scritto da Mariano Avagliano - 04 Settembre 2018 09:12

Rappresentazione Wazzuppiana 

Da un po’ di tempo a sta parte ci sta un gruppo per qualsiasi cosa. Wazzup ci ha inviluppato in giri di cui, a pensarci, manco sapevamo che esistessero.

Ci sta un gruppo per qualsiasi cosa. Per il Buongiorno e la Buonaotte. Per l’ambiente di Lavoro e per i Fine Settimana. Per la parrocchia, la palestra, la spesa, l’incontro fortuito a un concorso pubblico e alla fermata della metro mentre non passa niente. Insomma qualsiasi cosa va bene per un Gruppo di Wazzup. Con tanto di foto rappresentativa. A ciascuno il suo nome, la sua ricorrenza.

Estensione, all’ennesima potenza, di spasmodica e costante ricerca di non volersi perdere, di tenersi in contatto. Come quasi a voler recuperare contatti e interlocuzioni che non ci sono mai state. Sia per il tempo ma pure, magari dai pensiamoci su, perchè con quelle persone non ci prendeva proprio assai se non parlare del Più e del Meno. A proposito, almeno a me, manca un Gruppo del Più e del Meno.

Internet, il web, insomma il Mondo 2.0 ci ha regalato tante opportunità: ci consente di lavorare in modo che prima non conoscevamo, di risolvere problemi di fronte ai quali, prima della sua comparsa, ce ne andavamo rassegnati a pigliare na birra al bar. Con amici e conoscenti, quelli veri reali che puo frequentare o mandare a quel Paese quando e come vuoi.

Esiste the dark side of the Moon: Internet 2.0 ci ha pure abituati anzi assuefatti o peggio ancora drogati al contatto costante, reiterato, all’amicizia rilanciata su qualsiasi passo facciamo.

Su qualsiasi esperienza viviamo. Partner compresi tutti ha da essere condiviso. All’istante. Se no non c’è mordente. Un modo, spiccia spiccia con cui rispondere, o almeno provarci bel tentativo, a quella eterna voragine che ciascuno si porta dietro che è fatto da nient’altro se non dalle persone che, per vari motivi, dimentichiamo, perdiamo, tralasciamo. Come d’altronde funziona lo scorrere della Vita, Pantarei tutto scorre e niente permane. Ci sono cose che prendiamo, per forza, e cose che, ahimè ma s’adda fa, siamo portati a lasciare. Non è che ancora oggi ci possiamo portare appresso nell’armadio le tutine spaziali di quando eravamo piccoli.

Non che non sia positivo entrare in contatto con persone e parenti lontani solo che, a volte, non ci facciamo manco caso e pur di dire la nostra, di esser evidenti, importanti, di far ridere qualcuno cadiamo in una sorta di equivoco. Quello tra il riprendere contatti o rilanciarne nuovi e la voglia di essere, a tutti i costi, considerati in una qualche formula.

A chi non è mai successo di trovarsi, dentro a un Gruppo di Wazzup, a qualcuno che spara qualche catena da rimandare agli altri contatti oppure peggio qualcun altro che propone e parla e scrive un tema completamente diverso, come la propagando per questo o quel partito, rispetto al “nobile” motivo in base al quale il gruppo è stato fondato.

La gente insomma ha bisogno di stare in contatto, di sentirsi in qualche modo rilevante e degna di una certa, a vari livelli, considerazione. Pure se poi, alla fine, non ci importa niente o quasi delle persone a cui scriviamo dentro quella chat. E pure se poi, ovviamente, tutto sto trambusto non ci porta a niente. Di utile intendo.

D’altronde è pure, aggiungiamo, la lettura, in parte, del mondo in cui viviamo: fatto di tutti contro tutti e di tutti che possono dire qualsiasi cosa, per la maggiore senza prendersi la resposabilità di quello che si dice e si scrive. Un pò come il “L’ho letto su internet” che ancora va di moda. Si ma dove mi verebbe da rispondere? Sarebbe come dire l’ho detto in una Biblioteca.

Non ci sta condanna o vituperio, pure se a volte a quello che scrive “mandate a tutti i vostri contatti e avrete fatto la vostra parte” nu bell vaffa ci sta coi fiocchi, però fa riflettere. Soprattutto il modo liquido in cui si sono evolute le relazioni. Fatte più di presenza che di reale vicinanza e contenuto. Anzi, concretamente, fatte molto e molto più di autocelebrazione da selfie piuttosto che di consapevolezza di quanto ci sta attorno.

Non ci sta condanna, quindi, ma semplicemente almeno un poco di sale nella zucca bisogna metterlo: alla fine il nostro modo nuovo di concepire le relazioni niente altro è se non uno strumento, punto e basta, e non un fine. Non usciamo per farci selfie. Ma semmai ci facciamo selfie per far vedere e apprezzare pure agli altri i posti che visitiamo.

Un poco di zucca, quindi. Non perchè lo fanno i radical chic che – sicuramente li avrete visti si presentano ancora oggi con cellulari degli anni Novanta in segno di dispregio del consumismo tecnologico – sono peggio dei selfie addicted. Ma semplicemente per non rimanere intrappolati in un girotondo attorno a Noi stessi che non fa niente altro che chiudere e farci vedere un mondo che esiste soltanto per Noi. Il Mondo reale, banali ma reali, è sempre e soprattutto fuori. Tutto il resto è solo e soltanto Rappresentazione.

Ha iniziato a scrivere poesie da adolescente, come per gioco con cui leggere, attraverso lenti differenti, il mondo che scorre. Ha studiato Scienze Politiche all’Università LUISS di Roma e dopo diverse esperienze professionali in Italie e all’estero (Stati Uniti, Marocco, Armenia), vive a Roma e lavora per ItaliaCamp, realtà impegnata nella promozione delle migliori esperienze di innovazione esistenti nel Paese, di cui è tra i fondatori. Appassionato di filosofia, autore di articoli e post, ha pubblicato le raccolte di poesie “Brivido Pensoso” (Edizioni Ripostes, 2003), “Esperienze di Vuoto” (AKEA Edizioni, 2017).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.