto.
Ma c’è ancora chi sostiene che Renzi e la democrazia siano come il diavolo e l’acqua santa, il che induce a fare qualche riflessione su cosa sia la democrazia in Italia, giacché nel nostro paese di democrazia si fa un gran parlare, ma alla fine si tirano pochissime conclusioni, a volte sbagliate, e si realizza ancora meno.
Il cittadino elegge i suoi rappresentanti, deputati e senatori, i quali esprimono un governo che deve guidare il paese; i deputati e senatori approvano le proposte di legge fatte dal parlamento o di iniziativa del governo o popolari.
Ma chi sceglie i candidati per la Camera e il Senato? Sono le segreterie dei partiti, quindi il cittadino non ha voce in capitolo nella scelta di coloro che poi dovranno rappresentarlo: questa è una specie di democrazia delegata a pochi, ma non potrebbe essere altrimenti.
Un correttivo di questa anomalia è dato dalle “primarie” per la scelta dei rappresentanti dei partiti, sistema democratico che individua chi debba guidare quel partito, ma del quale non tutti i partiti si avvalgono, e non solo i “partiti azienda”, come FI di Berlusconi. E c’è persino chi camuffa come “primarie” una specie di elezione telematica sulla quale non esiste controllo alcuno, tant’è che, come nel caso recentissimo della designazione del candidato premier del M5S, sembra che il voto espresso dalla rete sia tutt’altro che affidabile, ma non lo si può dimostrare o contestare proprio perché quel sistema non è sottoposto ad alcun controllo, se non da parte di coloro che hanno creato la piattaforma: e questa “pseudo democrazia dal basso” rappresenta solo una forma occulta di dittatura.
E giacché siamo in tema, non voglio lasciarmi sfuggire un commento durissimo che Eugenio Scalfari, uno dei commentatori politici più lucidi che ci siano in Italia, qualche giorno addietro ha espresso proprio sul M5S, scrivendo sia del calo di affluenza alle urne, sia dei voti che appunto i grillini raccolgono da quella parte di elettorato che vuole ancora partecipare, ma che non ne può più delle chiacchiere dei parlamentari degli altri partiti e vota per il M5S per protesta, diventando in tal modo sostegno all’astensionismo ufficiale.
Questo movimento non ha alcun programma politico, non ha identità, non ha valori ma proclama un obiettivo: di spodestare i partiti esistenti siano piccoli o siano grandi, non importa, via tutti. I grillini non hanno obiettivi politicamente concreti; fanno alcune proposte che piacciono a una moltitudine non politicizzata e contraria alla partitocrazia. Proposte che soddisfano alcuni bisogni popolari senza peraltro rimuoverne le cause che li producono. Non hanno una politica europea, oscillano sull’importanza della moneta comune. Sono privi di ideologie.
Ce la farà Matteo Renzi a contrastare anche questi nuovi astensionismi, oltre alle forze populiste e xenofobe, e oltre alle opposizioni più o meno palesi?
Il primo banco di prova è l’approvazione della nuova legge elettorale proposta da Rosato, approvato l’altro giorno alla Camera dei Deputati e ora passata al Senato.
E’ chiaro che se essa passerà, c’è la conferma che Renzi è rientrato sulla scena politica a pieno titolo ed ha molte chance per diventare, dopo le prossime elezioni, nuovamente premier.
Se tutto ciò non dovesse avvenire, il paese potrebbe ripiombare in una crisi istituzionale che potrebbe determinare il blocco anche della ripresa economica oramai certa, ma ancora timida.