Il 2 gennaio ho pubblicato su questo giornale l’articolo intitolato “Papa Francesco e i suoi nemici”, rilevando tra l’altro l’attuale presenza in Vaticano del Pontefice in carica e di quello “emerito”, una circostanza unica nella storia della Chiesa, ma non inconsueta in passato, allorquando in tante occasioni esisteva il Pontefice eletto e il suo antagonista, il Papa e l’Antipapa.
La storia degli Antipapi risale ai primi due secoli del Cristianesimo (dall’anno 217), ma pure nell’epoca moderna ce n’è stato qualcuno.
C’è da chiarire che da una certa epoca successiva alla rigida osservanza dei precetti del Vangelo di Cristo, e fino all’inizio del secolo scorso, la Chiesa non era solo un centro di cristianità, ma anche, forse principalmente, di potere temporale, che interveniva sulla conduzione dei popoli direttamente o tramite i vari regnanti, e questa situazione si protrasse fino alla Breccia di Portapia, allorquando il Vaticano venne totalmente estromesso, almeno ufficialmente, e dovette rincantucciarsi dentro le Mura Leonine.
Ma prima di addentrarci nel discorso degli Antipapi, è opportuno rivisitare sinteticamente la storia della Chiesa.
Nella Chiesa cattolica, il Papato è la suprema istituzione che esercita le funzioni di governo, dottrina e culto trasmesse da Gesù Cristo all’apostolo Pietro e ai suoi successori, quali suoi vicari.
Il Papa è anche il vescovo di Roma e il capo del collegio dei vescovi di tutto il mondo. Viene eletto dalla maggioranza dei cardinali in Conclave, ossia mediante votazioni che si tengono in un luogo protetto da interferenze esterne.
Tra tutti i vescovi, il titolare della sede romana ha assunto nei secoli un ruolo del tutto particolare, e a lui sono stati riservati, soprattutto dall’11° sec. in poi, quei titoli (papa, sommo pontefice, vicario di Cristo) che precedentemente erano stati applicati anche ad altri vescovi autorevoli.
Il papato rappresenta attualmente un’istituzione di rilevanza internazionale e di altissima autorità morale; per i cattolici esso costituisce la più alta garanzia della fedeltà alla retta fede e del legame che unisce le comunità cristiane di tutto il mondo a Cristo e agli Apostoli.
Il Concilio ecumenico vaticano I del 1870 ha riconosciuto al Papa l’infallibilità in materia di fede e di morale, ossia la capacità di trasmettere senza errori i principi essenziali del messaggio cristiano, anche se ciò non significa che egli sia personalmente esente da colpe e tentazioni.
Il passo di Matteo, “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (16, 18-19), è stato interpretato in vari modi dalle diverse correnti cristiane: la “pietra” è stata identificata con la fede di Pietro, che tutti i cristiani sono chiamati a condividere con lui.
Per i protestanti, però, il ruolo di Pietro, al quale gli “Atti degli apostoli” attribuiscono una posizione di preminenza nel collegio apostolico, è irripetibile e non trasmissibile, per cui il Papa non è definibile come il successore di Pietro.
La centralità del papato nella Chiesa cattolica, estrinsecata come primato del Papa, rappresenta il punto di arrivo di un lungo processo storico: nei primi secoli di vita cristiana il primato d’onore della sede romana non implicava ancora un primato giurisdizionale, ossia il potere indiscusso di decidere su tutte le più importanti questioni.
Nei primi concili ecumenici, tenuti in Oriente, sia pure in presenza dei rappresentanti della Chiesa di Roma, compaiono come protagonisti soprattutto i vescovi delle chiese di Alessandria, di Antiochia e di Costantinopoli, detti ‘Patriarchi’.
Tuttavia, soprattutto con Leone I (440-461) e Gregorio Magno (590-604), i Papi assunsero un ruolo di guida della cristianità d’Occidente, colmando con le loro iniziative anche politiche il vuoto creato dalla crisi e poi dalla scomparsa dell’Impero romano d’Occidente; a partire dalla metà dell’8° sec., poi, acquisirono un vero e proprio potere temporale nell’ambito dello Stato della Chiesa.
Nell’11° sec. le Chiese d’Oriente si separarono da Roma, rifiutando di riconoscere al Papa quel ruolo universale che egli rivendicava apertamente. Secondo Gregorio VII solo il Papa poteva convocare i concili generali e giudicare i vescovi, senza essere sottoposto al giudizio di alcuno.
In Occidente, dopo una fase di collaborazione e poi di scontro con l’Impero germanico, il Papa divenne il vero capo dell’Europa cristiana: i pontefici nominavano i vescovi, approvavano i nuovi ordini religiosi, imponevano tributi a tutta la cristianità e decidevano in appello su tutte le cause che venivano sottoposte al loro giudizio, spesso annullando le decisioni dei vescovi locali, che videro diminuire sensibilmente il loro potere.
Inoltre nel Duecento essi potenziarono l’Inquisizione, un organismo giudiziario che puniva l’eresia e i comportamenti devianti, applicando anche la pena di morte.
All’epoca di Bonifacio VIII e di Dante il papato era diventato una grande potenza politica e finanziaria, che con i suoi comportamenti non sempre ineccepibili suscitava numerose proteste; nel Cinquecento la protesta di M. Lutero diede vita alla Riforma protestante.
Nell’Ottocento, con il Concilio di Trento, i pontefici assunsero un atteggiamento di opposizione nei confronti del mondo moderno e difesero strenuamente i privilegi delle istituzioni ecclesiastiche nei confronti dei movimenti di matrice illuministica e liberale e del processo risorgimentale.
Alcune proposte di riforma, come quella avanzata da A. Rosmini nella sua opera “Le cinque piaghe della Chiesa”, non furono recepite dai papi, che non vollero rinunciare al potere temporale, ormai anacronistico, e considerarono l’unificazione politica dell’Italia come un’usurpazione.
La vera riforma avvenne a fine Ottocento, allorquando Leone XIII dimostrò di aver compreso l’importanza della questione sociale, alla quale dedicò l’enciclica “Rerum novarum”.
Nel 1929 il Concordato con lo Stato italiano segnò la fine della “questione romana” e diede vita alla Città del Vaticano al fine di garantire l’indipendenza del pontefice nei confronti degli Stati.
Dopo la Seconda guerra mondiale i papi accettarono pienamente il pluralismo democratico e si impegnarono attivamente per la difesa della dignità di ogni uomo.
Ma fu soprattutto Giovanni XXIII che inaugurò un nuovo tipo di rapporto, più incentrato sul dialogo, tra la Chiesa e il mondo contemporaneo: convocando il Concilio ecumenico vaticano II, egli dichiarò di non condividere il pessimismo di quegli uomini di Chiesa che rimpiangevano i tempi passati, e promosse un aggiornamento dell’istituzione ecclesiastica e della cultura cristiana, per rendere i cristiani capaci di parlare in modo più efficace all’uomo d’oggi, pur senza rinnegare i principi essenziali della tradizione cattolica.
Anche i suoi successori promossero il dialogo ecumenico tra i cristiani e l’incontro con tutti gli uomini di buona volontà intorno a valori fondamentali come la pace e la fratellanza tra i popoli.
In occasione del Giubileo del 2000 Giovanni Paolo II chiese perdono per le colpe commesse in passato da uomini di Chiesa, e incontrò più volte gli esponenti di altre religioni per favorire un impegno comune a difesa della dignità dell’uomo.
Tornando all’argomento di Papi e antagonisti, il primo Antipapa fu Ippolito, che regnò dal 217- 235, ma di questi personaggi parleremo in un prossimo articolo.