scritto da Nino Maiorino - 17 Aprile 2022 09:48

Pace in Ucraina e nel mondo

eccidi in Polonia nella seconda guerra mondiale

Esiste ancora qualche speranza di pace dopo i crimini orrendi compiuti dall’esercito russo? 

E’ noto che la guerra, in quanto tale, sia già un crimine, ma è anche risaputo che esistono regole, sancite da trattati internazionali, che tentano di impedire che alle violenze derivanti dalle pure operazioni di guerra -bombardamenti, scontri tra militari armati, eccetera- si aggiungano violenze derivanti dalla crudeltà individuale dei soldati.

L’azione di un milite, in un conflitto a fuoco, che per difendere o offendere spara a quello dell’esercito avversario, rientra nella logica, sia pure terribile, della guerra, e l’azione non può essere considerata un crimine.

Ma se un soldato commette violenza nei confronti di un civile, o di un soldato avversario disarmato che magari si è anche arreso, questa azione è un crimine e, come tale, può essere perseguita sia dai codici militari sia da quelli penali.

Ovviamente questi sono ragionamenti teorici in quanto in tanti casi è molto difficile scindere le varie tipologie di azioni ed incasellarle rigidamente tra quelle che costituiscono atti legittimi e quelli che, invece, sono annoverati tra quelle criminali.

Saranno poi i Tribunali a decidere.

La storia insegna che vi sono eserciti che alle azioni di guerra non fanno seguire violenze nei confronti di civili inermi; è credenza comune, infatti, che l’esercito tedesco, durante l’ultima guerra, non abbia mai infierito inutilmente sulla popolazione, a meno che non avesse necessità di estorcere a qualcuno informazioni che avrebbero potuto evitare azioni di guerriglia contro le truppe, e pure in tali casi sembra che i militari preferissero “non sporcarsi le mani” direttamente, affidando questi compiti alle famigerate milizie della Gestapo, oltre che, qui da noi, alle ugualmente famigerate milizie fasciste che non erano da meno: ma pure in altri paesi avvenivano crimini analoghi.

Certamente è un discorso difficile, non si può generalizzare in quanto, in qualche caso, pure l’esercito regolare ha compiuto azioni criminali, come testimoniano, ad esempio, le Fosse Ardeatine, nelle quali sono seppelliti 335 civili, vittime di una decimazione seguita all’eccidio di Via Rasella a Roma, uno degli episodi più crudeli della Seconda Guerra Mondiale.

Ma sembra che l’Esercito russo si sia sempre distinto per la ferocia, sia nei combattimenti, sia nei confronti delle popolazioni, verso le quali non ha mai mostrato alcuna pietà, e quello che sta avvenendo in Ucraina lo dimostra.

E non ci riferiamo solamente alle stragi ormai accertate nei quartieri che circondano Kiev, ma anche a violenze protrattesi per settimane nei confronti di donne di ogni età, costrette a subire stupri in locali nelle mani dei militari russi trasformati in “bordelli” (ci scusiamo per il termine) messi a disposizione delle truppe.

Anche questi avvenimenti sono al vaglio degli investigatori ucraini che stanno indagando e raccogliendo testimonianze e documenti sui crimini di guerra commessi dell’esercito russo.

Orbene, se tutto questo verrà, come si suppone, accertato, non si sa quali conseguenze avrà sul futuro dei rapporti tra l’Ucraina e la Russia se e quando questo conflitto sarà cessato.

Uomini di pace e di buona volontà ritengono che il tempo lenirà anche queste ferite, ma ci sia consentito di esprimere le nostre perplessità: ancora oggi, a circa ottant’anni dalla fine del Secondo Conflitto Mondiale, c’è chi ricorda, giustamente, le violenze subite, e le tramanda ai posteri affinché non se ne perda la memoria.

Secondo alcuni ricercatori e studiosi l’esercito russo è stato tra i meno pietosi verso i nemici, e lo ha dimostrato in tutti i conflitti ai quali ha partecipato.

Non vogliamo andare molto indietro nella storia, basta tornare all’anno 1931 e ai massacri che esso fece quando occupò la Polonia orientale in seguito al patto Molotov-Ribbentrop (in sostanza l’accorto tra Stalin e Hitler sulla spartizione del paese), al quale fece seguito l’occupazione da parte dei russi dei Paesi baltici (Estonia, Lituania e Lettonia) e di parte della Romania, della Bessarabia e Bukovina settentrionale.

