Desidero ricordare il Presidente Sandro Pertini prendendo in prestito da Toto Cutugno una strofa della sua canzone “L’Italiano” del 1983 che cita proprio il partigiano Presidente, alludendo chiaramente a Pertini il quale quaranta anni fa, esattamente l’8 luglio 1978, veniva eletto 7° Presidente della Repubblica, succedendo al napoletano Giovanni Leone, la cui presidenza fu scossa dallo scandalo Lockheed che lo aveva costretto a dimettersi. Pertini rimase in carica fino al 29 giugno 1985.
Il giorno successivo, il 9 luglio 1978, giurò e tenne un nobile discorso al Parlamento nel quale ricordò, fra l’altro, le traversie della sua vita di oppositore tenace al regime fascista che tante tragiche conseguenze aveva provocato all’Italia e al mondo intero, i suoi amici e compagni di lotta, molti dei quali morti per il loro impegno antifascista.
Alessandro Giuseppe Antonio Pertini, detto più semplicemente Sandro, era nato a San Giovanni di Stella, provincia di Savona, il 25 settembre 1896 (morì a Roma il 24 settembre 1990); è stato politico, giornalista e partigiano nell’Italia del ventennio fascista ed è stato molto amato dal popolo, specialmente quello che milita, o ha simpatie per la sinistra; ma con il suo modo di fare, burbero ma coinvolgente, si era guadagnate le simpatie di tantissimi pure non schierati a sinistra.
Durante la prima guerra mondiale Pertini aveva combattuto sul fronte dell’Isonzo pure se non favorevole all’entrata in guerra dell’Italia, tant’è che, nonostante fosse già diplomato e, perciò, gli toccasse il grado di ufficiale, proprio per testimoniare il suo dissenso nascose i suoi titoli e venne arruolato come soldato semplice; ma il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, e il caso volle che i suoi superiori lo scoprissero e gli assegnassero il grado di sottotenente, con il quale si distinse per atti di eroismo, per i quali venne insignito con la medaglia d’argento al valor militare nel 1917. Uomo d’altri tempi, rigoroso nelle sue convinzioni, ma anche generoso nei suoi impegni e fedele al mandato avuto, pure se contrario alle sue idee.
Subito dopo la prima guerra mondiale Sandro Pertini aderì al Partito socialista Unitario di Filippo Turati, distinguendosi per l’energica opposizione al regime fascista che si stava instaurando; per questo divenne un perseguitato politico e nel 1925 venne condannato a otto mesi di carcere e, per evitare di essere confinato per ulteriori cinque anni, fu poi costretto all’esilio in Francia, dove continuò la sua battaglia contro il fascismo; nel 1929 rientrò in italia sotto falso nome, ma riconosciuto, fu arrestato e condannato dal Tribunale speciale alla reclusione e poi al confino, dove rimase fino alla caduta del fascismo nel 1943, partecipando da quel momento attivamente alla lotta partigiana contro i fascisti della Repubblica di Salò e contro l’esercito e le milizie fasciste e naziste.
Sandro Pertini, sia negli anni precedenti alla sua elezione alla massima carica dello stato, sia durante e dopo, è stato sempre un uomo non solo molto amato e apprezzato per il suo rigore morale, per la sua libertà di pensiero, ma anche per il suo modo di vivere e di agire alla buona, per i costumi morigerati, per la simpatia che, nonostante l’immagine riservata e il suo carattere scontroso, ispirava, perché era sempre in mezzo alla gente, partecipava a tutti gli eventi, belli e brutti, lieti e dolorosi, con uguale passione e trasporto.
Chi non ricorda la sua presenza dolorante e accorata vicino al tragico cunicolo nel quale era precipitato Alfredino Rampi, il bimbo di Vermicino inghiottito dalla terra per essere caduto in un cunicolo dal quale non si riuscì a salvarlo? Tutta l’Italia rimase attaccata alla TV per seguire in diretta i tentativi generosi e inutili di salvare quel piccino che scivolava sempre più giù nel viscido cunicolo, e chi sa quante lacrime sono state versate nel mentre Pertini, attorniato da centinaia di persone, era lì a testimoniare l’ansia dell’intero paese.
E chi non ricorda l’immagine di Pertini sull’aereo che lo riportava in Italia dopo il successo dei mondiali di calcio del 1982, nel mentre disputava un’accanita partita a scopone con Zoff, Bearzot e Causio, e si inalberava e imprecava come un qualsiasi accanito giocatore di carte?
E tutti ricordano la sobrietà di Pertini e della moglie Carla durante il suo settennale di Presidenza, allorché rifiutò l’alloggio presidenziale al quale aveva diritto per andare ad abitare in un appartamento, abbastanza umile, nel centro di Roma nei pressi della Fontana di Trevi.
Qualcuno ha scritto che esistono uomini talmente smisurati, complessi e giusti, che sembra impossibile raccontarli, e Pertini appartiene a questa categoria; tuttavia è stato un uomo molto amato, e non solo dai militanti e simpatizzanti della sinistra, quella uscita dal terribile secondo conflitto mondiale, e quella successiva
Fermezza, intransigenza e lotta dura contro le violenze e le prevaricazioni, spigolosità di carattere ma anche profonda umanità, pronto a controbattere a muso duro contro le teorie dei suoi oppositori, ma fermo nel riconoscere anche ad essi il pieno diritto di esporre le proprie idee, secondo l’insegnamento di Voltaire “Je ne suis pas d’accord avec ce que vous dites, mais je me battrai jusqu’au bout pour que vous puissiez le dire: Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”.
Forse è anche per questo Sandro Pertini è stimato come il Presidente più amato dagli italiani, sul quale mi piace concludere citando un passaggio del suo discorso sulla libertà e la giustizia sociale: «Per me libertà e giustizia sociale, che poi sono le mete del socialismo, costituiscono un binomio inscindibile: non vi può essere vera libertà senza la giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà. Ecco, se a me socialista offrissero la realizzazione della riforma più radicale di carattere sociale, ma privandomi della libertà, io la rifiuterei, non la potrei accettare. Se il prezzo fosse la libertà, io questa riforma la respingerei. […] Ma la libertà senza giustizia sociale può essere anche una conquista vana. Si può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha un lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli e educarli? Questo non è un uomo libero. […] Questa non è la libertà che intendo io.»
Parole che dovrebbero far riflettere tanti attuali politici che con le stesse si riempiono la bocca ma agiscono all’incontrario.