Piccoli e maleducati: ma più di loro i genitori
E pure i Giudici ci mettono il loro
E’ capitato pochi giorni fa a Parma, dove una insegnante, dopo quattro anni di processo, è stata condannata a un mese più venti giorni di reclusione per avere rimproverato gli alunni di una quinta classe elementare, nella quale era stata inviata come supplente, ad avere maggiore rispetto delle istituzioni.
Era accaduto che un gruppo di studenti aveva imbrattato con le feci le pareti e i lavandini dei servizi igienici dell’istituto scolastico in una città in provincia di Parma, Fornovo di Taro, suscitando le ire del personale di pulizia che era stato costretti ad un extra-lavoro non proprio gradevole.
E’ il caso di riflettere sul dettaglio che si trattava di bambini di circa 10 anni, che potremmo definire “teppistelli” in erba. E giacché a scuola non si va solo per imparare a leggere, scrivere, far di conto, studiare il passato, ma anche a saper vivere e sapersi comportare da persone civili, era ovvio che la maestra intervenisse con un rimprovero ai protagonisti di quella bravata.
La cosa sarebbe finita lì se i genitori dei ragazzi, avvertiti del fatto, non avessero fatto seguito; anzi sarebbe stato bene che il seguito lo avessero fatto, a suon di sberle ai loro esuberanti rampolli.
Evidentemente i genitori non gradirono, e adirono le vie legali denunciando la docente di abuso di mezzi di correzione; se, come è stato accertato, la insegnante non si fosse limitata al richiamo verbale, ma avesse sottoposto i malfattori a vergate, o, magari, a inginocchiarsi sui fagioli secchi dietro la lavagna, come una volta si faceva, magari avrebbero avuto qualche motivo di doglianza; ma visto che la prof. si era limitata solo a un rimprovero verbale, i genitori avrebbero potuto soprassedere, anche perché non si è ben capito quale abuso di mezzi verbali di correzione avesse commesso.
Fra l’altro si configura una beffa per la povera insegnante la quale, nonostante avesse ricevuto la solidarietà persino dell’accusa (che ne aveva chiesto l’assoluzione per irrilevanza penale) è stata comunque condannata dai Giudici di primo grado.
Ora forse seguirà un appello, probabilmente la vicenda finirà in Cassazione, il tutto perché l’insegnante avrebbe detto agli studentelli “ma a casa vostra siete abituati a imbrattare le pareti con la cacca?”, o qualcosa di simile.
E che dire di quel Giudice che, nonostante il parere del PM, ha condannato la maestra alla pena di 50 giorni (invero sospesa, e con la clausola della non menzione) dimostrando uno strano senso di giustizia?
In un paese come il nostro nel quale vengono penalmente condannati i poveri diavoli che rubano un pacco di biscotti, oggi dobbiamo aggiungere anche una maestra che ha richiamato i suoi allievi zozzoni.
Il Giudice certamente dirà, e lo leggeremo nella sentenza, di aver applicato il comma Z della legge Y; ma ci chiediamo: se l’avesse assolta, chi avrebbe appellato la sentenza di assoluzione visto che lo stesso PM l’aveva chiesta?
Probabilmente non sarebbe stato nemmeno il caso di commentare questa sentenza se non ci avesse stimolato una riflessione del Prof. Giuseppe Fauceglia, noto avvocato del Foro salernitano e stimato docente dell’Università di Salerno, pubblicata sulla sua pagina FB in data 9 aprile, che riteniamo degna di nota, parte della quale qui di seguito ci piace riportare.
Il titolo è “I maleducati del nuovo tempo: verso il tramonto della funzione educativa”, con il quale l’autore fa riferimento al libro di Mario Lodi, “Il Paese sbagliato” che negli anni ’70 dello scorso secolo mise a nudo le deficienze di una scuola che escludeva i più deboli e fragili.
“Se è vero che da quel tempo sono trascorsi molti decenni e sono cambiati profondamente non solo i presupposti dell’educazione e del sistema scolastico, e, dunque, anche il rapporto della infanzia con il gioco e con l’apprendimento, resta altrettanto vero che i bambini trascorrono intere giornate davanti a schermi di ogni dimensione, spesso cercando nel virtuale una fuga dalla loro solitudine.