In tutte queste aree i Sovietici furono molto duri verso le popolazioni sotto controllo; in una prima fase furono le task force del “NKVD – Commissariato del Popolo per gli Affari Interni” attivo dal 1917 fino al 1946, che misero in atto azioni di pulizia etnica, successivamente fu la stessa Armata Rossa ad entrare in azione per rimuovere elementi ostili ai sovietici dai territori conquistati.

Molti cercarono di fuggire all’NKVD e all’armata sovietica, quelli che non ci riuscirono furono presi e deportati in Siberia, scomparendo nei Gulag.

La tortura fu usata in larga scala nelle varie prigioni, specialmente nelle piccole città. Risulta che prigionieri vennero ustionati nell’acqua bollente a Bobrka; a Przemyslany diverse persone ebbero nasi, orecchie, dita tagliate e occhi cavati; a Czortkow, alle detenute di sesso femminile furono tagliati i seni; a Drohobycz le vittime furono legate insieme col filo spinato.

Simili atrocità furono perpetrate anche a Sambor, Stanislawow, Stryj e Zloczow.

Durante gli anni 1939-41 circa 1.5 milioni di abitanti delle aree controllate dai sovietici nell’ex Polonia orientale furono deportati, il 63.1% dei quali erano polacchi o di altre nazionalità e il 7.4% erano ebrei. Solamente un piccolo numero di questi deportati sopravvissero.

Secondo gli storici, almeno un terzo dei 320.mila prigionieri polacchi catturati dall’Armata Rossa nel 1939 fu assassinato.

Ma tra il 1941 e il 1944, anche la Finlandia subì attacchi e violenze da parte dell’esercito russo, intenzionato ad annettere il paese.

Unità partigiane sovietiche condussero raid nel territorio finlandese ed attaccarono bersagli civili.

Ma nel novembre 2006, le fotografie che ritraevano le atrocità commesse dai russi contro la popolazione, comprese donne e bambini seviziati e poi ammazzati, furono secretate dalle autorità finlandesi, in relazione alla conquistata neutralità del paese.

Qualche settimana addietro si è parlato di una possibile finlandizzazione dell’Ucraina, cioè della sua neutralità nel caso si giungesse a negoziati per la fine delle ostilità con la Russia; in pratica all’epoca la Finlandia ebbe lo stesso problema che oggi ha l’Ucraina, perché aveva corso il rischio di essere inglobata dall’URSS.

La Finlandia risolse così il problema, che però oggi si ripropone perché non si ha certezza che Putin, risolto, si fa per dire, il problema ucraino, non possa nuovamente puntare la sua attenzione sulla Finlandia e, di conseguenza, sull’intera Scandinavia, comprendente anche Svezia e Norvegia.

Purtroppo ormai le mire espansionistiche del nuovo Zar della Russia risultano imprevedibili, ed è per questa ragione che da qualche giorno sempre più insistentemente si parla di un eventuale ingresso nella Nato anche di questi paesi finora neutrali, i quali, da un lato si assicurerebbero la protezione di quell’ombrello internazionale, ma dall’altro potrebbero provocare una reazione negativa proprio della Russia la quale non vede di buon occhio che ai suoi confini ci siano paesi appartenenti alla Nato.

Per le violenze alle quali è abituato l’esercito russo potremmo parlare anche dell’Estonia, e degli altri Paesi baltici, le cui popolazioni pure furono vittime di deportazioni e di altri atti di violenza e terrore comunista, con lo scopo finale di decimarle e trasferirle forzatamente nei Gulag russi della Siberia o del Kazakistan, con condanne ai lavori forzati o a morte. Questo è accaduto tra il 1940 e il 1953, imperando Stalin, che assicurò la collettivizzazione delle proprietà strappate ai territori occupati, nonché il potere, il controllo economico e l’egemonia sugli stati baltici.

E quando si parla delle deportazioni che l’esercito tedesco faceva a mezzo di carri bestiame dai paesi occupati ai campi di sterminio, non si deve dimenticare che gli stessi inumani sistemi di deportazione vennero utilizzati dai Russi per trasferire nei Gulag le popolazioni dei paesi occupati: le spese erano ridotte al minimo, gli esseri umani colpiti contavano meno degli animali, il sistema funzionava.

E non si deve pensare che queste operazioni avvenissero solo su larga scala, perché vi sono testimonianze che spesso erano anche piccoli gruppi di persone, finite nel mirino di capoccia sovietici, che subivano lo stesso trattamento, o che lo avessero subito anche in precedenza, sin dal 1935.

E anche dopo la vittoria degli Alleati e la conquista, da parte delle truppe sovietiche, della Germania, i militari russi non risparmiarono i tedeschi, specialmente le donne: stupri, violenze ed esecuzioni sommarie. Agli eserciti conquistatori nei secoli passati era concesso tutto, evidentemente l’esercito russo non si è mai, da questo punto di vista, modernizzato.

Il numero delle donne tedesche vittime di violenza da parte dei russi si aggira tra le centinaia di migliaia e i due milioni di vittime; la maggior parte dei crimini furono commessi nella zona d’occupazione sovietica; le stime della percentuale di donne violentate dai soldati sovietici è, secondo alcune analisi, del 60-70% del totale complessivo della popolazione tedesca.

Almeno 100.mila donne si pensa siano state stuprate solo a Berlino, in base al tasso di aborti riportati negli ospedali nei mesi successivi, causando dopo gli aborti la morte di circa 10.mila donne: quelle morte in conseguenza di stupri in tutta la Germania sono stimate a circa 240.mila.

Antony Beevor, storico britannico ancora vivente, ha pubblicato diverse opere di storia militare sulla Seconda Guerra Mondiale, i più noti sono “Stalingrado” e “Berlino 1945”, veri best-seller; ha descritto le efferatezze russe come “il più grande fenomeno di stupro di massa nella storia” e ha concluso che almeno un milione e quattrocentomila donne furono violentate solamente nella Prussia orientale.

Esistono, ovviamente, anche testimonianze dirette di persone che hanno avuto contezza di tutto ciò, come quella di Madelaine Pauliac, una infermiera francese che lavorava in Polonia durante la Seconda Guerra Mondiale, la quale dichiarò: “Non so come i soldati sovietici hanno trattato i civili in Germania, ma so come hanno trattato i civili in Polonia. Un giorno dopo il mio arrivo è venuta da me una delegazione di 5 suore tedesche che lavoravano per la Croce Rossa. Erano 25, 15 sono morte violentate e poi uccise dai russi. Anche le dieci suore sopravvissute sono state violentate, alcune 42 volte, altre 35 o 50 volte. Cinque di loro sono incinte e sono venute per un consiglio, per saperne di più sull’aborto e se può essere effettuato in segreto.

“Gli stupri di donne tedesche, polacche e francesi non erano abbastanza per i russi. Stuprano anche le donne russe, tutte i 12 e i 70 anni. Un chirurgo di un ospedale di Gdynia (porto polacco situato nella Baia di Danzica – nda) ha raccontato che è stato costretto a cucire ogni giorno l’inguine di ragazzine violentate.

“Un francese mi ha raccontato che un reparto di lavoro a Gdynia, dove aveva lavorato, è stato attaccato dai russi. Hanno violentato tutte le donne incinte e tutte le donne dopo il parto. I soldati polacchi sorvegliavano il reparto per proteggere le loro compatriote e c’erano risse sanguinose ogni giorno.

“Ovviamente non mancavano i pestaggi e le esecuzioni sommarie. I bolscevichi non risparmiavano nemmeno i bambini.

“Ci sono migliaia di storie simili, il che significa che in una distanza di cento chilometri non c’è una vergine. Non mi ha sorpreso affatto la vista di un soldato che fa l’amore in un parco”.

Nella serata di venerdì Santo, durante la solenne Via Crucis organizzata nei dintorni del Colosseo a Roma, alla XIII Stazione del Sacro Rito il Crocifisso è stato retto da due donne, una russa e una ucraina; Papa Francesco, nonostante qualche mugugno dei giorni precedenti, ha voluto così.

Speriamo che sia un segnale che poti la pace specialmente nei cuori delle vittime di questa e di tutte le guerre che si stanno combattendo.

Buona Pasqua 2022.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.