“A chi scrive, però, sembra affermarsi una diversa e più grave emergenza, che prescinde dalle istanze inclusive e dalla lotta alla dispersione scolastica, che ha ad oggetto la crescente “de-funzionalizzazione” del sistema educativo in quanto tale.
“Mi chiedo, allora, -prosegue il Prof. Fauceglia- se un Tribunale può condannare una insegnante a quasi due mesi di reclusione, solo per aver sgridato (magari anche con toni vivaci) i bambini di una quinta classe delle scuole elementari, i quali, incuranti dei richiami della bidella, hanno imbrattato le pareti del bagno con i loro escrementi.
“I genitori, a fronte di questa presunta lesa maestà della integrità psichica dei propri educatissimi figlioli, hanno ritenuto di sporgere denuncia e un Giudice di questo nostro Bel Paese ha finanche condannato la povera insegnante.
“In questi anni, abbiamo assistito incuranti all’involuzione del rimbambimento narcisistico (utilizzo l’efficace espressione di Massimo Gramellini) della “categoria” dei genitori, i quali intervengono in ordine alle valutazioni date dal corpo docente sui risultati di apprendimento dei loro valorosi virgulti, proponendo, un tempo inedite, iniziative giudiziarie, con innumerevoli sentenze dei TAR che “correggono” giudizi e sovvertono ogni criterio di valutazione.
“Il fenomeno si è ormai così ampliato da toccare il terreno della formazione universitaria, con incursioni dei genitori e, a volte, delle stesse organizzazioni studentesche, in un crescente abrasivo del ruolo del docente.
“Si tratta di iniziative assunte da genitori che, in genere, appartengono alle fasce più abbienti della società, i quali, in un lungo percorso di adattamento casalingo, hanno educato i loro valorosi giovani a coniugare vittimismo e strafottenza consolidata, spesso accompagnata da una crescente ignoranza, che sfiora l’analfabetismo strutturale.
“Si tratta di una vera e propria “culpa in educando” che vanifica ogni sforzo perseguito dalla scuola, crea modelli comportamentali capaci di minare, con il loro consolidarsi nel tempo, le ragioni stesse della “istituzione scolastica”, gettando nel più profondo scoramento gli educatori.
“In questo fenomeno dobbiamo individuare il germe della dissoluzione che affligge la nostra società, sempre più senza regole, senza doveri e senza principi di responsabilità. E’ giunto il tempo di non restare più in silenzio, di reagire e di apprestare idonei strumenti, perché no, anche normativi, che evitino le indebite interferenze di genitori, i quali si scagliano contro educatori che, a volte, tentano solo di supplire alle carenze di padri e di madri.
“Bisognerebbe far capire, ad esempio, -conclude il prof. Fauceglia- che scrivere è pure “scoprire gli altri”, che le parole sono sempre suoni e colori, poste alla base di una scuola inclusiva, la quale innanzi tutto vuole educare, credendo nello studio come occasione di crescita morale e civile della società.
Se tali istruttive considerazioni, con coincidono con le nostre convinzioni, provengono da un educatore di tale calibro, c’è parecchio da riflettere, da parte dei genitori, sul loro ruolo che non deve essere di contrapposizione a quello degli insegnanti, ma, anzi, di sostegno e di accompagnamento.
Il testo citato dal Prof. Fauceglia, “Il Paese sbagliato”, venne scritto nel 1970 da Mario Lodi, il quale già allora denunciava una scuola vecchia e inadeguata, nonostante vivesse in una zona del cremonese dove gli scolari provenivano dai campi ed erano costretti a fare chilometri a piedi su sentieri fangosi. E già all’epoca l’autore dava suggerimenti per modernizzare la scuola.
Secondo Lodi, solo cambiando i valori su cui si fonda l’insegnamento scolastico sarà possibile cambiare, migliorandola, la società umana.
Da allora la scuola italiana è stata oggetto di diversi interventi, i quali, però, considerati i risultati, non hanno sortito gli effetti desiderati; probabilmente chi li ha fatti ha privilegiato aspetti organizzativo-amministrativi trascurando quelli pedagogici.